Il Foglio sportivo
“Lautaro non è più un bambino”. Parla Marco Materazzi
L'ex difensore dell'Inter ci racconta il suo amore nerazzurro e quanto conta la seconda stella. E quella volta che fece cambiare idea a Mourinho
Quando eravamo piccoli, giocavamo a pallone in mezzo alla strada: ecco perché siamo diventati forti”. Sarà che la strada ti insegna subito a fronteggiare ogni situazione, ma Marco Materazzi, Fabio Cannavaro e Luca Toni erano a proprio agio anche sul palco del Teatro Lirico di Milano che con un campo da calcio ha poco in comune. Protagonisti di “Prometeon meet the titans” e sollecitati dalle domande del direttore generale della multinazionale Roberto Righi, hanno raccontato assieme a Fabio Caressa e Beppe Bergomi tanti retroscena dell’impresa che li ha proiettati nella leggenda: il Mondiale del 2006. Senza dubbio la vittoria più importante della carriera per Materazzi – protagonista anche del triplete dell’Inter – che, come quando giocava, anche con le parole non si tira mai indietro. Come quando, prima che si alzi il sipario, racconta questo avvio di Serie A e Champions League e, da tifoso, legge l’anno dell’Inter, dal “tradimento” di Lukaku alla consacrazione di Lautaro.
Materazzi, che giudizio dà a questo campionato dopo le prime sette giornate?
“Mi sembra sia cominciato molto bene: siamo primi. Ora speriamo di rimanerci fino in fondo”.
Ma il primo posto è in condivisione col Milan.
“Vero, ma il derby l’abbiamo vinto noi. Anche molto bene”.
L’ha visto in curva come più di una volta in passato?
“Purtroppo questa volta no, ero all’estero. Ma ho festeggiato lo stesso”.
Che emozione dà vedere una partita in curva a uno come lei che di quel campo conosce ogni centimetro quadrato?
“Bisogna partire dal presupposto che io sono un super tifoso e, quando tieni alla squadra come me, quello è il posto più bello per vedere una partita”.
A proposito, tra due giornate c’è Milan-Juventus. Se la classifica dovesse restare così dopo la prossima, per chi tiferà?
“Questa è una domanda troppo difficile. Faccio fatica: io tifo Inter sempre. Facciano loro”.
Come vede questa Inter dopo la finale di Champions della scorsa stagione?
“È una squadra ancora più consapevole. Pur non vincendo la Champions, ha acquisito quella forza mentale che ti mette nelle condizioni di poter battere chiunque. È vero che c’è stato un passo falso contro il Sassuolo e un pareggio in Europa, però quando cominci una stagione come l’ha iniziata l’Inter, il bicchiere è bello pieno”.
È una squadra più forte e completa dell’anno scorso?
“Ha una rosa più profonda. La società ha lavorato benissimo, senza farsi prendere dal panico a causa di chi ha preferito non restare. Basta vedere come si è inserito alla perfezione Thuram. Immagino se ci fossero stati tutti…
Invece Lukaku…
“Invece, purtroppo, Romelu ha preferito andare via e noi abbiamo fatto di necessità, virtù. Ma i conti si fanno a fine campionato. Per ora noi siamo primi in classifica. Tra qualche mese vedremo chi ha sbagliato e chi no”.
Ha vissuto questo addio come un tradimento?
“Da tifoso, sì. Era una situazione da gestire meglio, anche perché non era la prima volta. Quando era andato via due anni fa, poi era stato già riaccolto come un figliol prodigo e io ero il primo felice di applaudirlo ancora quando si alzava per andare a fare il riscaldamento. Era bello vedere come tutti i tifosi lo avevano riabbracciato: cosa che immagino non succederà quando tornerà a San Siro. Vederlo andar via in quel modo mi è dispiaciuto tanto, ma sono scelte personali nelle quali non voglio entrare”.
L’altra faccia della medaglia è che un Lautaro Martinez a questo livello non lo si era mai visto.
“In realtà, lui è così da quando è arrivato all’Inter nel 2018, solo che allora era considerato un bambino, ma faceva già queste cose. Aveva solo bisogno di tempo. Ora è capitano, trascinatore e leader della squadra. E questo è un bene per l’Inter”.
Lei quella fascia al braccio l’ha indossata. Quanto vale?
“Basta vedere chi l’ha indossata per 20 anni. Se l’ha portata Zanetti, la devi rispettare e devi sempre cercare di fare del tuo meglio, pur sapendo che non arriverai mai a lui. È una cosa bellissima”.
Oggi Lautaro in che posizione è tra gli attaccanti più forti al mondo?
“Senz’altro tra i primi cinque”.
Lo immagina con un Pallone d’Oro?
“Credo che lui ambisca più a vincere la Champions League che il Pallone d’Oro, in realtà”.
Inter e Milan, intanto, stanno facendo a gara per chi arriverà prima alla seconda stella. Quanto vale quel traguardo?
“Vale tantissimo. Chi vince la stella viene ricordato più di chi ha vinto tanti campionati. Ancora oggi ricordiamo i campioni che hanno vinto il decimo scudetto come eroi e sarei contento se i vari Barella, Lautaro, Calhanoglu alzassero il ventesimo scudetto e conquistassero la seconda stella in faccia al Milan”.
Calhanoglu, un altro ex rossonero che sta facendo benissimo in nerazzurro.
“Penso che non abbia reso al massimo solo nella prima parte della prima stagione al Milan, poi ha sempre dimostrato il proprio valore. Probabilmente quando passi dal Milan all’Inter, i tifosi cercano di sminuirti. Secondo me lui non si è mai fermato e ha continuato il suo percorso di evoluzione tecnica cominciato quando giocava in Germania. Poi, dopo l’apprendistato italiano, è tornato subito a essere il giocatore che tutti conosciamo. Non dimentichiamoci che era titolare nel Milan. Fortunatamente, però, ora è con noi”.
E con lui Inzaghi ha fatto quello che Spalletti aveva fatto con Brozovic.
“Quando hai i giocatori di qualità, puoi farli giocare in tutti i ruoli del centrocampo. Lui è uno di questi”.
Quanto darebbe per tornare a giocare con l’Inter e vincere un altro scudetto o un’altra Champions?
“Probabilmente un paio di scudetti li darei indietro”.
E ha sentito Mourinho che ha detto che aveva ragione lei quando diceva che se fosse rimasto all’Inter, qualche altra Champions l’avreste vinta?
“Gliel’ho ripetuto un sacco di volte nelle ultime tre settimane, quando avevo capito che sarebbe andato via. È duro pensarci oggi, ma l’ha capito. E solo le persone intelligenti cambiano idea”.