Il Foglio sportivo
Alla Barcolana non vince soltanto chi arriva primo, ma anche i "cici"
Il premio "Cici no xe per barca" che dal 1974 ogni anno viene assegnato al socio della Società Velica Barcola e Grignano che si è distinto per l’impresa più goffa navigando. A Trieste la 55esima edizione della Coppa d'Autunno.
Le previsioni non sono un granché. Si preannuncia una Barcolana lunga e difficile: con poco vento e tanto sole. Una giornata impegnativa per i tattici concentrati a scrutare l’orizzonte alla ricerca di un refolo da catturare tra le vele. D’altronde da 55 anni le previsioni della Coppa d’Autunno sono spesso un terno al lotto, ma questa resta la settimana irripetibile della vela italiana, se non mondiale visto che con i suoi quasi duemila settecento iscritti del 2018 è entrata nel Guinnes dei Primati.
Della festa della vela popolare per antonomasia si è raccontato di tutto, ma Trieste nasconde sempre qualche sorpresa, qualche storia poco conosciuta fuori dai suoi confini che merita di essere raccontata. Come il premio Cici no xe per barca che dal 1974 ogni anno viene assegnato al socio della Società Velica Barcola e Grignano che si è distinto per l’impresa più goffa navigando nel golfo e non solo.
I Cici erano gli abitanti della Cicceria, una zona montuosa all’interno dell’Istria oggi sul confine tra Slovenia e Croazia, fuggiti dalla Romania nel quattrocento: uomini di terra dediti alla pastorizia e alla produzione di carbone che portavano via mare non senza disavventure fino a Trieste. Dunque persone con poca dimestichezza con il mare, a proprio agio con l’elemento marino come un pastore della Barbagia a Porto Cervo. Il termine Cicio in città era comunque usato in generale come sfottò non solo su questioni marinare: si racconta che una nonna abbia detto alla nipote con due orecchini spaiati “ti xe come i Cici con un orecin solo”. Il rifermento con l’abilità dell’andar per mare resta comunque il principale: nel 2013 quando Beppe Grillo arrivò a Trieste da Grado in barca a vela per la campagna elettorale trovò un grande striscione ad accoglierlo con scritto proprio cicio no xe per barca un chiaro riferimento alle sue disavventure marine su potenti motoscafi tra le isole della Costa Smeralda.
In fondo la Barcolana in 55 anni ha avuto successo popolare proprio perché non ha chiuso le porte ai Cici di ogni parte d’Italia. Anche se si dibatte per tutto l’anno su chi vincerà la regata, su chi a preparato la barca nuova, cambiato le vele, i veri protagonisti sono i velisti della domenica, della crociera tra le isole del Quarnaro: a loro qualche disavventura capita sempre.
Così è nato il premio che viene assegnato ogni anno durante la cena sociale della Società Velica che organizza la Barcolana. Conduce la socia Serena Lantier, tutto in dialetto triestino tra mille risate e sfotto. Ora c’è anche un libro che raccoglie le avventure più divertenti, naturalmente scritto in triestino.
Si raccontano le storie più incredibili a cominciare da quella volta che Sandro Chersi, grande marinaio e istruttore storico scomparso qualche anno fa: per insegnare agli allievi a cavarsela con vento forte decise di uscire in condizioni impegnative e investito da una raffica si ribaltò con tutto l’equipaggio di principianti. Ci sono storie di barche andate a scogli, di rotte sbagliate, di alberi caduti per errori da principiante.
“La premiazione coincide con la cena sociale”, racconta Lorenzo Bressani, triestino, uno tra i campioni della vela italiana, sei vittorie alla Coppa d’Autunno come tattico e anche quest’anno tra i favoriti a bordo di Arca, “si ride dal primo all’ultimo momento. Nessuno si salva dalla nomina a Cicio. È toccato pure a me che, per non aver dato la precedenza a un incrocio mentre andavo in windsurf, mi sono accapigliato con un altro surfista. Purtroppo navigavo poco lontano dalla sede sociale e molti hanno visto”.
Riuscire a premiare come Cicio un campione è una grande soddisfazione per molti soci che sono semplici appassionati velisti che vanno in barca per diporto. Lo sa bene anche Stefano Spangaro, personaggio molto conosciuto nel mondo della vela, comandante di diverse barche da regata, marinaio provetto, nonché musicista e animatore di tante serate: durante un campionato Maxi Yacht in Sardegna dimenticò attaccate allo scafo due ventose utilizzate per tenersi quando andava sott’acqua per pulire la carena, la barca rimase così rallentata che quel giorno arrivò in fondo al gruppo con l’immaginabile gioia dello skipper Mauro Pelaschier.
Una volta nominati cici si riceve una coppa challenge che si restituisce l’anno dopo, ma si finisce in una bacheca a futura memoria, non importa se sei un campione o sei andato a scogli con il gommone. La giuria non fa sconti.
“Bisogna stare sempre in guardia, racconta Renato Pulcini, ultimo Cicio in ordine cronologico, “il destino ha voluto che, quando ormeggiando a Grignano abbia fatto cadere in acqua mia figlia Livia, a osservare la mia manovra maldestra ci fosse Marco Spangaro, Cicio uscente. Non ha perso tempo nel fare la spia. E pensare che ero arrivato fino a ottant’anni senza finire in bacheca”.
Alla società Triestina della Vela ci tengono a sottolineare che la loro Coppa Calbu (vaso da notte), che ha lo stesso spirito, sia nata prima, ma che il Cicio no xe per barca non si può mettere in dubbio da qualche secolo.