a canestro
Lo strano caso Caboclo, scappato da Venezia per non giocare in Nba
Il brasiliano era stato acquistato dalla Reyer prima dei Mondiali. Doveva essere il trascinatore, in Coppa del mondo aveva dimostrare di essere ancora meglio delle aspettative. Peccato che abbia scelto di scappare per attendere una chiamata dall'America che non arriverà
Chiamatela saudade di Nba. O capriccio di un ragazzone. Fatto sta che se ne vedono ben poche, di telenovele cestistiche come quella che ha coinvolto Bruno Caboclo e la Reyer Venezia. Per sommi capi: il brasiliano doveva essere il colpo dell’estate orogranata. Invece ha scatenato un intrigo istituzionale. Contro la squadra che l’ha ingaggiato e la credibilità del basket Fiba.
Riavvolgiamo il nastro fino a giugno. La Reyer è in piena ricostruzione e punta tutto sul lungo in uscita da Ulm, fresco campione di Germania. Ha 28 anni, un discreto passato in Nba – 105 partite – e ai tempi dei Memphis Grizzlies aveva lavorato con Neven Spahija, attuale coach dei lagunari. Il brasiliano decide allora di firmare per Venezia: contratto di un anno. “Sono davvero entusiasta di unirmi a una società così ambiziosa”, le prime dichiarazioni di Caboclo. “Questa nuova avventura rappresenta un passo in avanti per la mia carriera”. Parole da tenere a mente. Ma è presto, per ora: il basket giocato, al più, sa di fantasia sotto l’ombrellone. E poi di mezzo ci sono i Mondiali.
Nel torneo in Asia, Caboclo è il pilastro designato del Brasile. Al debutto è già l’Mvp nella vittoria sull’Iran: da casa, la Reyer si sfrega le mani. Perché il numero 50 si dimostra un’ala-centro sontuosa, in strepitosa forma fisica. Domina sotto le plance, difende e segna da fuori. Chiude in doppia-doppia (15 punti e 11 rimbalzi) contro la Spagna campione del mondo uscente. Si ripete nell’impresa ai danni del Canada (19+13) ed è l’ultimo a mollare anche quando il Brasile cede alla Lettonia nello spareggio per i quarti di finale. Insomma, Caboclo ha giocato bene. Troppo bene. È il quinto miglior cestista del Mondiale per rating – una statistica che determina l’impatto del singolo sulla squadra – e il primo fra i non Nba: lo sventola lui stesso con un post su Instagram, condito da un fin troppo eloquente “essere all’altezza del mio nome”.
Così per Venezia la fortuna diventa beffa. Caboclo è atteso in laguna il 15 settembre. Ma con la testa è già da un’altra parte. E sparisce. Nessun dirigente della Reyer ha più sue notizie. Per uno, due, tre giorni. Al quarto, la doccia gelata: il nuovo agente di Caboclo comunica che il suo assistito “non ha più intenzione di presentarsi a Venezia per motivi personali”. La società si infuria, sottolinea “la gravissima violazione degli accordi vigenti” e diffida “qualunque altra squadra a ingaggiare Caboclo, dato che è sotto contratto con noi”. A sfidare gli orogranata spunta il Maccabi Ra’Anaana, club israeliano di seconda fascia che ha in programma una tournée in America. Il piano di Bruno è presto detto: affrontare qualche formazione Nba in gare non ufficiali e sperare.
“Ho deciso all’ultimo di aggregarmi al Maccabi”, il brasiliano getta la maschera. “Avevo firmato con la Reyer, però le mie prestazioni possono portarmi più in alto: nulla contro Venezia, ma questa è la mia carriera”. La scorsa settimana Caboclo si mette alla prova contro Brooklyn, Cleveland e Minnesota: tre amichevoli straperse come da copione, in cui l’autoproclamato fenomeno racimola soltanto 8 punti e 8 rimbalzi di media. A farsi notare, semmai, sono stati altri compagni. La sua squadra de iure invece ha trovato un sostituto – il canadese Kyle Wiltjer – e dopo quattro partite guida la Serie A a punteggio pieno. A meno di un corposo buyout, la rampante carriera di Caboclo si fermerà per una stagione. Potrebbe graziarlo la Fiba, trattata come uno zerbino per amor di Nba, ma perché dovrebbe. Talvolta il tempo è galantuomo. E pure il basket.