crocicchi #10
Può davvero esistere un Napoli da scudetto senza Osimhen?
Il vero grande snodo viario della stagione del campionato italiano riguarda l'attaccante nigeriano. Le preoccupazioni di Aurelio De Laurentiis dopo l'infortunio della punta e la partita con il Milan
Il presente lo vivremo soltanto nel futuro. Non è filosofia, ma osservazione: presto chi difende a tre preferirà due ali in luogo dei “timorati” esterni a tutta fascia, il 3-2-4-1 è nelle cose. Ma non è solo questione di schema, nel calcio postmoderno dove convivono giustapposte la tuta nera vintage del tecnico del Lecce con le scritte sociali gialle e la terza maglia color fluido di Davide Bartesaghi, che forse un giorno sarà titolare del Milan: il futuro entra in noi molto prima che accada, scriveva Rainer Maria Rilke a Duino, e il Frosinone in Serie A è la prima squadra italiana a schierare anche sette millennials contemporaneamente in campo. Ci sta che vivano d’entusiasmo, esibendo Matías Soulé italiano d’Argentina, l’ala destra di riserva (o titolare, a questo punto) che manca alla Juve: sulle orme di Mauro Camoranesi, è nata una stella e non è ancora chiaro se sarà biancoceleste o azzurra, alla faccia della dominante simonìa di cittadinanze sportive. Quanti crocicchi a Cagliari, troppi da poter essere menzionati, e i ciociari li hanno inforcati male tutti: ci si immedesima con chi non crede ai propri occhi e le busca, dopo averla più che vinta e rimessa in gioco, cemento contro velluto. Anche perché Claudio Ranieri sa cosa significa: era seduto sopra la panchina della Roma, il 20 febbraio 2011, quando a Marassi subì l’identica pariglia che ha imposto ad Eusebio di Francesco.
Storie di fuorigioco: quello palese di Riccardo Orsolini, che ha negato la doppietta nell’aria a Joshua Zirkzee (giocatore fantastico e totale, a proposito di come sarà il calcio del futuro) e a Thiago Motta, tanto efficace alla lavagna quanto banalotto nelle interviste pre partita. E l’offside scandaloso di Moise Kean, di mezzo calcagno con le spalle alla porta, che solo un’astrusa diavoleria come il semiautomatico poteva scovare e dichiarare decisivo. Non avesse scovato il gol Andrea Cambiaso al 96esimo, sarebbe da chiedersi quale sarebbe stato l’effetto dell’annullamento, e del conseguente pareggio, nel campionato della Juventus: così invece le arriva una botta di adrenalina, da gol segnato quando ormai era diventato impossibile crederci, che la fortifica e alle avversarie di vetta dichiara “ci siamo anche noi” (checché Massimiliano Allegri se ne esima). Al di là della burocrazia semiautomatica, tuttavia, è proprio l’intera regolamentazione del fuorigioco che va ripensata cum grano salis, per non sterilizzare più la pratica e subordinarla a congruenze geometriche postume che le sono del tutto aliene. Questo tipo di fuorigioco, specie se idealmente questionabile, nell’economia del match è ormai un crocicchio morto, un sentiero chiuso, un muro nel niente che lascia solo risentimenti, animi inaspriti e tempo perso.
A proposito: l’attuale e ventura indisponibilità di Victor Osimhen rimane il vero grande snodo viario della stagione del Napoli e del campionato italiano, oltre che (per riflesso) della Champions League e della prossima Coppa d’Africa. Da Portimão ad Abidjan, dorsale atlantica intercontinentale, si possono decidere i destini incrocicchiati della squadra tornata in mano a Rudi Garcia: la lesione al bicipite femorale della coscia destra, che ha colpito il centravanti durante l’amichevole tra Nigeria e Arabia Saudita disputata in terra portoghese, e la sua partecipazione alla manifestazione continentale in Costa d’Avorio il prossimo gennaio – con temporanea assenza dal centro sportivo di Castel Volturno e dallo stadio Maradona – sono i due caselli della narrazione che preoccupa Aurelio De Laurentiis. Al netto dei dissapori relativi al contratto e alle lusinghe di mercato europee o arabe, questo Napoli non è pensabile senza Osimhen: e lo si è visto contro il Milan, quando i padroni di casa hanno faticato oltremodo a salire, a recuperare metri di campo, a strappare in velocità e in potenza. Tutte doti nel bagaglio della punta, abile a nascondere da sola le magagne: eppure, stando ai risultati, per ora il Napoli non pare patirne troppo l’assenza. Sette punti in tre partite, una rimonta molto difficile, la valorizzazione continuativa di Giacomo Raspadori da prima punta: nessuno finora aveva segnato di punizione diretta in tutto il campionato, altro record cui speravamo di non assistere, abituati quarant’anni fa alle glorie di Platini, Maradona, Zico, Falçao, Socrates, Souness.
Semplicemente, il Napoli con o senza Osimhen sono due cose diverse, e probabilmente nemmeno in quei paraggi immaginavano di esserne così tanto dipendenti: per quanto bravissimi, i degni sostituti giocano un altro sport, come fossero varianti tattiche. E dire che è risorto Kvicha Kvaratskhelia, anche ieri impegnato con Davide Calabria nel remake seriale dei grandi duelli del passato: non è il caso del capitano rossonero, ma presto potrebbe essere attestato il neologismo Kvarasthenia per certificare i sintomi di quei terzini destinati a perdere l’equilibrio nervoso, a contatto con i ripetuti tentativi di dribbling georgiani. A ingarbugliare il libero scorrimento ci si è messo anche Stefano Pioli, attraverso cambi latentemente opinabili: il forzoso esordio claudicante di Marco Pellegrino, il rispolverato Luka Romero che prova e riprova la stessa finta di corpo, Rafael Leão e Olivier Giroud sostituiti quando ancora potevano determinare l’incontro (e non hanno fatto niente per nascondere il proprio disappunto) sono segnali che alimentano l’aria di uno scollamento tra il tecnico dello scudetto e la piazza. Se uno come Rade Krunić si risolve a passare la palla quasi sempre indietro, come accaduto contro il Paris Saint Germain del gioiello Vitinha, qualcosa non va: davvero “Power” Reijnders, altro calciatore totale come Soulé, Zirkzee e Raspadori, non può giocare da pendolo centrale in posizione più coperta, almeno fino al rientro di Ismaël Bennacer?
Dilemmi per il pallone del futuro: nessuno in Europa sta al livello del Sassuolo, che segna il suo sesto gol da fuori area. Un calcio dove non si tira più da trenta metri, che non allena alle punizioni, cosa sarà?
Crocicchi è la rubrica di Enrico Veronese che ci terrà compagnia in questi mesi di Serie A. Sarà il racconto, giornata dopo giornata, degli incastri imperfetti che il calcio sa mettere in un campo di gioco, di tutto ciò che sarebbe potuto essere, ma non è stato. Che poi, in fondo, è il bello del calcio.