Un motivatore unico
È morto Bobby Knight, il Generale del basket americano
È stato il vero esempio del sergente di ferro nel mondo dello sport, una leggenda delle panchine della Ncaa. Guidò la Nazionale americana alla vittoria della medaglia d'oro alle Olimpiadi di Los Angeles 1984
Lo chiamavano il Generale è già dal soprannome di capiscono molte di Bobby Knight, leggendario allenatore di basket statunitense, andatosene nella notte a 83 anni. È stato il vero esempio del sergente di ferro nel mondo dello sport, non solo su un campo da pallacanestro. In America dicono “My way or the Highway” ovvero “o fai come dico io o vai per la tua strada”. Bobby che poteva imporsi anche fisicamente essendo alto 195 cm e pesando cento chili, era capace di mandare per la sua strada anche Michael Jordan. Lo fece quando era allenatore della Nazionale americana ai Giochi di Los Angeles 1984. Jordan era appena uscito dal college, ma era già il prospetto di un grande campione. Dopo aver battuto la Germania di 11 punti andò incontro a Jordan negli spogliatoi dicendogli: “Dovresti vergognarti per come hai giocato”. Roland Lazenby, nel suo enciclopedico volume su Jordan, scrive che a quel punto gli occhi di Jordan si riempirono di lacrime. Jordan non aveva giocato neppure così male, ma quello era il modo di Bobby Knight di spronare i suoi uomini per ottenere sempre il massimo. Sta di fatto che dopo quella umiliazione Jordan giocò il resto dell’Olimpiade con una furia inarrestabile arrivando a segnare 20 punti in finale con la Spagna.
Bobby sapeva essere duro con i suoi ragazzi come con gli arbitri. È passato alla storia anche per aver gettato in campo una sedia di plastica quando contro Purdue, sulla panchina di Indiana il 23 febbraio 1985, si infuriò con gli arbitri che avevano fischiato già sei falli nei primi cinque minuti ai suoi ragazzi. Aveva modi terribili con tutti. Con i suoi giocatori e con gli avversari. Durante i Giochi Panamericani dove guidò la nazionale Usa all’oro finì in rissa con un poliziotto portoricano e dopo la finale disse ad alta voce “il loro basket è molto più facile da battere del loro sistema giudiziario" e aggiungendo pure che l'unica "cosa" che sanno fare è coltivare le banane.” Per Bob Costas, famoso giornalista televisivo americano era "il toro infuriato del basket universitario". Bobby Knight è stato leggenda del basket universitario anche perché sapeva spremere i suoi giocatori anche sui libri: quasi tutti arrivavano alla laurea, evitando al suo ateneo di incorrere nelle multe Ncaa. Un motivatore unico che aveva nella costruzione di una feroce difesa a uomo la sua caratteristica principale
Il suo campo di gioco è sempre stato quello delle università dove aveva cominciato a 24 anni quando guidando Army divenne il più giovane allenatore di sempre nella Ncaa dopo che da giocatore si era portato a casa un titolo.
Lui che era nato a Bloomington non poteva poi che diventare coach di Indiana che condusse a tre titoli. In due stagioni consecutive (1974-75 e 1975-76) i suoi ragazzi vinsero 63 partite su 64. Nel marzo 1976 concluse la stagione senza sconfitte (32-0). Settimo e ultimo allenatore della storia a firmare una stagione perfetta. Nei suoi anni sulla panchina di Indiana (dal 1971 al 2000) ha tenuto una media di 23 vittorie a stagione con 11 titoli Big Ten, oltre ai tre campionati nazionali. Alla fine i suoi metodi hanno stufato Indiana che lo ha cacciato nel 2000. Lui ha ricominciato a Texas Tech (dal 2001 al 2008) andando in pensione a metà della sua ultima stagione dopo 42 anni da head coach e un record di 902 vittorie nel campionato Ncaa, battuto solo dal più ispirato dei suoi allievi, quel Mike Krzyzewski, conosciuto come “coach K” che aveva allenato a inizio carriera nell’esercito. “Se n'è andato uno dei più grandi allenatori della storia della pallacanestro – ha detto proprio Mike Krzyzewski - Coach Knight mi ha allenato e ha avuto un profondo impatto sulla mia carriera e sulla mia vita in generale. Questa è una perdita tremenda per il nostro sport”.
La stampa statunitense lo ha osannato ma anche criticato. Forse perché lui non si tratteneva neppure in faccia ai giornalisti: "Tutti noi impariamo a scrivere in seconda elementare - disse una volta - La maggior parte di noi però poi passa a cose più grandi.” Nel 1985 però concesse a John Feinstein di seguire tutta la stagione di Indiana per costruire uno dei libri di maggior successo sullo sport statunitense “A Season on the Brink”. Un racconto dettagliato di come Knight preparasse le partite esasperando i suoi giocatori con allenamenti massacranti, ma anche di come sapesse essere duro e volgare. “Quando Knight lesse il capitolo 1, in cui descrivevo la scena dello spogliatoio in cui si arrabbiava completamente con Daryl Thomas - raccontò Feinstein - non poteva credere quanta volgarità ci fosse nel suo sfogo. Quello che non sapeva era che avevo rimosso circa l’80% dei f--- presenti nel suo discorso”. Un vero figlio di… che però molti suoi giocatori hanno amato all’inverosimile, riconoscendogli di averli fatti diventare uomini oltre che campioni.
Oggi forse uno come Knight non lo farebbero entrare in palestra, accusandolo di ogni cosa. Ma nella storia del basket e di tutto lo sport ha lasciato un segno profondo.
Il foglio sportivo - calcio e finanza