Il foglio sportivo
Mazzarri è la prima retromarcia di De Laurentiis
La scelta del nuovo-vecchio allenatore spiegata dalla frase del presidente, in modalità re Sole: “Il Napoli c’est moi”
Mai, in un’avventura che si avvicina ai vent’anni, Aurelio De Laurentiis aveva scelto la retromarcia. Farlo deve essergli costato moltissimo, ma anche in questo ritorno al passato che risponde al nome Walter Mazzarri c’è la sensazione di un patron convinto di essere al di sopra del bene e del male. Sono passati sei mesi e mezzo dalla vittoria dello scudetto, sembrano dieci anni. De Laurentiis, inebriato dal successo, si era convinto di poterlo ripetere a dispetto dei santi: l’addio alla coppia Spalletti-Giuntoli ha generato una slavina le cui dimensioni sono state evidentemente sottovalutate. Dal casting estivo, quello dei “49 allenatori” dei quali verificare disponibilità e capacità di adattarsi “a questa linea di attacco e difesa alta”, nonché “il carattere e se sono inseribili in una cultura partenopea”, si è arrivati all’inversione a U di metà autunno, con in mezzo il pittoresco ritorno in Italia di Rudi Garcia, dimenticato ai margini dell’impero calcistico prima di riportarlo al centro del villaggio con lo scudetto sul petto. Il francese non se l’è giocata bene, ma di certo non è stato aiutato: in pochi avrebbero preso volentieri le redini di questo Napoli, troppo forte il ricordo della bellezza spallettiana, troppo accecanti le luci del recente trionfo per pensare di non sbandare al volante.
Soprattutto, troppo ingombrante la figura di questo De Laurentiis in modalità Re Sole, “il Napoli c’est moi”, e chi se ne frega degli altri. Le voci delle ultime ore sono quelle di una rinuncia imminente anche al ds Meluso e in un mondo normale sarebbe anche logico, se non fosse che Garcia l’ha scelto Re Aurelio, con il dirigente approdato a Napoli soltanto un mese dopo la firma del transalpino. Il casting, stando alle parole di De Laurentiis in occasione della presentazione dell’ex tecnico della Roma, era solo una trovata da gettare in pasto ai giornalisti: “L’ho fatto credere a voi così vi sareste scervellati: l’obiettivo è riuscire a ripeterci, poi speriamo di arrivare in finale di Champions”. Eppure, un mese fa, sbeffeggiava Luis Enrique (“L’ho chiamato, menomale che è andato al Paris Saint-Germain, guardate che sta facendo”) e riconosceva l’abboccamento con Thiago Motta, con un Garcia ormai già totalmente allo sbando, delegittimato e confuso, commissariato dalla presenza del patron a Castel Volturno.
L’errore non fu la scelta, per quanto controintuitiva, ma l’approccio: credersi invincibili, in grado di dire no alle richieste di rinnovo di metà rosa, malcostume abbastanza diffuso ma fisiologico dopo un trionfo del genere, di passare sopra alla perdita di ds e allenatore come se nulla fosse, e pensare di poter procedere sereni su binari ampiamente smontati. L’auspicio dei tifosi del Napoli è che l’interregno di Mazzarri possa rivelarsi foriero di un piazzamento Champions e che la rinuncia a Tudor, profilo decisamente più intrigante, rappresenti l’inizio di una nuova èra: la speranza, insomma, che l’allenatore del futuro sia già nascosto da qualche parte. Che non sia, dunque, soltanto l’ultimo atto di un teatro dell’assurdo.