Serie B
Il derby degli Esposito. Sampdoria-Spezia è una questione familiare
Sebastiano gioca in maglia blucerchiata, Salvatore e Francesco Pio in maglia bianca. Tre fratelli sullo stesso rettangolo verde per tre punti
C’è solo un rito ancestrale che è riuscito a sopravvivere alla modernità. Ed è il derby. Perché giocare una stracittadina significa rispolverare significati tribali, riaffermare la logica del "noi" in contrapposizione al "loro". È così da sempre. Ma sarà così soprattutto stasera, sul prato neanche troppo verde di Marassi. Quella fra Sampdoria e Spezia è una partita che va oltre il concetto di semplice contrapposizione fra capoluoghi rivali. È un affare di famiglia, una sfida che oppone lo stesso sangue, che spacca a metà anche un’altra città, lontana quasi settecentocinquanta chilometri. Sì perché Sampdoria-Spezia sarà soprattutto il derby dei fratelli Esposito da Castellammare di Stabia.
Sebastiano (21 anni) scenderà in campo in maglia blucerchiata. Salvatore (23) e Francesco Pio (18) indosseranno quella bianca. È un racconto che sembra uscito da un passato ormai remoto, da un calcio arcaico dove esistevano ancora le dinastie, con i giocatori che dopo il cognome si portavano dietro un numero romano. Sentimenti IV, Cevenini III, Ferraris IV. Nomi adatti a un monarca assoluto o a un Papa. E che per questo comunicavano magnificenza, ingigantivano gesta. Per una sera sarà così anche per gli Esposito, considerati ormai da qualche anno fra i talenti più luminosi di un movimento costretto a inseguire in continuazione i fasti di un passato sempre più remoto.
La loro storia parte da lontano, da un campetto scrostato nel rione Cicerone incastrato tra i palazzoni e le case popolari. Passano ore a giocare a pallone per strada. Senza scarpe. Il resto viene un po’ alla volta. Papà Agostino allena le giovanili della Juve Stabia. Guida bambini, non giovani calciatori. Per questo educa prima ancora di insegnare. I tre fratelli sono inscindibili. Dove c’è uno, ci sono anche gli altri due. Fino a formare un blocco unico. Prima entrano nell’’ASD Club Napoli. Poi, un giorno, giocano un’amichevole. Contro il Brescia. A fine partita ci vuole un po’ per tornare a casa. Salvatore potrebbe fare un provino per le rondinelle. E visto che c’è tanto vale portare pure Sebastiano. La scelta è complessa. Significa stravolgere non una, ma tre vite. Agostino tentenna, poi accetta. A Brescia il risultato del test è piuttosto chiaro. Salvatore e Sebastiano vengono presi praticamente subito. Poi dopo qualche tempo si unirà a loro anche Francesco Pio.
Nel 2014 parte la loro ennesima nuova vita. Entrano nel settore giovanile dell’Inter. E ognuno di loro lascerà in eredità al fratello più piccolo il ruolo di giocatore già interessante del vivaio. La loro storia sembra contraddire quella frase di Richard Bach secondo cui "di rado i componenti di una stessa famiglia crescono sotto lo stesso tetto". Ma è solo una questione di tempo. I tre prendono strade diverse. Salvatore e Francesco Pio non esordiranno nella prima squadra dell’Inter.
Sebastiano sì. Antonio Conte gli regala minuti in Europa League. E in Serie A . E in Champions League. "Salva" viene acquistato dalla Spal. Poi inizia a girare: Ravenna, Chievo, Spal ancora. Poi lo scorso anno si stabilisce allo Spezia. Nel maggio del 2022 Mancini lo convoca per uno stage. All’Italia potrebbe far comodo un centrocampista in grado di interdire e di impostare con le sue qualità. Sembra una boutade. Invece è vero. L’11 giugno debutta in Nazionale. Senza aver mai ancora giocato in Serie A. Gioca 25’ al posto di Lorenzo Pellegrini. Contro l’Inghilterra. In Nations League. A Wolverhampton. Dopo un anno gioca già titolare in massima Serie. E segna il suo primo gol contro il Milan, su punizione. Poi la retrocessione e la nuova incoronazione. Salvatore macina gioco. Tanto che qualche giornale lo chiama "il Rodri italiano".
Sebastiano ha un percorso diverso. Dopo aver condiviso lo spogliatoio della Spal col fratello si trasferisce prima al Venezia e poi al Basilea. L’inizio è da urlo. Quattro gol e un assist nelle prime cinque partite. Poi iniziano i problemi. Fisici e comportamentali. Durante una partita di Conference League vinta 3-0 dagli svizzeri, Sebastiano si rifiuta di entrare in campo. Viene messo fuori rosa. Poi chiede scusa. Ai compagni. Al mister. Ai tifosi. "Perdonatemi - dice - è il momento di diventare uomo".
Francesco Pio è quello che potrebbe fare più strada. Secondo almeno secondo gli addetti ai lavori. Cresciuto nel mito di Edin Dzeko, è una prima punta di un metro e novanta che ama abbassarsi e cucire il gioco, uno per cui aprire lo spazio giusto al compagno è gustoso tanto quanto segnare un gol. Lo scorso 11 giugno le strade degli Esposito si sono intersecate in maniera bizzarra. Si sono ritrovati a giocare tre finali diverse nello stesso giorno. Lo Spezia di Salvatore affrontava l’Hellas nello spareggio per la Serie A. Il Bari di Sebastiano sfidava il Cagliari per la promozione nella massima categoria. L’Italia Francesco Pio si giocava il titolo di campione del Mondo Under 20 contro l’Uruguay. Peccato che il risultato sia stato lo stesso. Ha perso lo Spezia. Ha perso il Bari. Ha perso l’Italia. Un destino che sembra uscito da «L'ultima cosa bella sulla faccia della terra», quando Michael Bible scrive. "Erano tutti sopravvissuti a tempeste diverse e naufragati sulla stessa riva".
Gli Esposito si sono ritrovati in Liguria. E oggi vivranno la loro ennesima epopea familiare.
Il Foglio sportivo - In corpore sano