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Cile-Urss, una delle partite più surreali della storia del calcio
Due libri per ritornare al 21 novembre 1973 quando cileni e sovietici "giocarono" per accedere ai Mondiali di Germania 1974
Il 21 novembre 1973, esattamente cinquanta anni fa, andò in scena una delle partite più surreali della storia del calcio. Nello Stadio Nacional di Santiago era fissato il match di ritorno tra Cile e Unione Sovietica, in virtù del quali le due nazionali si sarebbero giocate uno dei sedici posti in palio per disputare i campionati del mondo in Germania, l’anno successivo. Il 26 settembre, a Mosca, si era disputata la gara di andata, di cui non esiste una sola immagine televisiva, finita 0-0 anche grazie, dicono le cronache, a una direzione di gara molto discutibile, dell’arbitro brasiliano Armando Marques, fervente anticomunista. Già, perché solo quindici giorni prima, l’11 settembre, in Cile aveva preso il potere con un golpe Augusto Pinochet che aveva assediato il Palacio della Moneda, residenza del Presidente Salvador Allende, prima personalità politica di ispirazione marxista eletto democraticamente in un paese del Sudamerica, costringendolo al suicidio.
Proprio lo stadio Nacional, dove si sarebbe disputata la gara di ritorno, era diventato un campo di concentramento, dove i soldati di Pinochet fucilavano i primi dissidenti catturati, tra cui il cantante e poeta Victor Jara. I sovietici decisero, per protesta, di non presentarsi. La partita, però, si giocò lo stesso, con in campo una sola squadra, perché così vollero il dittatore Pinochet e la Fifa. Basterebbe la vittoria a tavolino, ma il regime impone una farsa: una sola squadra in campo con un arbitro, il cileno Rafael Hormazábal. Al fischio di inizio qualche passaggio, finché la palla arriva all’attaccante Carlos Caszely, comunista dichiarato, che avrebbe voluto scagliarla in tribuna. Non lo farà e la appoggerà al suo capitano e compagno, di squadra e di fede politica, Francisco Valdés, anche lui sostenitore di Allende e protagonista di una trattativa, con la minaccia di far saltare quella partita simbolica, per far liberare dalla prigione del Nacional, due vecchi compagni. Sarà Valdés a segnare il gol fantasma della partita fantasma. Sembra un romanzo, invece è storia.
Chi narra lo sport si divide fra la necessità di cronaca e la poesia, i fatti e la letteratura, e allora ho scelto due libri che raccontano quella partita assurda. Il primo lo ha scritto lo storico dello sport Gregorio Scorsetti, La gara di ritorno, Cile 1973 (66thand2nd, 2023). Lo stile è brillante, denso di fatti di cronaca e riferimenti con una cornice temporale molto precisa (dal 28 febbraio 1973 al 14 giugno 1974, ultimo giorno della disfatta cilena ai Mondiali in Germania). Un intreccio davvero riuscito e realistico di calcio e politica.
Il tono di voce del secondo libro è diverso, un piccolo gioiello di Remo Rapino, Valdés (Tetra edizioni, 2023). È la storia struggente e poetica di Francisco Valdés, cominciata con i sogni di un bimbo affascinato dal Colo Colo, transitata per il gol della vergogna e la successiva corsa negli spogliatoi, per vomitare. Poco più di cinquanta pagine in un piccolo formato quadrato, al costo di quattro euro che Remo Rapino, con Pablo Neruda in dissolvenza, trasforma nelle due monete meglio spese della storia della letteratura sportiva.
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