Serie A
Attacco al Var. Arbitri e allenatori non riescono più a intendersi
La tecnologia doveva evitare le polemiche sulla condotta dei direttori di gara. Non sta funzionando. Le accuse contro la classe arbitraria non sono dimunuite e il "protocollo" sta inasprendo il dibattito
Se dovessimo dare una definizione a questa fase del nostro calcio, immaginandola incastonata come si fa nei libri di storia, probabilmente sceglieremmo “I giorni del protocollo”. Quello tra i vertici arbitrali e il gruppo di allenatori e dirigenti del massimo campionato sembra un dialogo tra persone che non parlano la stessa lingua: più gli arbitri cercano di condurre una sorta di “operazione trasparenza”, accettando che il designatore Gianluca Rocchi appaia in tv (anche se a scoppio ritardato di una settimana rispetto agli episodi incriminati) per provare a fare chiarezza, più le interviste del post partita sembrano condotte su un universo parallelo, con lamentele talvolta corrette a livello di “spirito del gioco” ma scollate dall’applicazione della tecnologia.
Quello appena concluso – in attesa di Torino-Atalanta – è stato uno dei weekend con il maggior tasso di dichiarazioni polemiche: ha cominciato Claudio Ranieri, che si è lamentato per l’espulsione di Makombou in Cagliari-Lazio, arrivata dopo una on field review che ha tramutato un giallo in rosso diretto per una chiara occasione da gol negata a Guendouzi. “Non capisco perché il Var sia entrato in questo discorso, chi sta al monitor deve aiutare l’arbitro, non aiutarlo a sbagliare. Per il Var serve un protocollo chiaro: abbiamo detto che sarebbe intervenuto soltanto dentro l’area di rigore e in caso di rosso”, ha tuonato in conferenza stampa.
Ha proseguito Thiago Motta, mostrando una memoria da elefante per attaccare Nasca, presente al Var per Lecce-Bologna e autore della chiamata che ha convinto Doveri ad assegnare un rigore (sacrosanto) ai padroni di casa per fallo di Calafiori su Falcone: “Preferisco nominare l’uomo del Var, che è Nasca, perché ci sono tantissimi arbitri che vanno al Var, che vanno in campo, che sono bravi, forti, con grande personalità e fanno quello che devono fare. Per questo non voglio generalizzare, parlo di Nasca. Non degli altri. Con lui al Var sono sfortunato perché ci sono tanti episodi che vanno contro la mia squadra”. Il riferimento più fresco è al mancato rigore su Ndoye in Juventus-Bologna di questa stagione, quello più datato è invece a uno Spezia-Lazio in cui venne convalidato un gol in fuorigioco di Acerbi per un clamoroso errore di comunicazione tra Nasca e Pairetto.
Walter Mazzarri, invece, non si è presentato ai microfoni, lasciando al direttore sportivo del Napoli Mauro Meluso il compito di accusare Massa al termine del big match contro l’Inter: “Una giornataccia sua e del Var: il primo gol era viziato da un fallo di Martinez e ci ha dato una mazzata psicologica. Il rigore su Osimhen era così netto da non doverne nemmeno discutere. Siamo sconcertati: il Var sta lì per correggere eventuali errori, se spinge l’arbitro a rivedere certe scene può aiutare a correggerli”. Materiale succoso per gli studiosi del protocollo: era giusto oppure no intervenire nei due casi del Maradona?
Non c’è dubbio che il prossimo intervento televisivo di Rocchi risulterà particolarmente atteso, ma appare sempre più necessario un percorso che porti dirigenti arbitrali e calcistici a parlare la stessa lingua, per evitare teatrini che non fanno altro che distogliere lo sguardo dal campo. Infine, una proposta che di certo non allungherebbe più di tanto i tempi delle partite: un “challenge” a panchina, da usare quando si ritiene che il Var abbia perso un’occasione, lasciando che siano i tecnici a chiamare gli arbitri al monitor. Un modo semplice per provare a uscire dai giorni del protocollo.