Olive #14
Il malinteso di Lorenzo Lucca
L'attaccante che fu "speranza" azzurra per qualche mese al Pisa, è ripartito, dopo un anno all'Ajax, dall'Udinese. Chissà se riuscirà a ridare slancio alla categoria dei Pennacchioni italiani
Quando ci si trova a dover sostituire un calciatore capace di essere l’accentratore unico del gioco offensivo di una squadra ci sono tante possibili strade da seguire. Una di queste porta ai primi anni del secondo dopoguerra, a un uomo semplice, mite, un filo bizzarro, un contadino, diceva lui, appassionato di fisica ed esoterismo, di ciclismo e politica, finito su un campo di calcio “perché mi davano la possibilità di andare a scuola” e, soprattutto, perché la “terra è bassa e fa male alla schiena”. Luigi Brunella finì su una panchina per “sordi”, diceva a tutti i suoi clienti al bar che gestì per decenni in viale Eritrea. Lo diceva con la sua parlata mezza romana mezza pavese, la stessa con la quale il 28 settembre del 1948 diede, inconsciamente, il via a una rivoluzione che nessuno a Roma si ricorda e che nemmeno la storia del calcio si ricorda. Gli chiesero come fosse la Roma senza Amedeo Amedei e lui rispose con franchezza: “Era mejo prima, perché l’Amedei era forte, ma non siamo scarsi neppure adesso. Semo cambiati, certo. Se non hai il campione, devi cambiare, fare in modo che quello che hai dia il massimo. E così abbiamo diviso quello forte in due, l’ho fatto diventare coppia: l’Amedei faceva tutto, ora c’ho il Pennellone e il Piccoletto”.
Il Pennellone era l’abruzzese Mario Tontodonati, il Piccoletto era il maceratese d’Argentina, Bruno Pasaola, uno che oltre oceano faceva la mezzala, ma che aveva i piedi buoni e il cervello fino e che Luigi Brunella piazzò accanto al centravanti in una sorta di quattroquattrodue sacchiano quarant’anni prima.
Luigi Brunella avrebbe potuto essere un paroliere. Non c'era nessun Pennellone nel mondo del calcio allora. Pennellone però rimase, non se ne andò più. Diventò il soprannome del grande portiere Fabio Cudicini negli anni Cinquanta, infine, dopo un lungo girovagare, si attaccò al nome dell'attaccante Andrea Silenzi tra gli anni Ottanta e Novanta.
Luigi Brunelli ha ora la faccia di Gabriele Cioffi che nel tentativo di dare una stabilità all’Udinese ha riproposto la lezione dell’antico e dimenticato collega: “Se non hai il campione, devi cambiare, fare in modo che quello che hai dia il massimo. E così abbiamo diviso quello forte in due, l’ho fatto diventare coppia: l’Amedei faceva tutto, ora c’ho il Pennellone e il Piccoletto”. L’Amedei di un tempo è il Beto Betuncal di oggi, o meglio di ieri. Perché il portoghese non c’è più e a Udine c’è un problema in avanti perché quello che faceva Beto non lo riesce a fare nessuno. E così, dopo l’infortunio di Isaac Success, attaccante più da suggerimento che da realizzazione, l’allenatore dei bianconeri ha messo dentro il Pennacchione, al secolo Lorenzo Lucca, a fare coppia col piccoletto (ma nemmeno troppo) Roberto Pereyra.
Mario Tontodonati superava di poco il metro e ottanta ed era un fusto che “le donne ci impazzivano”, almeno il regista cinematografico e teatrale Carlo Campogalliani, che a lungo cercò di convincerlo a lasciare il campo per il set.
Lorenzo Lucca supera i due metri, ha lo sguardo meno intenso di Mario Tontodonati e nessun Campogalliani che lo corteggia per portarlo a teatro e al cinema. Ma la figura del Pennacchione la fa assai bene.
Lorenzo Lucca è un pennacchione di buoni piedi, molto migliori di quelli di Mario Tontodonati, rimasto nella memoria calcistica come “Testina d’oro”, uno che farebbe la sua ottima figura nella provincia calcistica italiana della Serie A se non fosse per quell’enorme equivoco che si è creato attorno a lui qualche anno fa.
Era allora l’epoca nella quale l’Italia era alla ricerca malsana di un attaccante sul quale cercare di costruire qualche speranza di un futuro di gol e vittorie. C’è mai peggior momento per iniziare a segnare ed essere giovane in un periodo del genere. Dieci gol in due mesi a vent’anni sono un sogno - per molti - che possono essere una condanna.
Quei due mesi a Pisa divennero lo spunto per sedicenti esperti di calcio per tratteggiare magnifiche sorti e progressive per l’attaccante. Vale ora, ma non allora, l’interpretazione di Giacomo Leopardi su quelle “sorti”.
Perché Lorenzo Lucca è un Mario Tontodonati di oggi. Un buon attaccante che non è un fenomeno, che non entrerà mai, forse, tra i grandissimi del calcio, ma se impiegato bene e con intelligenza, può diventare uomo capace di essere ago della bilancia tra la salvezza e la retrocessione grazie ai suoi centimetri.
Diceva Luigi Brunella: “Un pennacchione è utile, ti permette di avere un’opportunità. Insomma, permette sempre di fare questo ragionamento: nel dubbio indirizzala alta verso il pennacchione che non si sa mai”. Grazie ai suoi due metri e un centimetro, a Lorenzo Lucca gliela si può indirizzare pure qualche centimetro più in alto del mediamente consentito. Contro l’Hellas Verona è riuscito - doppietta che poteva valere tre punti non fosse stato Thomas Henry -, chissà che non possa riuscire ancora e più spesso.
E vanno bene pure qualche centimetro più in basso, perché Lorenzo Lucca coi piedi ci sa fare, e pure bene. Basta non chiedergli l’eleganza.
All’Ajax lo presero perché era alto, forte e abile coi piedi. Finì con quattordici partite e due gol e un prestito non convertito in acquisto. Ma ad Amsterdam si sa che la confezione vale tanto quanto il prodotto, che non ci può essere lassù qualcosa di pratico e non bello. Nella provincia italiana invece tutto questo va benissimo. È un luogo accogliente anche se non si direbbe la provincia italiana. Talmente accogliente che un Lucca a Udine (ma pure a Pisa) non fa scalpore, anzi viene pure apprezzato.
Anche quest'anno c'è Olive, la rubrica di Giovanni Battistuzzi sui (non per forza) protagonisti della Serie A. Piccoli ritratti, non denocciolati, da leggere all'aperitivo. La prima giornata è stato il momento di Jens Cajuste (Napoli). Il secondo appuntamento è stato dedicato a Luis Alberto (Lazio); nella terza giornata vi ha tenuto compagnia Ruggiero Montenegro con Federico Chiesa (Juventus); nella quarta è stato il turno di Andrea Colpani (Monza); nella quinta di Romelu Lukaku (Roma); nella sesta è sceso in campo Yacine Adli (Milan); la settima puntata è stato il momento di Albert Gudmundsson (Genoa); nell'ottava di Giacomo Bonaventura (Fiorentina); la nona ha visto scendere in campo Zito Luvumbu (Cagliari); la decima Matias Soulé (Frosinone); e nell'undicesima Riccardo Calafiori (Bologna); la dodicesima invece è stato il momento delle parate di Etrit Berisha (Empoli); la tredicesima è stata l'occasione per conoscere meglio Jeremy Toljan (Sassuolo). Trovate tutti gli articoli qui.