Crocicchi #15
La Serie A è diventata, ancora, una sfida tra Inter e Juventus
L'errore di Kvicha Kvaratskhelia allo Stadium ha dato il via al duello a due per lo scudetto. Il peso della Coppa d'Africa sul destino delle inseguitrici
Fuori i secondi. Sospeso tra gli estemporanei maglioni natalizi del Genoa, dell’Inter, della Cremonese e la continuità abbacinante nell’undici titolare nel Monza, il campionato di Serie A spiana la strada al duello che, sul campo e in carta bollata, va avanti da quasi vent’anni, quello tra Inter e Juventus. Il quadrivio perpendicolare con Napoli e Milan si arresta, a tutta dritta in direzione Milano (nerazzurra) e Torino bianconera. Se la squadra di Simone Inzaghi ha dato l’ennesima prova di forza, granitica e inscalfibile, l’occasione colossale di Kvicha Kvaratskhelia allo Stadium è stata l’ultimo miglio, l’hic sunt leones, l’estremo tentativo di riscrivere una sceneggiatura differente del torneo: avesse segnato il georgiano, e mantenuto il risultato il Napoli, avrebbe significato al contempo fuga interista e rimonta azzurra. Così invece il passaggio di consegne è quasi completato: e un po’ spiace che a sancirlo sia il principale protagonista dello scudetto partenopeo, l’uomo che da bambino sognava il Real Madrid e che della sua straordinaria normalità atletica, fisica, comunicativa aveva costruito un asset di forza che lo ha reso dominante lungo tutta una stagione o quasi.
D’ora in avanti, col Milan rispettivamente a -7 dalla Juve e -9 dall’Inter (più indietro le altre pretendenti all’Europa), l’inseguimento spielbergiano tra l’automobile rossa e il mezzo pesante rischia di essere il motivo unico dei mesi a venire, sviscerato nel dettaglio di dove l’una o l’altra potrebbe svoltare. Dagli specchietti retrovisori, dal gas e dalla polvere che annebbiano il cruscotto, fioriranno tabelle, tratterranno impeti per non cadere nei cartellini gialli e rossi, verranno maledette le convocazioni delle Nazionali con annesso rischio di stiramenti: tutto un completarsi nel mercato di gennaio, mettendo le mani avanti per quello di giugno, rigorosamente a parametro per la finta di pezze al sedere, che sia la holding franco-olandese di Vinovo o il monomarca orientale ad Appiano Gentile. Decideranno gli scontri diretti o invece alcune facili partite prese sottogamba? Di ventisei milioni di commissari tecnici, tanti ne enumerava Gianni Brera, giochiamo fino in fondo la parte dell’avvocato del diavolo (non il povero diavolo milanista di quest’anno), per dire che -quantunque ogni indicatore oggi privilegi l’Inter - due aspetti si divertono a smentire la lettura più scontata.
Il primo è palese, una Juve senza impegni infrasettimanali si allena meglio, più a fondo e al contempo con tranquilla naturalezza, vietato forzare ma semmai assimilare accorgimenti e variabili. D’altro canto è pur vero che, qualora l’Inter dovesse sconfiggere la forte Real Sociedad e piazzarsi al primo posto nel proprio girone di Champions League, allora anche all’estero ne avranno più timore reverenziale: dando per assodato che già adesso la squadra di Suning è già al top continentale, assieme al Manchester City, al Real Madrid, al Bayern Monaco.
Inoltre, si sta disputando il secondo campionato “anomalo” consecutivo: se un anno fa furono i Mondiali del Qatar a spartire la stagione, ora saranno l’ormai inusuale boxing day del 30 dicembre e il tributo da pagare alla Coppa d’Africa a stravolgere abitudini, formazioni, prospettive. Anche in questo caso, giova riconoscere che nessuna delle duellanti per la vetta sarà decimata: ma potrebbero ben esserlo le loro avversarie di giornata, capaci quindi di opporre maggiore o minore resistenza a seconda se saranno in grado di schierare la miglior formazione.
Chi non partirà, e si torna alle ragioni per cui il popolo bianconero ha di che sperare, anzi viene dato per rientrante è Timothy Weah: fin qui è come non ci sia stato, e d’ora in avanti potrà trasformare il peso offensivo juventino anche a prescindere da eventuali ritocchi di mercato. Esterno a tutta fascia, ala dalla metà campo in su, attaccante aggiunto, il figlio di George - che già negli Stati Uniti si era messo in mostra a livello internazionale per il senso del gol - potrebbe spostare gli equilibri che ora pendono dal lato nerazzurro. Almeno per il platonico titolo di campione d’inverno.
Ma non sarà facile, per lui, togliere il posto al più completo e più difensivo Andrea Cambiaso, trasformato da Massimiliano Allegri in un fattore totale anche per vie interne: il giovane ligure sta sfruttando come meglio non potrebbe la propria occasione tra mille che lo hanno preceduto, disputando incontri sempre più convincenti ed efficaci a destra come a sinistra, in marcatura e in corsa sbrigliata, perfino fiondandosi verso la rete da “quinto” a raccogliere traversoni provenienti dalla corsia opposta. Uno che farà molto comodo a Luciano Spalletti in Germania, uguale e contrario a quell’Emanuele Giaccherini che fece la fortuna azzurra di Antonio Conte.
A proposito di Italia, se i talenti che hanno avuto la sorte di nascere in questi paraggi stanno acquisendo comportamenti sempre più uniformi ai coetanei europei, il calcio pane e salame ormai è tutto racchiuso nell’immagine di José Mourinho che, agli sgoccioli della battaglia olimpica contro la Fiorentina, porge a un giovane raccattapalle un foglietto contenente un messaggio per il portiere Rui Patricio. Potremo viaggiare su Marte, ma qui in Terra ci sarà sempre un Mourinho-“mamma cinema” che, non appena le circostanze lo impongono, fa presto a diventare il più italiano di tutti.
Crocicchi è la rubrica di Enrico Veronese che ci terrà compagnia in questi mesi di Serie A. Sarà il racconto, giornata dopo giornata, degli incastri imperfetti che il calcio sa mettere in un campo di gioco, di tutto ciò che sarebbe potuto essere, ma non è stato. Che poi, in fondo, è il bello del calcio.