Il Foglio sportivo
Le vittorie Ducati spiegate da una formula magica
“Disciplina, migliorarsi alzando sempre l’asticella e sentirsi molto ingegneri”. Intervista al ceo Claudio Domenicali
L’altra Rossa dei motori ci sta facendo l’abitudine. Vincere non era più abbastanza e allora ha cominciato a stravincere. In casa Ducati ragionano così: non si accontentano mai. Hanno vinto e rivinto in MotoGp e in Superbike, una doppia-doppia che non si era mai verificata nel mondo delle due ruote. Ma siccome vincere in pista non basta, ecco che la casa di Borgo Panigale ha deciso di darsi anche al cross. Le strade di Ducati sono davvero infinite. “Lo avevamo detto l’anno scorso che ci sarebbe piaciuto aprire un ciclo, la Ferrari lo aveva fatto di cinque anni con Michael Schumacher, se riusciremo a essere bravi come lo sono stati loro ne abbiamo ancora tre davanti…”, dice Claudio Domenicali che ha festeggiato con il doppio Mondiale i suoi primi dieci anni da amministratore delegato del gioiello del made in Italy di proprietà di Audi. Vincere non annoia: “Chi fa le corse lo fa per puntare sempre al risultato massimo, poi è difficile riuscirci, ma l’obiettivo è sempre quello. Lo vediamo anche in Formula 1 dove le Mercedes sembravano imbattibili, poi la Red Bull ha indovinato una macchina e adesso sembrano imbattibili loro”.
Ducati dall’anno scorso è la Red Bull del moto mondiale con una differenza: il campionato è rimasto in gioco fino all’ultima gara della stagione. Magari con otto Red Bull sarebbe stato lo stesso anche in Formula 1. “Il campionato è stato pieno di colpi di scena e l’incidente di Pecco a Barcellona ha rimesso tutto in gioco. La scelta di avere dato a un team satellite come Pramac esattamente le nostre stesse moto ha fatto sì che il risultato fosse legato al talento del pilota e alla capacità delle squadre di gestirsi. In più il fatto che noi affidiamo a Pramac dei piloti che non sono più solo delle promesse, ma piloti maturi come può essere Jorge Martin, lo trasforma in un avversario durissimo per i nostri piloti ufficiali”. Qui si capisce che vincere non è più abbastanza e si vuole stravincere (17 vittorie con 6 piloti diversi) anche a costo di complicare la vita dei piloti ufficiali. Cosa che l’anno prossimo diventerà ancora più evidente dopo che Marc Marquez ha firmato per il team Gresini abbandonando la Honda. “L’arrivo di Marquez è la miglior campagna di marketing che uno possa fare, quando hai dei piloti così importanti che fanno scelte così anticonformiste come rinunciare a una moto ufficiale per salire su una moto dell’anno precedente dice molto”. Sarà bello vedere come andrà a finire. Sarà ancora un tutti contro tutti in casa Ducati. “Dal punto di vista sportivo sarà un altro anno bellissimo con tanti, tantissimi piloti che sfideranno il re”.
“Il bello di questo sport è il fatto che sia una combinazione tra il gesto atletico che nel motociclismo è molto rilevante perché i piloti sono degli atleti pazzeschi e tra una parte tecnica e organizzativa che nella MotoGp negli ultimi anni è diventata ancora più importante perché il livello tecnico è molto salito e la differenza tra le moto si vede di più”. Ed è per questo che tutti vorrebbero una Ducati, anche se è solo quella dell’anno prima. Per un Luca Marini che lascia per sposare una Honda ufficiale, c’è la coda di chi vorrebbe una Desmosedici. “Quest’anno se il campionato si fosse deciso solo con i risultati della domenica, Pecco lo avrebbe vinto con una gara d’anticipo. Jorge ha avuto una grande esplosività nelle gare brevi che è un po’ un suo modo di guidare, mentre Pecco è più bravo a gestire il consumo della gomma e la gara lunga. Hanno caratteristiche differenti anche come atleti. Jorge è più esplosivo, Pecco è più tetragono agli sforzi, per come si allena è capace di gestire gare dure, temperature molto alte. Lui si stanca poco ad andare in moto. Jorge esplode, ma poi si stanca di più”. Ma a Claudio Domenicali piacciono le gare sprint? La risposta è una via di mezzo: “Nì. Hanno portato interesse al sabato rendendo la giornata più interessante per tutti, ma non mi piace che abbiano tolto interesse sulla qualifica e sul poleman. Cambierei lo schema di qualifiche, a me per esempio piace molto quello della Formula 1 dove in un’ora sono tutti in pista e man mano elimina gli ultimi. La verità è che c’è molto tempo di gara tra sprint e Gran Premio normale e ha pesato un po’ sugli infortuni. Non è che le gare sprint siano più pericolose, ma aumenta il tempo del weekend in cui sei in gara e quindi aumentano i rischi anche se oggi moto e circuito sono davvero sicuri e resta solo il problema della caduta in mezzo al gruppo come capitato a Pecco a Barcellona”.
Vincere due volte di fila in MotoGp non è cosa banale. Eppure Pecco non sfonda. Piace a tutti perché in un mondo di eccessi una persona normale (anche un po’ supereroe dopo Barcellona), non può non piacere, ma non è ancora riuscito ad andare oltre il suo sport. Non c’è stato un effetto Sinner, insomma. “Pecco è una persona straordinaria come intelligenza, equilibrio ed educazione. È una grande persona e un bell’esempio. Come pilota è estremamente elegante e credo abbia ancora margine di miglioramento. Abbiamo un bi-campione del mondo che ha le carte in regola per lottare ancora per molti anni. È un ragazzo esperto, ma è ancora molto giovane. Pecco ha la sua personalità ed è abbastanza schivo e riservato e in un mondo in cui si è sempre in attesa di notizie, apparizioni e in cui tutti vogliono sapere dove sei, cosa fai, come ti vesti. Per diventare ancora più interessante per il grande pubblico dovrebbe completarsi. Ma lo sa e ci sta lavorando”.
Il segreto della Ducati, racconta sempre Domenicali, è come quello della Coca Cola. Ognuno ne sa una parte, ma in pochi sanno la formula magica. Domenicali è uno di quelli (“In 30 anni e un po’ ne ho viste di cose”). “Un pezzo del segreto è quello di spostare ogni volta l’asticella per quanto sia già molto in alto – racconta – Ma in azienda noi siamo molto ingegneri. Alla base di tutto c’è l’idea di far dei prodotti straordinari sia nelle corse che nelle moto di serie. In questo momento la tecnologia è in grandissima ebollizione. Pensate ai sistemi di calcolo sia quelli per progettare che quelli da imbarcare sulle moto, ai software con la tematica dell’intelligenza artificiale. Se questa tecnologia la si incanala correttamente poi l’asticella si sposta davvero. Noi ci vediamo come dei sacerdoti che guardano e applicano questa religione che è la tecnica”. Quando si comincia a vincere e poi si continua a farlo subentrano nuovi rischi: “O uno diventa presuntuoso o diventa consapevole e noi cerchiamo in ogni modo di non diventare presuntuosi. Stiamo attraversando un ciclo positivo, ma dobbiamo essere realisti e lavorare perché nella formula magica la disciplina e il migliorarsi in continuazione è uno degli elementi. Raggiunto un certo livello gli avversari si fanno sempre più aggressivi e oggi siamo in un momento in cui non ci sono solo avversari totalmente noti, ma anche avversari nuovi come un paio di aziende cinesi che sono molto aggressive e noi dobbiamo stare attenti ai competitor presenti, ma anche a quelli che verranno”.
Oltre a Bagnaia c’è di più verrebbe da dire. E quel di più è l’Adrian Newey di Borgo Panigale: “Gigi Dall’Igna è un elemento fondamentale. Il regista degli ultimi 10 anni, molto bravo a utilizzare tutti gli ingredienti della ricetta che già c’erano qui. È stato intelligente, ha portato una sola persona dall’esterno e ha sfruttato chi già era con noi. È vero che nel 2013 le performance erano molto scarse, ma c’era molta confusione organizzativa. Gigi è stato bravissimo a riorganizzare, portare il suo contributo e usare le competenze di progettazione motore e veicolo che ha trovato, valorizzando un talento che c’era e scoprendone di nuovi. Siamo cresciuti molto sulla parte software, sull’aerodinamica, sulla comprensione della dinamica del veicolo, sulle simulazioni… Anche Gigi è molto scientifico nel suo approccio alle cose”. Paura che arrivi qualcuno a portarselo via? “È sempre possibile, ma non ho paura perché mi fido di lui. E poi anche se ci portano via la gente non riescono a replicare la formula. L’intelligenza è distribuita. La Ducati può far senza Domenicali, senza Dall’Igna e può continuare ad andare bene perché sono tante le persone che sanno come farla funzionare”.