La sentenza
Superlega e concorrenza nel calcio: è anche un tema democratico
Più business, più tecnologia. Ma non solo. Nella sentenza della Corte di giustizia europea c’è il futuro delle democrazie liberali
Il Prometeo del pallone europeo è alfine liberato dalle catene del monopolio. Come sarà il futuro del più grande spettacolo che l’Europa offre al mondo? È presto per dirlo, perché la sentenza della Corte europea di giustizia non propone un quadro definito del nuovo assetto del settore, ma si limita, come è del resto nel proprio mandato, a dichiarare l’attuale situazione, che vede riconosciuto l’abuso di posizione dominante di Uefa e Fifa, incompatibile con le norme Ue. Ma possiamo fin d’ora identificare tre principali direttrici di cambiamento che caratterizzeranno il mercato dei contenuti calcistici dopo la storica decisione dell’Aia: struttura economica, tecnologia, geopolitica. L’attuale assetto economico del settore calcistico europeo è frammentato e disfunzionale, e si è tradotto in strutture societarie troppo spesso squilibriate e opache, che negli ultimi anni hanno attirato capitali e interessi poco coerenti con lo spirito. Questa sentenza libera i processi di aggregazione a livello europeo e consente di accelerare la trasformazione dei club in vere e proprie media company, aggregate in tornei di perimetro continentale in grado di attrarre audience globali, che si attrezzano per produrre e distribuire direttamente i propri contenuti con un legame sempre più diretto con i tifosi e gli appassionati.
Il modello di business dei club può quindi legittimamente orientarsi alla stabilizzazione dei ricavi di medio periodo, che consentono a loro volta di fare investimenti sul vivaio e sulle infrastrutture sportive, dagli stadi alle attività accessorie, cosa che oggi non viene garantita se non a pochissime squadre in ogni paese europeo. Il mancato controllo sul flusso prevedibile di ricavi è infatti uno dei fattori più destabilizzanti per la salute del settore, e l’attuale modello di organizzazione proposto dall’Uefa non ha finora offerto una soluzione convincente. Sul lato della domanda, va detto che il sistema di sfruttamento e distribuzione dei diritti ha creato grande confusione per gli appassionati, che si vedono forzati a ricorrere a due o più formule di abbonamento, con prezzi e condizioni che finiscono per penalizzare se non escludere le fasce più deboli del mercato. L’età media dei sottoscrittori di abbonamenti per i contenuti legati al calcio sta aumentando più rapidamente del fenomeno demografico sottostante. E cambia radicalmente il mix di canali: lo studio “Football Fan Experience” redatto da Deloitte nel febbraio 2023 evidenzia come Il 73 per cento degli over 65 richiede maggiori investimenti in contenuti tv, mentre la stragrande maggioranza dei tifosi più giovani chiede maggiori occasioni di contatto tramite social media e canali digitali interattivi. Questo ci porta a esaminare il fronte delle tecnologie: il calcio europeo, sotto la gestione Uefa, è rimasto fortemente ancorato al modello di distribuzione televisiva, nonostante le recenti evoluzioni su canali digitali. Ma è ancora molto arretrato ed è molto frammentata la gestione di interazione tramite social media, piattaforme immersive, contenuti speciali, ovvero tutti i nuovi linguaggi e le modalità di contatto con gli utenti e gli appassionati che consentirebbero di potenziare l’attrattività verso il mondo dei giovani, che invece si rivolgono sempre di più verso forme di intrattenimento meno passive e sempre più personalizzate.
Va esattamente in questa direzione la proposta di Superlega europea di A22 Sport Management, annunciata poco dopo la pubblicazione della sentenza, che lascia prefigurare un modello distributivo di tipo “freemium”, con ricavi derivanti da un mix di pubblicità e abbonamenti, stabilizzati per i primi tre anni grazie a un fondo di garanzia, tramite la creazione di una nuova piattaforma digitale denominata Unify che ha l’ambizione di rendere accessibili i contenuti calcistici in diretta per tutto il mondo, anche a titolo gratuito, in modalità “direct-to-fan”. L’ultimo punto è di natura geopolitica: da sempre lo sport è una forma di “soft power”, che se non attentamente disciplinato rischia di diventare strumento subdolo di propaganda di regimi illiberali o di autocrati in cerca di visibilità e legittimazione popolare. Il calcio è il contenuto media più importante che l’Europa produce per il mondo intero ed è l’unico vero sport globale, con miliardi di appassionati. Garantire che le corrette dinamiche concorrenziali producano uno spettacolo in grado di attrarre un pubblico mondiale e che contemporaneamente rimangano ancorate ai valori distintivi delle democrazie liberali costituirà la futura sfida di tutti gli attori del settore, nonché delle istituzioni europee.