Il Foglio sportivo
"Ecco come noi arbitri dialoghiamo col Var". Il racconto di Massa e Alassio
"Per la giustizia nel calcio, il Var: addio ai macro-errori che rischiano di compromettere l’esito di una partita o di un campionato", dicono i due arbitri
"Se vuoi fare una brutta figura, parla con gli arbitri, scoprirai le tue debolezze di carattere”. Queste parole le aveva pronunciate Vujadin Boskov: un attestato di stima verso la figura di quelle che alla sua epoca erano giacchette nere. Oggi le giacchette sono di diversi colori, seppur sempre monocromatiche, ma il piglio dei direttori di gara non è cambiato.
È cambiato, però, e non poco il modo di arbitrare: sono stati introdotti auricolari per favorire la comunicazione tra i componenti della terna (o quaterna, se si considera il quarto ufficiale), poi il Var, si è arrivati a rendere pubblici, seppur in differita e per episodi selezionati, i dialoghi tra la sala Var e arbitri e assistenti in campo. Passi in avanti dal punto di vista tecnologico: strumenti di supporto per chi dirige un incontro, ma non è raro leggere o sentire commentatori secondo cui Var e affini siano visti dal mondo arbitrale come un “fastidio”. Nulla di più sbagliato e a confermarlo sono stati Davide Massa e Stefano Alassio, arbitro e assistenti internazionali, tra i più esperti del panorama calcistico europeo. I due sono stati protagonisti di un incontro con gli studenti nel corso del Festival Orientamenti, organizzato a Genova dalla Regione Liguria.
A più riprese Davide Massa, oltre 190 partite dirette in Serie A e presenze in Champions ed Europa League, ripete come il Var sia stato “manna dal cielo”, e subito Stefano Alassio aggiunge: “Per ciò che riguarda la giustizia nel calcio, l’introduzione del Var per noi è stata fondamentale: possiamo discutere su un’interpretazione che può essere differente a seconda di chi valuta, ma non ci sono più i macro-errori che rischiano di compromettere l’esito di una partita o di un campionato. Chiaramente l’errore corretto dal Var resta uno sbaglio che abbiamo commesso e, come arbitri o assistenti, dobbiamo analizzare i motivi che ci hanno portato a sbagliare sul campo, per quanto poi sanato dalla tecnologia. Questo avviene sia dal punto di vista tecnico, sia dal punto di vista emotivo perché, soprattutto quando il Var era appena nato, di fronte a un errore subivamo un po’ psicologicamente il fatto di essere scoperti subito: prima accadeva dopo ore o addirittura giorni”.
Il dialogo con il Var, quindi, può essere salvifico. Ma il fatto che alcuni episodi siano ascoltabili da tutti, grazie alla novità introdotta dall’inizio di questa stagione, non ha cambiato il modo di relazionarsi tra arbitro di campo, assistenti e Var: “Da quando è stato introdotto l’uso dell’auricolare, e parliamo di molti anni prima del Var, abbiamo fatto un lavoro enorme a livello di comunicazione – evidenzia Alassio –. Studiamo ancora oggi come e quando intervenire, con che tono di voce: se uno ascoltasse per 90 minuti la nostra comunicazione si noterebbe il miglioramento che c’è stato nel corso del tempo, ma da quando sono pubblici gli audio di specifici casi non è che sia cambiato molto, perché tra noi parliamo come facevamo anche qualche anno fa. Ovvero con parole chiare, nette, precise in base alle esigenze”. Massa segue a ruota: “La comunicazione serve solo per prendere decisioni: serve essere diretti, con formule standard, che ci permette di arrivare al fischio o meno in quelle poche frazioni di secondo che abbiamo”. E quando i componenti della terna si conoscono da tempo, come nel caso di due imperiesi quasi coetanei come Massa e Alassio, “può bastare – spiegano – il tono di voce, il modo in cui una parola viene detta, per capirsi e arrivare alla decisione”:
Ma la tecnologia che oggi è “manna dal cielo” potrà arrivare a sostituire gli arbitri in carne e ossa? Massa non ci crede: “È una questione che ci riguarda poco perché tra poco smettiamo. Scherzi a parte, possiamo solo fare un pronostico: per me il fattore umano continuerà a fare la differenza. La tecnologia tra i giudici di gara è sempre più raffinata e lo sarà ancora in futuro, ma alla fine dietro alla macchina c’è sempre un uomo. Soprattutto parlando di calcio c’è da riflettere su una cosa: è uno sport di contatto e se un calciatore tocca la gamba di un avversario non è fallo in automatico. L’intensità, la dinamica non possono essere valutate da un robot: faccio fatica a pensare che possa accadere anche in un prossimo futuro”. Triplice fischio, anche questo è arrivato dall’arbitro.
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