Il Foglio sportivo - That win the best
La sfida per il 2024: lo sport deve lavorare per formare una nuova classe dirigente
Basta con le deleghe nel sistema elettorale sportivo, serve una vera ricerca delle competenze e un impegno serio per trovare dirigentii in linea con i tempi. Si tratta di un punto di partenza, ma sarebbe il segnale di una vera innovazione
Il 2023 è stato un anno importante per lo sport italiano. Lasciamo perdere per un attimo i grandi successi ai quali ci hanno abituato (ma dei quali non ci stancheremo mai) i nostri campioni, il nostro orgoglio nazionale.
Quest’anno è stato importante perché lo sport è entrato in Costituzione, perché è diventata legge la riforma sul lavoro sportivo, perché finalmente abbiamo un ministero per lo Sport (e persino con un ministro competente), perché sono rimasti i famosi tre mandati per i presidenti federali, perché vi è una sempre maggiore consapevolezza che lo sport è la medicina dei sani, che rende città e cittadini migliori.
Insomma detto così sembra tutto straordinariamente bello, tutto in ordine. Eppure abbiamo dentro un senso di insoddisfazione e ripetiamo tutti, come un mantra, che questo è solo un punto di partenza e non di arrivo; che c’è tanto da fare, che occorre un progetto di crescita e una modifica del sistema di respiro ventennale e che guardi al futuro con l’ottica della pianificazione.
Ci accompagna questa consapevolezza perché tutti siamo consci della necessità di innovazione e cambiamento, a fronte della voglia di poche oligarchie di potere di rimanere ancorate a logiche superate dalla storia. Il 2024 ci auguriamo che abbia forse meno svolte “epocali”, ma che donne e giovani rivestano finalmente ruoli adeguati e abbiano pari opportunità, che il sistema elettorale sportivo rinunci al sistema antidemocratico delle deleghe e consenta una partecipazione libera e non condizionata, che si trovino le giuste tutele non solo per il lavoratore sportivo, ma anche per il datore di lavoro sportivo, che si riconosca la centralità del ruolo degli over 60 nella pratica sportiva, perché alla aspettativa di vita deve necessariamente corrispondere la qualità della vita.
Vorremmo che ci fosse, finalmente, una vera ricerca delle competenze e un impegno serio per la formazione di una classe dirigente in linea con i tempi.
Si tratta di un punto di partenza, ma sarebbe il segnale dell’innovazione del sistema.
Perché non sia solo la “lettera a Babbo Natale” di una parte del mondo sportivo occorre una agenda fitta, una visione degasperiana che non premi futili e immediati consensi, ma guardi al futuro dello sport nel nostro paese. Questa sarebbe la vera medaglia olimpica da appuntare al petto, tanto attesa e per questo ancora più dolce.
Contraddicendo, per una volta, il motto di De Coubertain, l’importante non sarebbe partecipare, ma vincere. Mettendoci la faccia, come sempre.
Fabio Pagliara, Presidente Fondazione Sport City