IL FOGLIO SPORTIVO – IL RITRATTO DI BONANZA
Dal Var a Eriksson, è sempre una questione di tempo
Si è smarrito il senso del gioco, dell’azione, del gesto, scaraventando i nostri occhi dentro immagini che ad ogni passaggio successivo perdono di significato
È sempre una questione di tempo, nello sport come nella vita. Il calcio consuma le sue angosciose partite fatte di proteste arbitrali dentro un tempo disarticolato, dove tutto rimane indefinito, ingiusto, inutile, inspiegabile. Si è smarrito il senso del gioco, dell’azione, del gesto, scaraventando i nostri occhi dentro immagini che ad ogni passaggio successivo perdono di significato, sfocandosi. Il tempo intanto scorre, mortificato dalle nostre inutili parole. Se blocchi l’immagine, non blocchi il tempo, semmai lo corrompi e non è la stessa cosa. È a velocità naturale che si capiscono meglio i fatti. Per questo il calcio deve riportare l’uomo al centro, l’arbitro, lasciando che la tecnologia intervenga solo in caso di clamorosi errori. Giusto dare una regola pratica a questo suggerimento che è anche esistenziale. E questa regola, impone che si faccia come nel tennis, dove a chiamare la macchina è il giocatore, e solo per un numero limitato di casi. Nel calcio questo compito dovrebbe spettare alle panchine, una per frazione di gioco, per un massimo di quattro, bloccando il cronometro ogni volta che si ricorre al Var, per evitare ulteriori contestazioni legate all’uso dell’orologio.
Perché vedete, è sempre una questione di tempo. Boris Becker ha suggerito al suo nuovo pupillo, il danese Rune, di giocare di meno e pensare un po’ più, godendo di se stesso, della sua giovane età. Rune va sempre di corsa, anche tra un cambio di campo e l’altro. Sin qui, non deve aver compreso la differenza tra giocare e vivere, immaginando che siano due momenti distinti, quando non è così. Glielo ha spiegato Becker, un uomo che ha fatto tutto troppo velocemente, prima di ritrovarsi da solo, dentro una prigione, a meditare sull’uso scriteriato del suo tempo.
Tra poco, lo ha tristemente annunciato lui stesso, ci lascerà Sven Goran Eriksson amato allenatore di tante squadre tra cui Lazio, Roma, Sampdoria e Fiorentina. Nel suo passaggio in Italia abbiamo avuto l’opportunità di conoscerlo bene. Aveva un modo, lo svedese, di essere e di parlare, fuori dal tempo. Sembrava lento e invece era velocissimo nel capire tutto ciò che gli stava intorno, squadra, gente, città. E non per nulla è stato ovunque, tra l’Europa, l’America e l’oriente, perfettamente in simbiosi con tutte le culture di ogni posto. Una figura bella, mai litigiosa, intelligente e ironica, che il tempo adesso vorrebbe portarci via con troppa fretta. Come vorrei regalarti delle rose, o tempo, perché le spine potessero lasciar tra le tue mani, almeno il mio ricordo.