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Var, missione compiuta: sono aumentate le polemiche
Oltretutto la tecnologia applicata in questo modo, fornisce molti più alibi ai furboni come Mourinho
Gennaio è il più crudele dei mesi per noi giornalisti sportivi. È il tempo degli inutili bilanci di metà stagione, dei campioni d’inverno che a fine anno chissà dove saranno, delle illusioni di calciomercato, del non sapere come riempire pagine web e cartacee senza le coppe europee e le Nazionali. Ma, ogni due anni, è il tempo della Coppa d’Africa, un torneo inutile giocato in stadi orrendi di cui però bisogna dire gran bene perché non sia mai che poi dicono che siamo razzisti. Il fatto è che quasi nessuno segue il calcio africano, quindi è il momento in cui il collega nerd che segue campionati esotici ha il suo quarto d’ora di gloria, e ci spiega che il terzino sinistro del Gambia non è male o ci racconta la storia di un centrocampista dello Zambia figlio di uno stregone che andava agli allenamenti da bambino camminando scalzo per 20 chilometri.
Per fortuna ogni due anni si può rispolverare un grande classico sul calcio africano, le storie dei calciatori che hanno falsificato i propri documenti per sembrare più giovani (e poi dite delle donne, sessisti che non siete altro). Quest’anno Kanga Kaku, centrocampista della Stella Rossa e della Nazionale del Gabon, ha probabilmente battuto ogni record: sui suoi documenti c’è scritto che è nato nel 1990, peccato che sua madre sia morta nel 1986. Un brindisi a Kaku e alla sua faccia tosta, quasi come quella del presidente degli arbitri italiani, Carlo Pacifici, che si è detto stupito dalle critiche alla classe arbitrale della prima parte di stagione. Non so se Pacifici viva fuori dal mondo come un progressista qualunque, ma persino in Inghilterra ci siamo accorti che le partite della Serie A sono arbitrate completamente a caso.
Noi della Premier League vi avevamo avvisati subito, però, il Var è una cagata pazzesca, ed è riuscito a fare esattamente quello avrebbe dovuto evitare, aumentare le polemiche su gol annullati, rigori fischiati, espulsioni mancate (lasciando così ancora più alibi ai furboni come José Mourinho, del cui prepensionamento calcistico ormai si sono accorti tutti tranne i tifosi della Roma). Peggio di tutto ciò, e della stessa Coppa d’Africa, c’è – questa almeno ogni quattro anni – la Coppa d’Asia. Torneo ancora più insulso e di infimo livello, salutato da articoli tra il folkloristico e il razzista come “Lo stregone, il geografo, il CR7 dell’India: 10 storie dalla Coppa d’Asia”, le immancabili analisi di geopolitica del calcio e la finta esaltazione di Nazionali orrende come il Vietnam e il Qatar.
A proposito, leggo che i fenomeni del calcio europeo corsi dai sauditi solo pochi mesi fa si sono già rotti le palle e vorrebbero tornare a giocare a calcio lontano da cammelli e pozzi petroliferi. Tutto previsto, of course, alla faccia di chi a settembre ci spiegava che il futuro del pallone era lì. Scappino pure, loro. Io non mi muovo e resto al bancone del pub attaccato alla mia bionda.
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