Serie A
Mourinho è stato esonerato dalla Roma. Finita la sbornia, il malinconico hangover
Già prima della vittoria della Conference League la Roma giallorossa l’aveva divinizzato e iniziato a credere che lui e solo lui avrebbe potuto riportarli a lottare per lo scudetto. Non è mai successo. Ma Mou era comunque il talismano. Ora tocca a Daniele De Rossi
Tra la Roma e José Mourinho non andava bene da un po’, il dialogo era poco e le frecciatine molte. Va sempre così quando le non vittorie sono maggiori delle vittorie, quando ci si ritrova a inseguire le aspettative senza riuscire mai a raggiungerle: le colpe ricadono sull’allenatore, ci si saluta e si rinizia. Anche stavolta il copione è stato rispettato: la Roma ha esonerato José Mourinho. Eppure questa volta qualcosa di diverso c’è, perché è stata la dirigenza romanista a cercare di salvare il salvabile, mentre l’uomo un tempo della provvidenza picconava contro tutti, in una donchisciottesca battaglia contro gli arbitri, lamentandosi per giunta del mancato supporto della dirigenza.
Succede a volte nei rapporti che uno che vorrebbe lasciare l’altro e, non trovando il coraggio di farlo, inizi a far di tutto per farsi lasciare. Negli ultimi mesi José Mourinho ha dato l’impressione di aver adottato questa strategia. E la società ha dato l’impressione di voler far di tutto perché ciò non accadesse. Aveva pure dato il via libera all’addio di Tiago Pinto (saluterà dopo la chiusura del mercato di gennaio), sempre più critico nei confronti dell’allenatore e infastidito dal passare come capro espiatorio per gli scarsi risultati dei giallorossi.
Roma, quando c’è di mezzo l’Aesseroma, è un negozio di cristalli con tutti i prodotti esposti senza protezione e con le corsie strettissime. Basta un movimento sbagliato e arriva il patatrac. E Roma, il tifo almeno, ancora voleva bene a José Mourinho. Perché quando si inizia a sognare è difficile fare i conti con la realtà. E José Mourinho aveva fatto sognare Roma e l’Aesseroma. Il grande vincente che arriva in una città che non vince da troppo, perdipiù con i rivali della Lazio per due anni davanti in classifica. Già questo sarebbe bastato. Poi, nel primo anno, è arrivata pure la prima coppa europea, la Conference League, della storia del club, il derby vinto dopo quattro partite andate male (due sconfitte, una con Mou in panchina, e due pareggi).
La Roma giallorossa l’aveva divinizzato, aveva soprattutto iniziato a credere che lui e solo lui avrebbe potuto riportarli in alto, a lottare di nuovo per lo scudetto. Non è mai successo, ma Mourinho, in un modo o nell’altro, era la garanzia che tutto ciò sarebbe potuto ricapitare.
È strano a volte il rapporto con i colori a cui si vuol bene. Subentrano delle strane fughe dalla razionalità che portano a credere a qualcosa anche contro l’evidenza. E così più Mourinho si complicava la vita ricercando il se stesso che è stato, più la Roma andava male, più gran parte dei tifosi si affezionava a lui.
Serviva uno choc per ridestare tutti. La dirigenza della squadra ha temporeggiato a lungo, ha rinviato il momento, timorosa di dare un’altra delusione ai suoi tifosi. Poi non ha potuto non agire. José Mourinho da oggi è un passato dolce e amaro, una sbronza colossale e gaudente che si è chiusa con postumi malinconici.
La Roma, per sostituire José Mourinho, ha deciso di puntare su Daniele De Rossi.
L'ex Capitan futuro, poi capitano della Roma a tutti gli effetti quando Francesco Totti ha dato l'addio al calcio, sarà l'uomo attorno al quale la Roma cercherà di salvare una stagione che al momento vedrebbe i giallorossi fuori dalle coppe europee il prossimo anno. La dirigenza ha scelto di puntare su di un allenatore che della Roma è stato un pezzo di storia e che conosce bene una piazza complessa. La sua prima esperienza in panchina, alla Spal, è stata fallimentare. Ora ci riprova, forse nel posto più difficile. Ma sia la Roma sia lui hanno bisogno di ripartire e dare un taglio al recente passato. Chissà che l'accoppiata non funzioni.