a canestro
L'ennesima notte da dominatore dell'Nba di Joel Embiid
Il camerunense ora fa parte dei nove giocatori capaci di raggiungere quota 70 in una partita. A nessuno erano mai bastati 37 minuti sul parquet per arrivare a tanto
È finita a bottiglie d’acqua gelata in faccia. Il protagonista in preda all’euforia dello spogliatoio: si accartoccia su sé stesso, tra le smorfie di sconforto. Come un bambinone qualunque travolto dalla partita della vita – dieci, venti canestri e al prossimo allenamento pizzette per tutti. Solo che si tratta di Joel Embiid. E della sua ennesima notte da dominatore dell’Nba. La più fulgida: 70 punti, 18 rimbalzi e 5 assist che hanno trascinato i Philadelphia 76ers alla vittoria su San Antonio. Il camerunense entra così nel gotha dei soli 9 giocatori capaci di raggiungere quota 70 in un colpo. Ma nessuno ci era mai riuscito con una prestazione a tutto tondo – onnipresenza sotto canestro, a servizio dei compagni. E a nessuno erano mai bastati 37 minuti sul parquet. Che tutto questo sia accaduto nel 18esimo anniversario degli 81 punti di Bryant contro Toronto aggiunge semplicemente altro pepe alla storia. “È buffo”, concede Joel. “Kobe è il mio idolo e penso di averlo onorato al meglio: senza di lui oggi non sarei qui”.
Avrebbe potuto diventare un pallavolista, Embiid. O un calciatore. Poi, a 15 anni, gli capitò di vedere due cose che cambiarono la rotta. Un filmato di Hakeem Olajuwon, per intuire il profilo tecnico a cui aspirare. E le Finals del 2010 tra i Lakers e Boston, col 24 gialloviola dominatore, per capire come ispirare gli altri. “Sono soltanto felice se Wembanyama si sente spronato dalla mia prestazione”, continua Embiid nel postpartita. “È il motivo per cui ho iniziato a giocare a basket, volando in America con indosso la canotta di Kobe”.
Quando siamo ormai alla sua ottava stagione da professionista, il 21 di Philly continua ad alzare l’asticella. Miglior marcatore dell’Nba nel 2022. Mvp della regular season 2023, nonostante le critiche di molti osservatori – a partire da un illustre collega di pitturato come Shaquille O’Neal. Ora, alla soglia dei 30 anni, Embiid tiene fede al suo reclamatissimo soprannome – The Process, ‘processo’ ma anche ‘percorso’ – ritoccando ogni migliore versione di sé. Segna almeno 30 punti da 21 gare consecutive. Cattura rimbalzi (11,6) e smista più assist che mai (5,9). Difende duro, rimpolpando le statistiche anche alle voci stoppate (1,9) e palle recuperate (1,2). E appena gli avversari gli sbarrano la via del canestro, lui risponde con dei jumper dalla distanza sempre più vellutati. Da autentico centro moderno. Per inciso, il record più recente non deve stupire: Joel è anche il numero uno di sempre per punti realizzati a minuto. 0,87. Cinque centesimi sopra Doncic, altri cinque sopra Jordan.
Ricorrono i nomi più grandi perché Embiid è fra i più grandi. Nemmeno una settimana fa, i 76ers hanno perso una spettacolare sfida contro i Denver Nuggets campioni in carica nonostante l’ennesimo show del loro leader, 41+7+10. A fine gara, Nikola Jokic ferma Joel per un iconico abbraccio a bordo campo. “Parliamo di un fuoriclasse: il suo modo di giocare passerà alla storia”. Attorno al camerunense restano due incognite: la significativa propensione agli infortuni – non ha mai giocato più di 68 gare a stagione, quest’anno ne ha già saltate 10 – e il calo di rendimento quando più conta – leggasi playoff. Era quel che rimproveravano anche a Jokic, prima che vincesse l’anello.
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