Serie A
Marco Baroni non può fare altro che la conta di chi è rimasto all'Hellas Verona
Alla lunga lista di cessioni si sono aggiunti Ngonge e Djuric. Ora per l'allenatore centrare la salvezza coincide con il fare un'impresa. E il futuro della società veronese è sempre più fosco
Qualcuno salvi il soldato Marco Baroni. I problemi che stanno circondando il mondo Hellas Verona in questi mesi, le cui esatte dimensioni potranno essere capite soltanto con il passare del tempo, hanno con ogni probabilità suggerito una clamorosa rivoluzione nel corso del mercato di gennaio, vissuto fin qui all’insegna delle cessioni dei pezzi grossi. Il giocattolo che il tecnico aveva faticosamente assemblato nel corso delle ultime settimane del 2023 è stato via via smantellato: il primo a fare la valigia è stato Isak Hien, nel mirino dell’Atalanta già dall’estate. Una scelta anche comprensibile visto il cambiamento tattico voluto da Baroni, passato a stagione in corso alla linea a 4 e a una difesa meno improntata sull’aggressione alta agli attaccanti avversari. È stato solo l’inizio di una valanga. Terracciano al Milan, Hongla al Granada, Faraoni alla Fiorentina, Doig al Sassuolo.
Gli ultimi due colpi in uscita, però, sono quelli in grado di mandare al tappeto anche un elefante. E se la cessione di Cyril Ngonge direzione Napoli è quantomeno giustificabile da un notevole incasso, perché i 18 milioni più bonus versati dalla società di De Laurentiis non solo rappresentano una maxi plusvalenza rispetto al milione e 300mila euro versato dall’Hellas al Groningen un anno fa, ma sembrano anche una cifra superiore al valore di mercato del giocatore per il quale, non a caso, a inizio sessione trasferimenti si parlava di cifre attorno ai 12 milioni, quella di Milan Djuric al Monza ha invece il sapore della resa definitiva. L’Hellas, nel giro di una settimana, perde il suo miglior realizzatore (Ngonge, 6 gol), un giocatore elettrico, capace di creare occasioni dal nulla, e un centravanti che certamente non appaga il gusto degli esteti ma che da solo, pur con tutti i suoi limiti, costituisce un sistema offensivo: palla lunga su Djuric è stata la ricetta vincente del Verona nel girone di ritorno dello scorso anno così come lo era stata per la Salernitana un anno prima. È un sistema rudimentale, antiquato, eppure tremendamente efficace quando c’è da sgomitare per la salvezza: il bosniaco è una garanzia nei duelli aerei e il suo modo di giocare crea spazi e opportunità per i compagni.
Il Verona lo cede per 500mila euro, costringendo il tecnico a ricominciare da capo, ancora una volta: inserirà probabilmente Henry al suo posto (ammesso che non arrivi un’offerta anche per lui) e proverà a valorizzare chi è rimasto in rosa, da Suslov, molto positivo nelle ultime uscite, al recupero di Saponara, che fino a questo momento è rimasto ai margini ma adesso è tornato in rotazione anche solo per una mera esigenza numerica. Dopo essersi già inventato Tchatchoua terzino destro per via dello smantellamento di quella corsia, Baroni dovrà pescare dalla propria fantasia altre soluzioni, nella speranza che i giovani rinforzi arrivati fin qui (Tavsan e Noslin) possano colmare anche solo in parte il gap lasciato dalla partenza di Ngonge e che Henry torni quello della prima metà di stagione al Venezia.
In attesa di capire cosa succederà da qui al primo febbraio, visto che sembrano pronti a partire anche elementi fin qui marginali come Amione, Gunter e Bonazzoli, con l’obiettivo palese di svuotare il monte ingaggi del club, ma anche un titolare inamovibile come Dawidowicz, Baroni continua a fare la conta dei sopravvissuti nella speranza che la fine del mercato arrivi in fretta, anche soltanto per sapere con chi potrà dare l’assalto alla salvezza. Per rimanere in A servirà un’impresa. Il futuro della società, invece, sembra sempre più fosco, con la battaglia legale tra il patron Setti e l’ex proprietario dello Spezia Gabriele Volpi ancora ben lontana dalla conclusione.