a melbourne
Che bello vedere Sinner e poter dire: l'Australian Open è solo l'inizio
L'altoatesino porta il tennis italiano lassù dove non era mai stato. Ma dopo essersi tolto lo sfizio Slam, il prossimo obiettivo è il numero 1 nel ranking
Quel lasciarsi cadere per terra, dopo aver fatto la storia, è stato il sollievo di un'intera nazione. Jannik Sinner ingaggia il solito scambio a velocità folli con Daniil Medvedev. Ma non è un punto come gli altri. E' il punto che gli deve dare il primo Slam della carriera. Così l'altoatesino va lungolinea, poi incrocia, e quando il russo lo inchioda nell'angolo esplode un dritto che muore accanto alla riga. E' fatta: è il nuovo campione degli Australian Open.
E insomma aveva sbagliato a non giocare le qualificazioni in Coppa Davis. Gli avevano fatto pesare di non essersi presentato da Mattarella al Quirinale. Insospettisce qualche editorialista perché continua a non avere la residenza fiscale in Italia, ma a Montecarlo. A Jannik Sinner, solo per restare agli ultimi mesi, gliele hanno dette di tutti i colori. Lui ha preso e ha zittito tutti. Prima ha riportato la Davis in Italia dopo 47 anni. Poi ha completato il capolavoro vincendo l'Australian Open, il primo nella storia del tennis italiano, a 48 anni dal successo di Adriano Panatta al Roland Garros e 74 da quelli di Nicola Pietrangeli, sempre a Parigi. E pensare che la partita s'era pure messa malino, con il russo Medvedev che nei primi due set aveva dato ampio sfoggio del suo tennis complicato da leggere, tutto anticipi e colpi che sfondavano la resistenza dell'italiano. Ma ha avuto la forza di restare in partita, è s'è tolto lo sfizio di rimontare di due set con un'inerzia che già all'inizio del quarto lo faceva apparire come il favorito. Esaltando pure uno come Nick Kyrios, in commento su Eurosport. Durante un scambio interminabile di 27 colpi, vinto da Sinner, il tennista australiano s'è messo a urlare: "Sinner is the king".
"Vorrei che tutti avessero dei genitori come quelli che ho avuto io. Mi hanno lasciato scegliere senza pressione. Auguro a tutti i bambini la libertà che mi hanno lasciato i miei genitori", ha detto alla fine del match Jannik, il più giovane vincitore dello slam australiano dai tempi di Novak Djokovic nel 2008. E davvero, nella corsa per raggiungere il suo team sugli spalti, riempirgli di abbracci ricordando che "ognuno di loro è importante per me", nel dire che "Daniil mi ha costretto a migliorarmi", c'era tutta la grandezza di un talento oramai sbocciato in campione. Quasi che la posizione numero quattro al mondo gli stia stretta, visto quanto s'è trovato a dominare tra la fine della scorsa stagione e l'inizio di questa. Ha battuto Djokovic in tre confronti su quattro, ha superato Medvedev per la quarta volta di fila. Son numeri che raccontano di una costruzione che viene da lontano. E che per arrivare ai successi di oggi ha contemplato pure scelte dolorose fatte nel passato, come l'addio dallo storico allenatore Riccardo Piatti che ricorre proprio in questi giorni.
Qualche anno fa, era il 2019, avemmo la fortuna di assistere alla partita tra Sinner e Musetti, prequalificazioni degli Internazionali d'Italia. Entrambi non erano neppure 18enni. Vinse l'altoatesino. Allora ci avvicinammo alla sua panchina, alla fine del match. L'unica cosa che voleva, già allora, era diventare il più forte di tutti. Dove voglio arrivare? Molto in alto, ci disse, gli occhi rivolti a mondi lontani, a trofei da innalzare. Chissà cosa penserebbe il Sinner di cinque anni fa del ragazzo di oggi, steso per terra a guardare il cielo australiano dopo essere stato incoronato il più bravo di tutti. Forse che miglior modo per ricompensare i propri sforzi e i propri sacrifici non c'è. Che spazio per coppe come quella vinta oggi ce n'è ancora tanto, a casa. E' la prima. Ma che bello sapere che è solo l'inizio.