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La Danimarca è la nuova terra promessa del calcio africano

Andrea Romano

Nel 2015, l'accademia calcistica creata in Africa da un ex talent scout del Manchester United ha acquistato il club danese del FC Nordsjaelland. E ora dà una possibilità nel calcio europeo ai migliori talenti africani

Vendere i propri pezzi migliori non significa necessariamente smantellare una squadra. Perché ci sono casi in cui il rafforzamento di un club passa proprio per il sacrificio di una pedina fondamentale o di un giovane dal talento ancora acerbo ma allo stesso tempo abbacinante. È il meccanismo diabolico del player trading, l’arte di comprare giocatori a quattro soldi e rivenderli a cifre elevate nel tentativo di rafforzare la propria rosa. È un gioco rischioso, ma in caso di successo può portare a risultati straordinari.

Nei giorni scorsi il Cies, l’osservatorio sul calcio con sede a Neuchâtel, in Svizzera, ha stilato una classifica che mette uno dietro l’altro i club che sono riusciti a sfruttare meglio il player trading. E i risultati sono sorprendenti. In cima alla graduatoria c’è il Lille, che fra il 2014 e il 2023 ha speso 241 milioni di euro per i cartellini di calciatori (le cessioni dei giocatori cresciuti nel proprio vivaio non vengono prese in considerazione e questo è un punto fondamentale della faccenda) che poi sono stati rivenduti a 627, con un guadagno netto di 386 milioni.

Il dato più interessante, però, è un altro. Perché scartabellando fra le cifre ci si imbatte nel caso piuttosto singolare del Nordsjaelland, squadra danese che rappresenta l’agglomerato di Farum, che a partire dal 2007 è stata accorpato a Vaerløse, finendo così per formare il Comune di Furesø, un centro di quarantamila anime nell’est del paese. Una storia da mal di testa che si porta dietro un caso ancora più curioso. Negli ultimi dieci anni il piccolo club ha investito tre milioni di euro nei cartellini di giocatori che sono stati rivenduti a 126. Ossia a quarantadue volte la cifra iniziale. Un numero di prestidigitazione. O forse no. La maggior parte degli introiti sono arrivati dalle cessioni di Simon Adingra (finito al Brighton per 8 milioni), Kamaldeen Sulemana (ceduto al Rennes per 17), Mohammed Kudus (finito all’Ajax per 9), Mohamed Diomande (Glasgow Rangers, 5 milioni), Ibrahim Sadiq (AZ Alkmaar, 4 milioni), Abu Francis (al Cercle Bruges per mezzo milione), Isaac Atanga (3.6 milioni al Cincinnati) ed Ernest Nuamah (venduto i belgi dell’RWDM per 25 milioni).

Sono nomi diversi ma che hanno parecchio in comune fra loro. Sono tutti africani, sono arrivati tutti in Danimarca intorno ai diciotto anni, sono stati acquistati tutti dopo il 2015 e sono stati pescati tutti nella Right to Dream, la più grande accademia calcistica africana.

Un po’ Hogwarts, un po’ Amici di Maria De Filippi, la scuola si pone l’obiettivo di mettere in condizione i giovani talenti di ambire all’eccellenza. L’incipit della storia è stato scritto del 1999, quando Tom Vernon, un ex talent scout del Manchester United in Africa, si trasferisce ad Accra per lavorare come assistente allenatore degli Hearts of Oak. Secondo quando raccontato al Guardian da Jason Stockwood, presidente del Grimsby Town, l’uomo "strinse amicizia con un giovane calciatore con grandi sogni ma senza una squadra per cui giocare. Tom e la moglie Helen, altrettanto visionaria e resiliente, furono ispirati da questo giovane a fondare una squadra locale. Quando hanno visto che molti dei bambini avevano difficoltà ad accedere a tutte le loro esigenze di studenti e atleti, hanno aperto la loro casa a 16 ragazzi e hanno iniziato a destreggiarsi tra i loro impegni professionali e la loro nuova accademia e scuola improvvisata".

Poco a poco l’accademia ha iniziato a prendere una forma più precisa e concreta. Ma anche a strutturarsi grazie all’arrivo di importanti professionalità. Proprio come la dottoressa Pippa Grange, psicologa dello sport di fama mondiale che ha aiutato l’Inghilterra di Gareth Soutghate a creare "una nuova cultura della sicurezza psicologica" e che ha contribuito a sviluppare i concetti di "biogeografia" e "psicologia ecologica".

Il manifesto della Right to Dream è molto interessante. L’accademia si autodefinisce un "gruppo di sognatori" e si professa convinta che "l’eccellenza si possa trovare ovunque", mentre le condizioni giuste per farla emergere siano più difficili da creare. Gli scout della Right to Dream sono "addestrati a individuare giovani talenti con eccezionali capacità calcistiche, potenziale educativo e il giusto carattere" e setacciano oltre 180 comunità locali sparse per l’Africa. E i numeri sono impressionanti. Perché ogni anno l’accademia osserva e valuta più di centomila bambini. Quelli che vengono considerati più interessanti vengono immersi in un "ambiente olistico", un "ecosistema di opportunità" dove vengono sottoposti a un programma "trasformativo" che comprende allenamenti calcistici intensivi, un percorso accademico elitario e un processo di sviluppo del carattere. Agli studenti che non riescono ad affermarsi nel mondo dello sport di alto livello viene offerta la possibilità di frequentare scuole importanti negli Stati Uniti e nel Regno Unito grazie a una serie di borse di strudio. Ma non finisce qui. Nel 2015, infatti, l’accademia ha acquistato proprio il FC Nordsjaelland, diventato la prima organizzazione africana a comprare un club europeo. L’impianto cittadino da 15mila posti ha cambiato nome ed è stato ribattezzato il "Right to Dream Stadium".

Da qui il percorso è abbastanza chiaro.

Ai migliori giovani calciatori viene offerta la possibilità di giocare per il Nordsjaelland. E di entrare nel calcio e nel mercato europeo. Negli ultimi sette anni il club danese ha attinto a mani piene dall’accademia, che è diventata a tutti gli effetti un’entità parallela al proprio vivaio, un bacino in cui pescare talenti cresciuti "in casa" per poi cederli a caro prezzo. Con soli 8 giocatori il Nordsjaelland ha generato 72 milioni di plusvalenze. Ma sono tantissimi i calciatori che il club danese ha immesso nel calcio europeo. E non tutti con la stessa fortuna. Fra di loro ci sono Maxwell Woledzi (ceduto al Vitoria Guimaraes per 100 mila euro), Abdul Mumin (ora al Rayo Vallecano) Emmanuel Ogura (girato in prestito quest’anno al Randers), Yannick Agnero, Willy Kumado (passato al Lyngby), Moussa Sangare (svincolato dopo essere finito alla Dinamo Tbilisi), Emeka Nnamani (che ora gioca al Nyköbing FC, nella terza serie danese), Clinton Antwi (ora in forza ai finlandesi del Kups), Godsway Donyoh (che gioca in Israele nell'Hapoel Hadera).

Tenere la contabilità dei giovani africani che hanno vestito la maglia del Nordsjaelland è praticamente impossibile. Eppure il club non ha raggiunto grandi risultati sportivi. Lo scorso anno ha chiuso al secondo posto dietro al Copenaghen, mentre nelle precedenti stagione ha veleggiato a metà classifica. Eppure il modello Right to Dream è in forte espansione. Nel 2021 l’accademia ha stretto un accordo da cento milioni con il gruppo Mansour per accelerare il suo processo di crescita. Così nello stesso anno è stato acquisito il club egiziano FC Tut ed è stata costruita un’accademia con un centro residenziale per i calciatori, mentre nel 2024 è stata aperta una nuova filiale a San Diego, negli Stati Uniti. La speranza è di replicare quanto costruito con il Nordsjaelland e creare nuovi mercati per i calciatori africani. 

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