Crocicchi #23
Quelli che subentrano, ossia l'importanza di far fruttare i minuti concessi
Nel Milan Luka Jović assume sempre più i connotati della provvidenza quando entra in campo. Ma sono tanti i giocatori capaci di essere più utili entrando a partita in corsa che partendo dal primo minuto
Il valore della speranza. Che non è un film neorealista di Pietro Germi, ma né più né meno ciò che muove a seguire novanta minuti di pallone, roba impensabile per coloro che sono nati ben dopo il Duemila: come a fantacalcio, tutto sta nell’allocare le risorse ottimizzandole, e poi ci si affida, perché la situazione non dipende più dall’artefice. Per questi motivi, un 3-2 in rimonta è forse il risultato più bello che ci sia, per chi lo consegue e certo non per chi lo subisce (pure in precedente vantaggio per 1-2): il doppio ribaltone è gioia e adrenalina, chiedere al Bologna per qualcosa in più.
Sempre più allenatori dichiarano l’importanza di chi subentra o addirittura non trova spazio in campo, nel maxicalcio di oggi dove bisogna stare sempre concentrati e non inficiare l’umore collettivo: ma non è da tutti rendere bene partendo dalla panchina, senza avanzare pretese di titolarità o minacciare di andarsene dove si può racimolare qualche minuto in più. Quelli che non rompono sono i preferiti dei mister: gli “spare”, i ricambi di scorta, i vice che curiosamente - è il caso scientifico dei centravanti della Lazio - funzionano meglio quando chi parte dall’inizio stenta.
Eccoli, gli addetti alla manutenzione dei crocicchi, i routiniers del lavoro ingrato cui nessun Wim Wenders dedica un trailer: Roberto Piccoli il recidivo, Patrick Dorgu l’occasionale, Alexis Saelemakers che firma l’opera già completa. Uno come Cyril Ngonge avrebbe dato qualsiasi cosa pur di non segnare all’Hellas Verona, eppure le carte mescolate da Walter Mazzarri (con Jesper Lindstrøm più arretrato e il redivivo Pasquale Mazzocchi) hanno recapitato verso il suo piede la palla decisiva per l’inizio dell’ennesimo ribaltone di giornata.
Tutti costoro hanno segnato, hanno prodotto assist e superiorità: ma soprattutto Luka Jović assume sempre più i connotati della provvidenza, e nemmeno il più ottimista ci avrebbe preso. Come il penultimo Luis Muriel, il meme svincolato Felipe Caicedo e, più indietro nel tempo, José Altafini tardobianconero, il centravanti serbo si sta ritagliando in questa stagione i panni del salvatore, quando molto appare compromesso per Stefano Pioli nei campi di provincia, a Frosinone come a Udine. Di fisico, di rapina, di tempismo: improvvisamente non pare più un sacrilegio attaccare con due uomini d’area. E la naturale consunzione di Oliver Giroud, pure di là da venire, all’improvviso fa meno paura.
Elogio dei panchinari seriali, dunque, che cominciano a terrorizzare già quando si alzano e appare il loro numero di maglia nel display del quarto uomo: portano punti in classifica e tornano a lavorare nella penombra, rinviando al mercato estivo le soluzioni strutturali di tante squadre vecchie e logore, a fine ciclo, da ricostruire. C’è chi si è mosso in anticipo nella sessione di mercato, come il Napoli, resosi ormai consapevole dell’estrema velocità nei processi di maturazione; e chi alla scossa arriverà giocoforza in estate, per rincorrere le residue chance di non promettere altro che noia.