Il Foglio sportivo
Milano ha abbandonato il ciclismo
Prima ha perso la Sei giorni, poi è rimasta senza Giro d'Italia, ora ha voluto farsi sfuggire anche la partenza della Sanremo
Fu nel dicembre del 1995 che sui muri di Milano iniziarono ad apparire dei cartelloni pubblicitari per annunciare che dal 6 all’11 febbraio seguenti sarebbe tornata dopo un decennio la Sei giorni. Su questi c’era scritto, oltre date e luogo (il FilaForum, oggi Forum di Milano, insomma il palazzetto dello sport che sta ad Assago), il claim: “Perché Milano è la capitale del ciclismo”, tutto in maiuscolo.
Ne era fiera allora Milano di ritenersi la capitale del ciclismo. E lo era davvero Milano la capitale del ciclismo. Lo è diventata nei primi anni del Novecento, scansando Alessandria. Lo è diventata un po’ perché lì per prima gli artigiani della bicicletta diventarono industriali della bicicletta; un po’ perché c’era la Gazzetta dello sport che sul ciclismo puntava assai, visto che era lo sport più seguito, e quindi c’erano un sacco di corse che o partivano o arrivavano a Milano; soprattutto perché oltre a queste c’erano riunioni su pista o gare in circuito praticamente quasi tutte le settimane.
Arrivavano a Milano il Giro d’Italia e il Giro di Lombardia, ci partivano la Milano-Sanremo, la Milano-Torino, la Milano-Vignola, la Milano-Mantova, la Milano-San Pellegrino, la Milano-Modena, che tra il 1917 e il 1929 era una delle corse con il montepremi più alto di tutto il calendario.
Una alla volta queste corse sono scomparse. E nel frattempo Milano si dimenticava dei pomeriggi al velodromo Vigorelli e in seguito anche del Vigo, che se non fosse per un’associazione di volontari quell’ovale che ha fatto la storia del ciclismo non ci sarebbe nemmeno più. L’arrivo del Giro di Lombardia l’aveva già perso da tempo, ma lì Milano non c’entra, c’entra piuttosto che il ciclismo è cambiato. Così come la Sei giorni. Riportata in auge per qualche anno tra gli ultimi anni Novanta e i primi Duemila, è stata presto messa da parte. Il Forum serviva per altro e affittare un’ovale su cui far correre i pistard costava troppo.
Pure il Giro d’Italia arriva sempre meno a Milano, nonostante sia lì la sede di Rcs. D’altra parte il Giro costa e si vede che a Milano non interessa aprire il portafoglio.
Gli rimaneva la Sanremo. È sparita pure la Sanremo. Un anno fa partì da Abbiategrasso e spiegarono che la scelta fu dettata da problemi organizzativi perché il giorno dopo il capoluogo lombardo avrebbe ospitato la Stramilano. Quest’anno il 16 marzo la Milano-Sanremo partirà da Pavia e non perché c’è la coincidenza con la Stramilano (che si corre il 24) per permettere così “il passaggio da San Zenone al Po”, il paese di Gianni Brera, anche se non si capisce perché visto che il 2024 non è anniversario tondo né della nascita né della morte. Tant’è. Ci sarà l’inchino al Giuanbrerafucarlo.
È mica un problema l’abdicazione. Mica ha scelto la Milano di oggi di essere stata la capitale del ciclismo. Non c’è problema considerare questo sport una seccatura per il traffico e la chiusura delle strade. Fa solo strano che accada in questi anni nei quali la bicicletta sta tornando nelle strade, le Sei giorni stanno tornando nei velodromi, e chi non ha grandi corse le vorrebbe avere. Come l’ex sindaca di Berlino, Franziska Giffey: “Abbiamo ricevuto la proposta per la creazione di un nuovo grande evento ciclistico. L’abbiamo valutata e ci è sembrata estremamente attraente. Legare il nome di Berlino a una grande corsa ciclistica vuol dire portare Berlino a un livello superiore”. Milano le aveva, se ne è liberato di tutte.