La sorpresa
La Coppa Italia di basket è diventata favola. Napoli vince la più incredibile delle finali
Dopo Brescia che un anno fa sorprese Bologna, arriva il trionfo della GeVi: batte con merito l'Olimpia Milano, costretta a inseguire per tutta la partita. Un bel segnale per una città che la pallacanestro lo ha sempre amato, ma che spesso se ne è dimenticata
La Coppa Italia di basket si è trasformata in una favola. Ogni anno si inventa una Cenerentola diversa da premiare. Dopo Brescia che un anno fa sorprese Bologna, ecco Napoli, la più imprevista e imprevedibile delle vincenti anche se GeVi, il nome della squadra sta per Generazione Vincente. Ha meritatamente battuto l’Olimpia, costretta a inseguire per tutta la partita dopo esser arrivata fin lì viaggiando sul velluto contro Trento e Venezia, stracciate più che battute. Sulla carta non avrebbe dovuto esserci partita. Troppa differenza di denari e di talenti. Eppure la GeVi aveva già battuto Milano in campionato a inizio anno. Ma non voleva dire nulla, questa era una Milano che sembrava aver messo la faccia giusta per mordere. Invece era solo una maschera e la freschezza di Napoli gliel’ha fatta cadere sul più bello, sotto gli occhi di Giorgio Armani arrivato fin qui da Milano con la speranza di alzare un trofeo.
Invece alla fine sotto i coriandoli ci finiscono i ragazzi di Igor Milicic, il giramondo croato con passaporto polacco, arrivato a Napoli quest’anno. La più incredibile delle finali, magari non la più bella dal punto di vista estetico, ma certamente una delle più combattute con Milano sempre ad inseguire e con la palla in mano (prima che Napier ci inciampasse sopra) per arrivare almeno ai supplementari. Era dal 2006 che Napoli non la vinceva e mai avrebbe pensato di farcela quest’anno quando a cinque minuti dalla fine della semifinale contro Reggio Emilia, doveva ancora recuperare 12 punti. Invece ha vinto il supplementare con Ennis che dopo aver dormito per tre quarti si è svegliato nell’ultimo periodo e alla fine è stato eletto anche miglior assistman delle finali e soprattutto con il canestro decisivo di Michael Sokolowski diventato poi mvp della finale. Napoli ha tirato con il 54,3% da due e con il 21,5 da tre. Non ha certo fatto una partita perfetta. Ma ha tenuto Milano, che la sera prima aveva toccato per la prima volta quota 100, a soli 72 punti. Ha vinto perché è riuscita a non farsi prendere dal braccino quando il traguardo si avvicinava, ha vinto perché ha lottato su ogni pallone, credendoci sempre anche quando alla fine Shields sembrava essersi svegliato dopo aver spadellato 11 tiri di fila, lui che contro Venezia aveva segnato anche dagli spogliatoi.
Milano che un anno fa uscì al primo turno, quest’anno sembrava avere l’atteggiamento giusto per riprendersi una coppa Italia che sarebbe stata la decima del suo allenatore. Invece Milano si è fermata dopo due partite quasi perfette. Come le capita spesso in Eurolega quando dopo due quarti da favola ne infila regolarmente uno da incubo e dà un calcio al secchio con il latte appena munto, per usare una metafora cara ad un grande del nostro basket. Quale sia il male di Milano non lo ha capito fino in fondo neppure Ettore Messina che finora ha perso 15 volte in Europa, 6 in campionato e 2 tra supercoppa e coppa Italia. Troppe macchie sul vestito di una regina annunciata. I fuochi d’artificio di Napoli sono solo l’ultimo campanello d’allarme sulla stagione dei campioni d’Italia che avrebbe dovuto portare in ben altri giardini, tra le grandi d’Europa, invece di fermarsi a vedere Diletta Leotta di spalle che celebra il successo della Generazione Vincente Napoli. Di nome e di fatto.
Un bel segnale per una città che il basket lo ha sempre amato, ma che spesso se ne è dimenticata. Fare pallacanestro, anzi fare sport, sotto il Vesuvio non è esattamente una cosa facile. Sarebbe bello se attorno a questa coppa si risvegliasse un amore. La favola c’è già ed è quella ricordata dalla Giornata Tipo, la storia di Andrea Mabor Dut Biar, che sette anni fa era nascosto sotto un tavolo a casa sua in Sud Sudan mentre fuori sparavano tutti. Uno zio lo ha salvato e messo su un aereo in direzione Roma dove alla Stella Azzurra ha trovato una casa e una speranza. A 22 anni con Napoli ha messo una medaglia al collo. Il basket gli ha salvato la vita. E non conta che non abbia giocato un minuto.
Il Foglio sportivo - In corpore sano