Il Foglio sportivo
La Serie A a diciotto squadre non è una cattiva idea
L’anno prossimo c’è chi potrebbe giocare 90 partite. Si rischiano stanchezza e infortuni. Almeno parliamone
Urbano Cairo l’ha chiamata superleghina vincendo l’oscar per la miglior definizione del tentato golpe. Un titolo degno della vecchia Gazzetta che aveva celebrato il Mondiale 2006 con un “Tutto Vero” passato alla storia. La proposta di Inter, Juve, Milan e Roma di ridurre a 18 squadre la Serie A è stata bocciata dalle altre 16, come prevedibile. Ma l’importante era porre il problema, cominciare a parlarne perché se poi la si guarda bene la proposta non è così irricevibile. È quasi un atto d’amore per i calciatori che nel 2024/25 arriveranno a giocare l’11 per cento di partite in più grazie alla nuova Champions League che si gonfierà da 32 a 36 squadre e al neonato Mondiale per club in calendario tra giugno e luglio 2025. Prendete un calciatore italiano che veste anche la maglia azzurra: tra il primo giugno 2025 e il 30 giugno 2026 potrebbe arrivare a giocare 90 partite (67 come minimo). Numeri da Nba. Con la differenza che la stagione regolare del basket americano è una passeggiata sulla spiaggia, mentre in Serie A ogni partita assomiglia a una guerriglia.
Portare a 18 le squadre di Serie A significherebbe togliere 4 partite a ogni club. Un mese di partite con un calendario normale. Certo ci sarebbero due incassi in meno, abbonamenti e diritti tv andrebbero rinegoziati, ma forse è meglio pensarci adesso prima di ritrovarsi con giocatori stanchi o peggio infortunati sul più bello. Già quest’anno il numero degli infortuni è altissimo, 686 in Premier e 679 in Serie A secondo gli ultimi dati. Se il numero di partite sale i rischi aumentano e la possibilità che la qualità del gioco cali è concreta.
La Serie A è già stata a 18 squadre dal 1988/89 al 2004/5. Ricordate? Era il campionato più bello del mondo. E in quegli anni le nostre squadre dominavano in Europa vincendo 5 Champions (e 5 finaliste) e diventando la prima nazione ad avere tre squadre in semifinale. Oltre a conquistare anche 8 Coppe Uefa e 7 Supercoppe Europee. Erano gli anni d’oro. Gli anni in cui Milan, Inter e Juve spendevano più delle altre e vincevano. Non tutto è merito di quelle quattro partite in meno, ovvio. Ma sono tutti dati da mettere sul tappeto per una valutazione corretta. In fin dei conti a 18 squadre c’è già la Bundesliga e a 18 è scesa quest’anno la Ligue 1 con un buon effetto sul campionato dove la classifica è più corta dello scorso anno (solo sei punti tra seconda e settima). Fino al playoff di Europa League c’era stato anche un buon effetto nelle coppe, ma l’altro ieri sono sparite tre francesi in un colpo (Rennes, Tolosa e Lens). La Serie A, invece, non ha perso pezzi in Europa, dove continua il momento positivo cominciato l’anno scorso. Il problema però non è il presente, ma il futuro quando le partite sono destinate ad aumentare per colpa dell’Uefa che combatte la SuperLega, ma poi cambia il format della Champions, riducendo ancora di più gli spazi per i campionati nazionali.
Il golpe delle quattro grandi, Inter, Juve, Milan e Roma deve essere interpretato come un sasso gettato nello stagno per muovere l’acqua rimasta ferma troppo a lungo. Il nostro calcio con le sue 20 squadre in Serie A, 20 in Serie B e 60 in Lega Pro non può restare fermo a guardare. L’importante è incominciare a parlarne, aprire il dibattito magari evitando come capitato in altre occasioni che faccia l’effetto dell’eco, spegnendosi dopo poco tempo. Oggi sono un po’ tutti d’accordo che qualcosa va cambiato. Bocciare la riduzione a 18 squadre senza discuterne veramente sarebbe un peccato anche perché questo è il momento giusto prima che il numero delle partite diventi davvero eccessivo. Il calcio è bello, bellissimo, se preso nelle dosi giuste. Novanta partite in una stagione sono davvero un’esagerazione per tutti, forse anche per gli stessi tifosi. Pur se resta da dimostrare che qualche ultrà preferisca giocare una bellissima partita ma pareggiarla piuttosto che vincere sempre 4-0 come l‘Inter con la Salernitana.
Quali sono i vantaggi di un campionato con 4 partite in meno? Giocatori meno stanchi e magari anche rose ridimensionate pur se per chi giocherà la Champions sarà impossibile ridurre gli uomini. Le televisioni potrebbero abbassare l’offerta economica visto che ci sarebbero 4 giornate di campionato in meno, ma a quel punto basterebbe fare due conti sull’audience di certe partite, per verificare che non è certo il numero delle partite a contare, ma piuttosto la qualità. Se la Serie A a 18 squadre riuscisse a vendersi alla stessa cifra il bottino verrebbe spartito in due parti in meno. Ma è meglio non addentrarsi su questo cammino, perché è davvero difficile che il prossimo contratto televisivo possa essere ancora così ricco in assenza di qualche contromossa quale una partita in chiaro. Restiamo su un terreno inconfutabile: la stanchezza dei giocatori e il numero degli infortuni in aumento. Due fattori che peggiorano lo spettacolo. Ridurre il numero delle squadre ovviamente non basterebbe a salvare il nostro calcio.
C’è bisogno delle agognate riforme che lo rendano più sostenibile. Questo dovrebbero averlo capito tutti anche se poi alla resa dei conti Federazione e Lega continuano a farsi la guerra. Perché il no alla riduzione arrivato da 16 club su 20 significa anche questo: vogliamo decidere noi il nostro futuro e non accettiamo che qualcuno ce lo imponga. Sarà ma per una volta le quattro (nuove) sorelle non avevano tutti i torti. Pensateci. Perché rinunciare a partite migliori pur di averne quattro in più. Meglio andare al fast food o in un ristorante stellato? La risposta giusta potrebbe essere quella di andare in trattoria. Ma in fin dei conti la Serie A a 18 squadre (se non addirittura a 16) è o non è una via di mezzo tra quello che abbiamo oggi e la Superlega europea? La si chiami pure super leghina, ma il senso non cambia.