Il Foglio sportivo
Lisa Vittozzi, la nostra signora delle medaglie
"Vorrei scatenare un effetto Sinner nel biathlon e portare tanta gente a sciare". Intervista alla campionessa del mondo
Sarà la curiosità di provare un po’ tutti gli sport che capitassero a tiro, sarà l’aria di montagna, sarà un talento e uno spirito competitivo fuori dal comune, o sarà un po’ di tutte queste cose insieme, ma lungo la strada che univa calcio, tennis, sci alpino e di fondo, Lisa Vittozzi si è innamorata del biathlon. E ora, neanche il tempo di godersi le quattro medaglie al Mondiale ceco di Nove Mesto, che l’Azzurra deve già dedicare testa, polmoni e gambe all’altro grande obiettivo della stagione.
Le prossime tre settimane saranno decisive per assegnare la Coppa del mondo, con le gare di Oslo (in casa della fenomenale Ingrid Tandrevold che guida la classifica generale), Soldier Hollow (sulle nevi a stelle e strisce dello Utah) e Canmore (in Canada) che chiuderanno la stagione. Lei ci arriva da terza a 48 punti dalla testa e con la francese Justine Braisaz-Bouchet appena davanti. “Le sette gare al Mondiale – racconta la neo campionessa del mondo nella 15 km e argento nell’inseguimento, nella staffetta mista individuale e nella mass start – mi hanno tolto tanto dal punto di vista fisico, ma mi hanno dato altrettanta carica mentale per affrontare quest’ultimo mese di stagione. Sarà dura, ma lavoriamo tutto l’anno per questi momenti”.
Per festeggiare, quindi, ci sarà tempo, anche se nella sua Sappada l’hanno già accolta come merita con una grande festa in piazza. “Vedere tutta quella gente che mi acclamava mi ha emozionato tanto, ma ora è tempo di guardare avanti”. L’ambizione non le manca, così come la chiarezza quando parla dei prossimi due anni fino ai Giochi Olimpici di Milano-Cortina 2026. “Quello sarà il momento più importante della mia carriera e, per affrontarlo, avrò bisogno di lavorare ancora di più non solo sulla prestazione, ma anche sulla testa. È chiaro che sogno almeno un oro, sarebbe il modo migliore per chiudere la carriera”. Sì, perché Lisa vuole lasciare da vincente: gareggiare solo per partecipare non è neanche un’opzione. Da quando giocava a calcio e correva “come una matta per tutto il campo”. Non aveva un ruolo preciso, ma dove servivano polmoni e gamba, c’era lei. Fino a quando polmoni e gambe non hanno incontrato una carabina. “Tra le tante cose, facevo pure sci di fondo, anche perché non puoi non provarlo se cresci nella terra di Silvio Fauner e Pietro Piller Cottrer (campioni olimpici e mondiali della disciplina, ndr). Poi, un po’ per caso, un giorno mi hanno chiesto se volessi provare a sparare e in quel momento ho capito quale sarebbe stata la mia strada da lì in poi”.
Una strada tortuosa come i tornanti delle sue Dolomiti. “Oggi guardo con serena lucidità ai momenti difficili che ho vissuto fino a un paio di anni fa, ma allora faticavo a vedere la luce. Non ho mai capito le cause di quel momento così difficile e ho smesso di indagare per cercarle, ma esserne venuta fuori vale più del bronzo olimpico e delle medaglie mondiali che ho vinto finora”. Un periodo che si è chiuso con i Giochi di Pechino, prima della rinascita all’inizio della scorsa stagione. “Sono orgogliosa di come l’ho superato e devo ringraziare tutte le persone che mi sono state vicino. La scelta di affidarmi a un mental coach come Aiace Rusciano che conosce bene lo sport di alto livello è stata determinante. Da allora sono rinata”.
Oggi è il nuovo volto del biathlon azzurro, è molto apprezzata anche dalle sue avversarie, e, come nella staffetta in cui sono ancora protagoniste, ha raccolto il testimone di Dorothea Wierer che qualche anno fa ha acceso i riflettori sulla disciplina. Gli attriti in passato non sono mancati, “ma credo che la rivalità abbia fatto bene a entrambe. A me senz’altro. E pensare oggi che anche grazie a questi risultati tanti ragazzi possano avvicinarsi a questa disciplina mi rende felice”. Il sogno è di riuscire (con le dovute proporzioni) a dare al biathlon quello che i successi di Jannik Sinner stanno dando al tennis. “È uno sport che mi piace tantissimo, lo pratico spesso d’estate e ho seguito i suoi successi. Tra l’altro, per noi che siamo nati e cresciuti in montagna (Sesto e Sappada sono separate da una quarantina di chilometri) lo sport ha un valore ancora più grande”. E non fa grande differenza quale sport, “è tutto meraviglioso”. Calcio incluso: “Tifavo Milan e da ragazzina non indossavo altro che la tuta rossonera. Ho festeggiato la Champions League del 2007, ma poi mi sono disinnamorata del calcio. Quando, anni dopo, ho ricominciato a seguirlo, ero impressionata da Del Piero e ho cominciato a tifare per la Juventus”. Ma non ha mai visto una partita di calcio allo stadio. “Magari facciamo un appello (e scoppia a ridere, ndr): Juve mi inviti a una partita di Champions League l’anno prossimo?”. Come si fa a dire di no a una campionessa del mondo?