Il foglio sportivo
Nel tennis è sparito il rovescio a una mano
Il colpo più bello di questo sport è in via d’estinzione. Lontani i tempi di Federer e Wawrinka. Con i risultati deludenti di Tsitsipas, non c'è più nessuno nella top 10
In principio il tennis era un guizzo, estetica applicata a un campo, una acrobazia fine a se stessa che metteva in risalto le possibilità del corpo umano per gli applausi del pubblico borghese che avrebbe commentato “che bello”, mai “che forte”. I primi tre a far tremare la cattedrale furono Jimmy Connors, Chris Evert, Bjorn Borg. Sono stati loro a rivoluzionare il rovescio, aggiungendo la seconda mano a un colpo che sembrava perfetto così com’era. Fino a quel momento, l’inizio degli anni Settanta, la mano sinistra rappresentava un rito di passaggio, aiutava i bambini con pochi muscoli a eseguire un precolpo, l’apprendistato che dal niente avrebbe portato a imparare il rovescio come si deve, quello dei manuali, rigorosamente a una mano sola. “Non sarà bello, ma è efficace”, chiuse il dibattito sullo stile la Evert con un ghigno che faceva intuire che il tennis si stava trasformando. Da palcoscenico a ring, da gesti bianchi a pugilato. Nel tirare pugni non è necessaria la poesia, l’importante è essere diretti, l’importante è fare male. Borg, con il suo passato da hockeista, aveva cominciato a giocare entrambi i colpi a due mani, le racchette erano troppo pesanti. “Non riuscirai a fare molto se non ti liberi della sinistra”, gli dissero i puristi. E invece 6 Roland Garros e 5 Wimbledon. Un bimane re sull’erba. Nel 1976 a qualcuno sembrava ancora un’eresia. Qualche anno dopo, il quattordicenne Pete Sampras si era invece lasciato convincere. “Vuoi vincere a Londra? Bene. Sarà meglio che cominci a giocare con una mano sola”. Signorsì. Dal 1997 al 2000, sette titoli ai Championships, tutti con il rovescio degli antichi.
Libertà, fantasia, la perfezione stilistica: Roger Federer quando colpiva un passante da sinistra non guardava subito dall’altra parte della rete, come se non gli interessasse più di tanto ciò che sarebbe successo una volta che la pallina avesse toccato le corde. L’importante era il gesto, conquistare quella perfezione effimera, di forma e di sostanza. La mano sinistra (la destra nei mancini) regala potenza in cambio della leggerezza, comprime il corpo, le palline viaggiano più veloci, guadagnano chilometri orari e perdono meraviglia. “Il prezzo da pagare per questa scelta è che abbiamo meno potenza”, ha detto un giorno Lorenzo Musetti, uno dei pochi esemplari monomani rimasti nel circuito. (L’azzurro è infatti uno dei 3 tennisti in top 30 a giocare il tennis di una volta, insieme a Grigor Dimitrov e Stefanos Tsitsipas). Lo sport non è un paese per nostalgici. In un circuito ossessionato dall’eccellenza è stata fisiologica la sparizione del colpo meno performante: perché accontentarsi di una mano sola quando ne abbiamo due a disposizione? Ed è così che la quarta settimana di febbraio 2024 risulterà storica per più ragioni. Oltre alle questioni patriottiche: Jannik Sinner ha conquistato la terza posizione nel ranking e non era mai successo che un italiano arrivasse così in alto, per la prima volta i primi dieci giocatori al mondo sono tutti bimani.
La potenza ha avuto la meglio sull’estetica: di fronte a servizi che viaggiano costantemente sopra i 200 chilometri orari, una mano sola non basta più. Le nuove racchette, il top spin che detta legge, le discese a rete sempre più rare, favoriscono un gioco senza sbracciate. Stefanos Tsitsipas è stato l’ultimo panda a scivolare via dalla cima del ranking, è cresciuto guardando Federer, voleva giocare un tennis a sua immagine e somiglianza. Peccato che in un terzo millennio dominato dall’ottimizzazione, il suo marchio di fabbrica sia diventato il suo tallone d’Achille. La storia dell’arte si ammira nei musei. Ha ragione l’altro panda devoto allo svizzero, Chris Eubanks, che a proposito del suo gioco bellissimo e pieno di sperperi, una volta ha detto: “Se avessi saputo quello che so oggi avrei continuato a fare il rovescio a due mani”.