Lamine Yamal del Barcellona (foto LaPresse)

in Catalogna

Lamine Yamal, il talento che incanta il Barcellona e spiazza i suoi tifosi

Giovanni Battistuzzi

Il sedicenne ha un grandissimo talento, è capace di dribblare, tirare, segnare e ricordare Lionel Messi come nessun altro era mai riuscito a fare con la maglia blaugrana dopo il triste e piagnucoloso addio all’argentino, ma ha un problema, ci dicono da Barcellona: parla troppo e dice cose che negli spalti non piacciono

L’8 ottobre 2023, a 16 anni e 87 giorni, Lamine Yamal aveva già realizzato ciò che un sacco di calciatori non realizzeranno mai. Aveva debuttato nel massimo campionato del suo paese, la Liga spagnola, aveva fatto gol in campionato (record di precocità), aveva giocato in Champions League (e anche da titolare), era sceso in campo con la maglia della sua Nazionale e aveva pure segnato una rete (altri due record). Gli manca ancora di fare gol in Champions, ma a 16 anni, 7 mesi e 15 giorni, tanti ne ha oggi, il tempo è dalla sua.

Lamine Yamal è il giocatore del quale il Barcellona e anche Barcellona avevano bisogno. Un po’ per dimostrare che il settore giovanile blaugrana è ancora il migliore al mondo – rimpolpando almeno un po’ la retorica dei giovani fatti in casa, delle bandiere, cose così –, ma soprattutto perché i conti del club non sono ancora buonissimi e quanto meno all’ala destra non serviranno rinforzi costosi per un po’. E fa bene pure alla città tutta, perché in fondo quella di Lamine Yamal Nasraoui Ebana, nato a Esplugues de Llobregat, periferia di Barcellona a pochi chilometri dal Camp Nou, da madre della Guinea Equatoriale e padre marocchino, è una storia di integrazione riuscita. Quella anche di un barrio, Rocafonda, che negli anni ha risolto gran parte dei problemi di microcriminalità e povertà grazie all’impegno delle amministrazioni cittadina e regionale. Per non parlare del gusto dei benpensanti alla notizia della “giusta reazione”, come venne definita da buona parte della stampa spagnola – in realtà un’aggressione – del padre a uno stand elettorale di Vox.

Tutto bellissimo. Il problema però è che quel ragazzo dal grandissimo talento, capace di dribblare, tirare, segnare e ricordare Lionel Messi come nessun altro era mai riuscito a fare con la maglia blaugrana dopo il triste e piagnucoloso addio all’argentino, sembra aver già fatto di tutto per non farsi amare come meriterebbe dalla tifoseria del Barça. “Lamine Yamal ha un talento esagerato, è fuori categoria per la sua età. Gli va dato tempo, ma già ora sta facendo cose che in quarant’anni di stadio ho visto fare a pochissimi. Noi lo guardiamo e ci compiaciamo”, dice al Foglio Blai Aldo Llorach Dou, cinquantotto anni, membro storico dei Boixos Nois, ma della parte moderata, quella che non viveva agguati contro le tifoserie avversarie (“ho perso amici, sono stato considerato un pavido, mai un infame però: ho ripudiato i coltelli, ma mi sono battuto per i colori”, ammette). Però c’è un però. “Perché il ragazzo pur essendo cresciuto alla Masia e sia figlio di Barcellona non ha ancora capito cos’è il Barça. Lo perdoniamo, certo, non chiudiamo un occhio, ne servono due per gustarci il talento, però ci tappiamo le orecchie. Al momento è necessario”, ammette Blai Aldo Llorach Dou. Perché parla senza capire che certe cose sarebbe meglio non dirle, “anzi non pensarle. E mica perché uno non è libero di dire ciò che vuole, solo perché sentire certe cose fanno male a una comunità che si sente rappresentata da dei colori”.

   

Lamine Yamal durante l'incontro tra Barcellona e Granada (foto Ap, via LaPresse)  
    

Tipo quando Lamine Yamal se ne è uscito che lui ha scelto la Nazionale spagnola perché “io sono nato in Spagna e mi sento spagnolo, non catalano, spagnolo”. Parole difficili da digerire da un tifo che si identifica nella catalanità. O quando ha confidato a Marca che “ho da sempre apprezzato Asensio”, che però ha giocato sette stagioni per gli arci nemici del Real Madrid e non ha mai nascosto l’antipatia per il Barça. O quando si lasciò scappare che “la Liga è sì importante, ma la grandezza di una squadra si misura in Champions vinte”, come fosse un tifoso delle merengues qualsiasi, squadra di cui è tifoso il padre. Insomma, molto probabilmente il ragazzo si farà, anche se ha le spalle strette. Sarebbe meglio però iniziasse a scivolare nella banalità media di tanti calciatori. A fare gli stravaganti a parole si rischiano i fischi blaugrana.

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