Elena Micheli a cavallo durante il penthatlon - foto Ansa

Il Foglio sportivo

Platone e le cinque fatiche di Elena Micheli

Giuliana Lorenzo

Al Foglio parla la campionessa mondiale di Pantethlon: "È armonia allo stato puro, perché riuscire a far combaciare sport così lontani tra loro e metterli insieme è affascinante, lo è anche assistere a una gara, molto di più che raccontarla"

In greco antico c’è un termine, kalokagathìa, che rappresenta l’ideale di perfezione fisica e morale. Concetto che per Aristotele trovava la sua massima espressione nel pentathlon. “È armonia allo stato puro – spiega Elena Micheli, bi-campionessa del mondo in carica – perché riuscire a far combaciare sport così lontani tra loro e metterli insieme è affascinante, lo è anche assistere a una gara, molto di più che raccontarla”. A parlare rimangono i fatti che dicono che l’atleta azzurra, romana classe 1999, si candida a essere una delle favorite per vincere una medaglia ai Giochi olimpici di Parigi 2024. Nel pentathlon moderno l’Italia, al femminile, non è mai salita sul podio. “È una lotta di sensazioni – ammette – essendomi riconfermata a livello mondiale, il carico emotivo è grande. È quasi impossibile non avere aspettative per una gara di questo calibro e dopo due titoli mondiali. Quello che ho sempre fatto e che ha insegnato il mio staff è ragionare per step, godersi i momenti e il percorso per arrivare a quella data”. Un giorno che segnerà uno spartiacque per il proprio sport tra i più antichi della storia olimpica (introdotto nella versione moderna con nuoto, scherma, equitazione, tiro a segno e corsa, a Stoccolma 1912), ma sottoposto a continui stravolgimenti per la sua poca “appetibilità” mediatica.
 

Dopo l’edizione di Parigi non ci sarà nemmeno più l’equitazione. “Dipende da un discorso relativo all’intrattenimento e alle tempistiche televisive. La sfida era inizialmente su cinque giorni. Siamo nati con il fondatore Pierre de Coubertin e abbiamo subito tantissime modifiche per questioni un po’ più pragmatiche. Poi, dai cinque si è passati a un solo giorno, fino all’ora e mezza che è la formula di quest’anno, con una riduzione degli atleti e dei metri del percorso. Lo scopo è rendere tutto più dinamico e facile da comprendere. Per me è un colpo al cuore l’eliminazione dell’equitazione. Va via uno sport di squadra che crea il connubio con gli animali e una intesa con il cavallo, è molto bello”. Al suo posto la corsa a ostacoli: non qualcosa di semplicissimo e che spaventa, ma da affrontare con l’innata capacità di adattamento insita nel dna dei pentatleti. “Non è facile mettersi in gioco, iniziare a imparare una nuova disciplina, bisogna innescare un sistema di allenamento diverso. Fortunatamente, siamo sempre stati pronti a ogni imprevisto, siamo abbastanza eclettici, malleabili di fronte ai cambiamenti: passare da sport atletici, come la corsa e il nuoto, a tecnici e d'esperienza, come il tiro, l'equitazione e la scherma, richiede un continuo adattamento”.
 

Elena Micheli si prepara così all’ennesima sfida e lo fa per amore di una disciplina, che sì, secondo gli antichi era perfetta, ma che non può mirare a una assoluta compiutezza. L’ossessiva ricerca della mancanza di errori che spesso pervade gli atleti, nel pentathlon trova una declinazione diversa. “Il segreto è quello di non cercare di essere perfetti ma di sbagliare il meno possibile, è una cosa molto introspettiva, di lavoro su sé stessi. Se sbaglio o no, dipende da me, anche se poi c’è sempre un avversario, ma la lotta più grande è con me”. Ad aiutarla ad avere questa visione gli anni del liceo classico, una scuola che, come si suole dire, le ha lasciato una forma mentis. “Mi ha insegnato un determinato modo di ragionare, di analizzare ciò che mi circonda non in modo analitico: non è tutto bianco o nero, c’è sempre la ricerca di una via di mezzo. Mi fa vivere meglio lo sport. Dagli anni di scuola mi porto dietro la passione per la letteratura, leggo da Ken Follet a Orwell ma un paio di mesi fa ho letto il Simposio di Platone: prima di partire per una gara l’ho messo nel borsone”. Tra un classico e l’altro trova sempre il tempo, dopo aver pure ultimato da poco la laurea in Scienze Politiche, di dedicarsi ai suoi affetti più cari. Tra questi i fratelli con cui ha condiviso tutto, anche la stessa attività agonistica. “Ho iniziato sport da piccola, nuotavo in un centro sportivo vicino a casa e con i miei fratelli, lì, passavano interi pomeriggi. Poi, un istruttore della Polisportiva Lazio ci ha proposto il pentathlon moderno: ci ha conquistato e ce ne siamo subito innamorati. Con loro c’è assoluta complicità, abbiamo condiviso tutto, ogni tappa del nostro percorso. Il maggiore (Roberto, ndr) ha dato il via con l’attività sportiva, poi ognuno di noi ha intrapreso la sua strada a modo proprio: io ho scelto di entrare nei carabinieri e loro sono poliziotti”.

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