Foto Ap, via LaPresse

Gianluca Litteri ci racconta la Praga casa dello Slavia

Andrea Romano

L'attaccante è l'unico calciatore italiano ad aver vestito la maglia della squadra ceca che affronta negli ottavi di finale di Europa League il Milan. "Lì tutto era costruito per affermare l’idea vincente dello Slavia"

Le note degli inni nazionali scoppiettano tra le tribune dell’Eden Arena. Il primo a essere suonato è quello ceco. Poi vengono quello slovacco, quello francese, quello brasiliano e quello croato. È il 19 maggio del 2009 e lo Slavia Praga ha appena vinto per 0-2 in casa del Viktoria Žižkov. È un successo che si ritaglia un posto nella storia. Perché regala lo scudetto ai biancorossi con due giornate di anticipo. Così un pullman ha riportato la squadra a casa per una festa improvvisata. L’ultimo inno a essere suonato è quello di Mameli. Quando parte la musica un ragazzo di 19 anni prova a stringere i denti per trattenere l’emozione, ma senza grande successo. Si chiama Gianluca Litteri e nel corso della stagione si è sentito più comparsa che protagonista. Colpa di un brutto infortunio al ginocchio che lo ha messo praticamente subito ko. Una parabola al contrario che gli ha lasciato in dote all’attaccante il titolo di unico italiano nella storia dello Slavia, ma che si è trasformata anche nel più grande rimpianto della sua carriera.

L’incipit della sua storia viene scritto con una squadra locale di Catania, la sua città. Poi a 16 anni si trasferisce al Giarre, in Serie D. Le premesse sono entusiasmanti. Tanto che l’Inter decide di tesserarlo e di farlo entrare nel suo settore giovanile.

"Ho giocato un paio d’anni con gente come Bonucci e Balotelli - racconta Litteri - Per me è stato un sogno, non ci credevo. Ho firmato il contratto con Ausilio, nella sede del club. Era qualcosa di inimmaginabile". Con l’Inter vince un campionato Primavera e un Viareggio, poi arriva il momento di spiccare il volo. Nell’estate del 2008 Litteri si allena con un preparatore in attesa dell’offerta giusta. Gli parlano di qualche squadra in Serie C e di qualche possibilità in Serie B. Poi però la storia cambia all’improvviso. "Un mio compagno della Primavera, Tijani Belaid, era andato a giocare allo Slavia e gli hanno chiesto di segnalare al club un giovane dell’Inter – continua l’attaccante – Lui ha fatto il mio nome e sinceramente non ci ho pensato neanche un secondo. Per i giovani era una vetrina 'devastante', abbiamo fatto anche i preliminari di Champions".

Una scelta controcorrente in un paese dove per anni i calciatori hanno alimentato l’idea che un addio all’Italia coincidesse con un fallimento. "È una questione culturale – giura Litteri – i calciatori italiani preferiscono avere una chance in Serie B o in qualche campionato minore piuttosto che nella Serie A di un altro paese. Per me è segno di una certa chiusura mentale. Marek Suchy, un difensore che aveva la mia stessa età e giocava con me, ha fatto una buona stagione ed è stato subito ceduto in Russia".

L’impatto con la nuova realtà è molto meno complicato del previsto. Anche perché Gianluca capisce subito che l’idea italocentrica del calcio è una visione distorta a uso e consumo dei club dello Stivale. "A Praga ho trovato delle strutture d’allenamento all’avanguardia che non avevano niente da invidiare a quelle dell’Inter – spiega – Lì tutto era costruito per affermare l’idea vincente dello Slavia". Le cose sembrano mettersi subito bene. Tanto in campo, quanto fuori. "L’unico problema è che all’inizio non parlavo benissimo l’inglese – ricorda – la cosa importante è capire che quando cambi nazione non ti devi confrontare solo con quella che viene definita una 'cultura' diversa, ma con una visione della vita totalmente nuova. Io andavo da casa agli allenamenti e dagli allenamenti a casa, mangiavo anche in un ristorante italiano, quindi ho vissuto meno questo spaesamento".

In campo però Litteri parla la stessa lingua dei suoi compagni. "Non ho trovato grandi differenze, anche se venivo dal calcio della Primavera, quindi da un calcio non adulto – spiega – per un mese mi sono allenato con la squadra B. Segnavo a ogni partita. Alla fine ho esordito in prima squadra giocando 16 minuti contro il Bohemians. Poi ho giocato titolare contro il Sigma Olomouc e ho segnato subito. Era il mio primo gol fra i professionisti e l’ho segnato lontano dall'Italia. Ho avuto la certezza che potevo farcela".

La svolta è dietro l’angolo. Ma non è quella che tutti si aspettavano. "Andiamo in Romania per il ritorno del primo turno di Europa League contro il Vaslui – racconta – Dopo dieci minuti faccio in contromovimento e sento una fitta al ginocchio. Dopo 10 giorni faccio una risonanza e non si accorgono della rottura del crociato. Così la trattano come una distorsione. Dopo tre settimane sentivo ancora delle fitte. Abbiamo ripetuto gli esami e, senza il gonfiore, hanno visto che si trattava di un infortunio grave e sono andato a operarmi a Pavia".

La sua storia con lo Slavia finisce lì.

Il ricordo di quell’esperienza se lo porterà sempre dietro. "La festa me la ricorderò per sempre – dice – Era pieno di gente. Mi sono venuti i brividi. Mi spiace solo di non aver potuto contribuire. Lì è tutto diverso, la gente non è invadente, ma anche se qualcuno non ti fermerà mai per parlarti, lo stadio sarà sempre pieno al di là dei risultati. La cosa più strana è che ogni mese ognuno di noi doveva versare parte dello stipendio per pagare le cene di squadra. Si stava un po’ negli spogliatoi e poi si andava a mangiare una cosa tutti insieme. Ma alle 19.30 eh". A fine anno lo Slavia proverà a riscattarlo, ma per Litteri è inizierà un personalissimo giro d’Italia fra Vicenza, Salernitana, Ternana, Virtus Entella, Latina, Cittadella, Venezia, Cosenza, Padova, Triestina e Catania. Ora il calcio lo ha portato all’Akgragas, in Serie D, insieme a Morimoto. Ma il futuro potrebbe spingerlo ancora più lontano. "Quando smetterò vorrei rimanere nel calcio – spiega – e se dovessi avere un’opportunità all’estero non ci penserei un attimo a partire". In questo Gianluca non è mai cambiato. 

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