Champion Cities
Guernica e Lipsia: quando i bomber non erano Vinicius e Sesko
Il capolavoro di Picasso è esposto a Madrid a poco più di mezz'ora dallo stadio Santiago Bernabeu dove si gioca il ritorno degli ottavi di Champions tra Real e RB Lipsia. Quel filo di bombe sganciate da un aereo che unisce il suo spagnolo a quello tedesco
Il pomeriggio del 26 aprile 1937, un lunedì, stormi di cacciabombardieri tedeschi della Legione Condor – Junkers, Heinkel e Messerschmitt – , affiancati dai Savoia Marchetti e dai biplani Fiat CR dell’Aviazione Legionaria Italiana, scatenarono l’inferno sul cielo di Guernica, piccola città della provincia basca della Biscaglia, nel nord della Spagna. Dal luglio dell’anno precedente in Spagna infuriava la Guerra civile, dopo che un colpo di stato militare aveva cercato di abbattere il governo repubblicano. Le forze nazionaliste del generalissimo Francisco Franco trovarono l’appoggio militare nella Germania nazista e nell’Italia fascista, che mandarono a combattere truppe volontarie nella penisola iberica per arginare "il pericolo del comunismo". A Guernica la Luftwaffe, con la gregaria complicità dell’Aviazione italiana, fece le prove generali dei grandi bombardamenti aerei che meno di tre anni dopo avrebbero devastato l’Europa all’esplosione della Seconda guerra mondiale. Il massacro di Guernica, ai danni della popolazione civile – il numero delle vittime è sempre stato difficilmente quantificabile, ma presumibilmente arrivò circa 400, senza contare la distruzione quasi totale dell’abitato provocata dalle bombe incendiarie – divenne il doloroso simbolo della ferocia insensatezza della guerra anche grazie alla grande tela, dal titolo Guernica, che Pablo Picasso dipinse nelle settimane immediatamente successive alla tragedia e che espose il 12 luglio all’Esposizione internazionale di Parigi. Mesi prima il governo repubblicano aveva commissionato all’artista, già molto famoso nel mondo, un dipinto che rappresentasse la Spagna all’Esposizione universale, ma Picasso decise il soggetto della sua opera solo dopo i fatti di Guernica.
Poco meno di ottanta mesi dopo, il sabato notte del 4 dicembre 1943, Lipsia divenne una Guernica al cubo. Il Bomber Command, 442 bombardieri della Royal Air Force britannica, sganciò sul cielo della città sassone quasi 1.400 tonnellate di bombe esplosive e incendiarie. Oltre il 14 per cento delle abitazioni andò distrutto e morirono più di 1.800 persone: fu il più grande e rovinoso bombardamento aereo della Seconda guerra mondiale, prima della tempesta di fuoco che nel febbraio del 1945 avrebbe raso praticamente al suolo la città di Dresda, non molto lontana da Lipsia.
Oggi si può ammirare Guernica, il capolavoro di Picasso – e fermarcisi davanti a riflettere sul senso della storia umana e del suo ottuso, smemorato e colpevole ripetersi – al Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia, a Madrid, poco più di mezz’ora di mezzi pubblici – autobus 14 o 27, oppure linee 10 e 1 della metropolitana – dallo Stadio Santiago Bernabeu, dove questa sera alle 21 il Real Madrid gioca contro il RB Lipsia, partita di ritorno dell’ottavo di finale di Champions League. Escludo che qualcuno dei giocatori, sia tra le merengues sia tra i redbulls sassoni, abbia avuto il tempo, o forse neppure sia venuto in mente di fare un salto al Reina Sofia. Guerra civile spagnola e Seconda guerra mondiale è probabile che nella testa di giovani calciatori da Champions League siano, nel migliore dei casi, lontanissimi e forse confusi ricordi di scuola.
Ai tedeschi del Real che scenderanno in campo questa sera, il baltico Toni Kroos o l’afroberlinese Antonio Rudiger, impossibile che risuonino nelle orecchie le parole di Hermann Göring al processo di Norimberga: "Guernica è stato un terreno di prova per la Luftwaffe. È stata una vicenda spiacevole, d’accordo! Ma non potevamo fare altrimenti perché non avevamo un altro posto per sperimentare i nostri aeroplani".
Improbabile che quando si sentono chiamare “bomber” dai giornalisti Vinicius o Rodrigo, Openda o Šeško, pensino ai cacciabombardieri che, nel cuore del Novecento, incendiavano i cieli delle città europee. Il basco Kepa Arrizabalaga, terzo portiere del Real, è nato a Ondarroa, trenta chilometri da Guernica, anche se stasera, ancora infortunato il titolare Thibaut Courtois, a difendere la porta dei blancos ci sarà Andrij Lunin, nato ventiquattro anni fa a Kransnohrad, città ucraina colpita il 18 agosto 2022 da un attacco missilistico russo. Quando il terzino sinistro del Lipsia, David Raum, nacque a Norimberga il 22 aprile 1998, i processi di Norimberga contro i crimini di guerra nazisti si erano chiusi da quasi mezzo secolo.
Bastasse il calcio contemporaneo globalizzato, quello che fa giocare due tedeschi, due brasiliani, due francesi, un inglese, un ucraino – e solo tre spagnoli – nel Real Madrid, e due ungheresi, un belga, un olandese, un maliano, un austriaco, uno sloveno, un francese e uno spagnolo – e soli due tedeschi – nel Lipsia, ad azzerare i nazionalismi e le guerre, avremmo trovato il rimedio alle attuali sciagure mondiali che terribilmente oggi sembrano riportarci indietro di ottant’anni agli incubi di Guernica e Lipsia.