Il Foglio sportivo
Da José Mourinho a Daniele De Rossi, che cosa è cambiato nella testa dei giocatori
Daniele De Rossi dal momento del suo insediamento ha svoltoun lavoro intenso sulla squadra, rimettendo insieme i cocci lasciati dall'allenatore portoghese
Una squadra di calcio è come un tavolino a quattro gambe, ognuna delle quali ne rappresenta una componente: c’è quella tattica, quella tecnica, quella fisica e quella psicologica. Se una di queste gambe manca, il tavolo traballa. Questa introduzione per spiegare come il lavoro svolto da Daniele De Rossi dal momento del suo insediamento come nuovo tecnico della Roma sia stato a trecentosessanta gradi. Lo si è visto chiaramente nell’approccio avuto dalla squadra nella partita stravinta contro il Brighton in Europa. L’ex Capitan futuro è dovuto quindi intervenire anche sulla testa del gruppo squadra, rimettendo insieme i cocci lasciati da José Mourinho.
Sì perché ormai i rapporti fra il portoghese e (buona) parte dello spogliatoio erano irrimediabilmente compromessi. Anche con questa situazione ambientale interna si spiega l’esonero che lo scorso gennaio ha visto il club capitolino privarsi dello Special One e del suo staff. Quanto successo a Trigoria il 16 del primo mese di quest’anno è storia arcinota: Mou convocato da Dan Friedkin per avere spiegazioni sull’andamento della squadra dopo la sconfitta patita due giorni prima a San Siro contro il Milan (3-1), il tono del colloquio che si accende, la decisione della proprietà di esonerare l’allenatore. Quelle che risulta ai più, in base alle ricostruzioni, è il fatto che il portoghese avesse già avuto un alterco con parte della squadra durante il viaggio di ritorno da Milano. Giocatori che precedentemente si erano già lamentati con i Friedkin per la strategia con cui Mourinho era solito approcciare le partite. Una strategia rivolta quasi esclusivamente a difendersi, mantenendo inalterato uno schema di partenza (il 5-3-2) interpretato appunto in modo troppo passivo, col risultato di penalizzare anche i singoli.
Il gruppo era probabilmente stanco anche delle continue critiche, un giorno sì e l’altro pure, che arrivavano nelle conferenze stampa dall’allenatore di Setúbal, sempre pronto a sottolineare la mancanza di qualità della rosa a disposizione. Come accaduto per esempio quando, dopo la partita persa contro il sorprendente Bologna di Thiago Motta (2-0) a dicembre, presentandosi ai microfoni di Dazn Mourinho disse che “senza Paulo Dybala la classe non c’è, senza Romelu non c’è fisicità” (nella stessa partita fra l’altro Mou fece entrare Renato Sanches per poi sostituirlo dopo appena diciotto minuti dal suo ingresso sul terreno di gioco). O, ancora, come quando l’ormai ex allenatore affermò che “c’è gente che gioca in modo superficiale”, dopo il pareggio in Europa League contro il Servette, aggiungendo “se qualcuno mi chiederà di giocare di più, gli risponderò che lo farà quando gli altri sono morti”. In quella circostanza, pur senza far nomi, si è pensato che le critiche fosse rivolte principalmente a Renato Sanches, Celik, Auoar e Spinazzola. A questo si aggiunga poi tutta la questione legata all’anello ricevuto in regalo dalla squadra per il suo sessantesimo compleanno, Anello che Mourinho avrebbe lasciato nell’armadietto di Pellegrini con tanto di bigliettino al vetriolo. Vera o no che sia questa storia che circola nell’ambiente romano, che i rapporti fossero tesi fra Mourinho e parte dei giocatori è acclarato.
A questo punto entra in scena De Rossi che, come detto, lavora anche sulla psiche dei giocatori. L’ex bandiera della Roma toglie un difensore e ripristina una difesa a quattro che a Roma sembrava non si dovesse più vedere, dando in questo modo certezze (anche a livello mentale) ad alcuni giocatori. A centrocampo poi ci sono due giocatori letteralmente rinati con la cura DDR. Stiamo parlando di Leandro Paredes e del già citato Pellegrini. L’argentino è diventato importante per i giallorossi, con De Rossi che lo utilizza da play in una mediana a tre facendogli toccare una infinità di palloni e rendendolo centrale nello sviluppo della manovra. Su Pellegrini l’intervento di De Rossi è ancora più evidente. Quello stesso giocatore evanescente e a tratti abulico che aveva segnato appena due reti nelle dodici partite giocate con Mourinho è tornato a essere uno dei pezzi pregiati della squadra sotto la nuova gestione tecnica (con già quattro gol all’attivo).
Ma il lavoro svolto da De Rossi sulla testa della formazione giallorossa è evidente su tutti i componenti della rosa. Karsdorp, utilizzato in passato anche fuori ruolo (come terzo di difesa), già fatto fuori da Mou dopo un Sassuolo-Roma dello scorso campionato e finito nuovamente vittima degli strali del portoghese dopo il derby di quest’anno, è tornato a giocare decentemente da terzino con De Rossi. Come non accorgersi poi di Smalling? L’inglese era praticamente sparito dai radar per colpa del perdurare di un infortunio rispetto al quale Mourinho aveva chiamato in causa la presunta scarsa capacità del calciatore di saper soffrire, di sopportare il dolore per giocare. Il portoghese arrivò ad affermare: “Il suo infortunio mi ha rovinato l’annata”.
Appena Mourinho è stato sostituito da DDR, l’ex difensore del Manchester United è ricomparso, entrando in campo nella gara contro il Frosinone al minuto ottantadue in sostituzione di Angeliño. Per l’inglese si è trattato del ritorno in una partita ufficiale cinque mesi dopo l’ultima volta. Per non parlare di Svilar. Il portiere belga (naturalizzato serbo) era diventato una sorta di desaparecido con Mourinho. Salvo poi venir utilizzato proprio nella gara di Milano, pare a causa di un litigo fra Mou e Nuno Santos (il suo preparatore dei portieri) che avrebbe portato al siluramento di Rui Patricio. Arrivato De Rossi invece Svilar è diventato il titolare, risultando decisivo contro il Feyenoord in Europa League e sfoderando in generale ottime prestazioni. Mens sana in corpore sano scriveva Giovenale. E De Rossi si è attenuto a questa locuzione latina, lavorando prima di tutto sulla mente dei suoi ragazzi.