Quando, sessant'anni fa, Bologna-Inter valeva lo scudetto
Il 7 giugno del 1964, all’Olimpico di Roma, la vittoria del campionato italiano si decide con uno spareggio per la prima e unica volta nella storia della Serie A
Il succo della storia è racchiuso tutto in un paradosso. Perché novanta minuti sono chiamati a decidere quello che un campionato intero non è riuscito a stabilire. Il 7 giugno del 1964, all’Olimpico di Roma, si gioca una gara molto particolare. Per la prima volta nella sua storia lo scudetto verrà assegnato da uno spareggio.
Da una parte c’è l’Inter di Herrera, una squadra che aveva trasformato la cantilena Sarti-Burgnich-Facchetti in un’invocazione da rosario. Dall’altra c’è il Bologna di Fulvio Bernardini detto Fuffo. L’incipit della storia, però, viene scritto qualche giorno prima. All’alba dell’ultima giornata rossoblù e nerazzurri sono appaiati in testa alla classifica. L’Inter, campione in carica, ospita a San Siro l’Atalanta. Corso e Jair affondano la Dea, ma proprio quando tutto sembrava finito i bergamaschi passano con Nova a 16’ dalla fine. È l’inizio di un’altra partita. Sarti è in stato di grazia e para tutte le conclusioni dei rivali, difendendo così lo scudetto vinto dall’Inter nell’anno precedente.
Il Bologna, invece, ospita la Lazio. Gli animi sono tesi. "Fa un caldo del diavolo, ma si suda freddo - racconta Antonio Ghirelli - Incontro Haller e Bernardini prima che cominci la partita: l'allenatore è serio, nervoso, proprio come mi è apparso ieri; il tedesco è allegro, provocatorio, ma nervoso anche lui". In campo la partita è decisa da un episodio. Al 16’ Haller batte un calcio d’angolo, Zanetti ostacola Perani che cade a terra. L’arbitro, il signor Marchese, non ha dubbi: è rigore. Haller si incarica della trasformazione e segna un gol che sempre Ghirelli definisce "figlio unico di madre vedova". Il risultato non cambierà più.
Per assegnare lo scudetto c’è bisogno di uno spareggio sul campo neutro di Roma. Si gioca il 7 giugno del 1964. È un problema. Perché Mazzola ha fissato da tempo la data delle sue nozze. Si sposa il 1° giugno, di lunedì. Fa in tempo giusto a dire Sì che già si deve separare dalla moglie per raggiungere la squadra in ritiro. "Mi spiace per lui, ma fino a lunedì prossimo resterà scapolo", assicura Herrera. Il Bologna va in ritiro a Fregene. Ma appena scende dal treno alla Stazione Termini, l’allenatore Fulvio Bernardini mette subito le cose in chiaro: "Una sola cosa tengo a dichiarare: noi, domenica, non giocheremo neppure un minuto alla luce dei fari. In tal senso, la società presenterà un esposto in Lega ed io una riserva scritta all'arbitro prima della partita. Se si dovessero disputare i tempi supplementari e le condizioni di visibilità naturale non fossero perfette, noi chiederemo la sospensione dell'incontro per sopravvenuta oscurità, anche se per caso fossimo in vantaggio noi. Ciò perché vogliamo si giochi nel pieno rispetto delle regole".
Il giorno della partita Bernardini tira fuori un coniglio dal cilindro. "C'è stato nella partita un fatto tattico notevole che ha sconcertato quelli dell’Inter, che li ha costretti a cambiare tipo di gioco, che li ha innervositi, che ha finito per farli perdere", spiega il Corriere. L’escamotage è piuttosto banale: il mister schiera con il numero 11 Capra, che però è un terzino. Basta a mandare in tilt l’Inter. Autorete di Facchetti e gol di Harald Nielsen. Il Bologna vince 2-0 ed è campione d’Italia per la settima volta. E quella resterà la sua ultima notte felice. Almeno finora.
Il Foglio sportivo - In corpore sano