giustizia a calci
L'inchiesta Milan e il rigore del Toro Martinez
Ebbene sì, anche senza Champions League l'Inter ha ancora un secondo obiettivo di stagione: i rossoneri nei guai giudiziari. (Scherzi a parte: la mossa della procura di Milano ha l’aria di un pallone già sgonfio)
Ho anche amici milanisti, per dirla come dicono gli stronz* di solito per faccende ben più scivolose. Ma siccome da mercoledì sera “quelli” mi intasano le timeline di sfottò e meme di Lautaro che spara il rigore nel cielo sopra Madrid, da due giorni rispondo: però almeno noi abbiamo ancora due obiettivi di stagione: lo scudetto a due stelle e vedervi giocare l’anno prossimo, invece che a San Siro, a San Vittore. Purtroppo però la palla è rotonda, e i sogni muoiono all’alba: e tocca ammettere che il secondo obiettivo sembra destinato a perdersi nel nulla come il rigore di Lautaro. Questo è: la tonitruante e mediatizzata inchiesta della procura di Milano – perquisizioni a Casa Milan e indagini su ceo ed ex ceo, Giorgio Furlani e Ivan Gazidis – il cui bersaglio grosso è dimostrare che il Milan non è di proprietà di RedBird ma ancora del fondo Elliott (sarebbe uno scandalo da film del filone follow the money) rischia di essere un pallone sgonfio già dal calcio d’inizio.
Long story short. La Guardia di Finanza su mandato della procura ha acquisito materiali e device dalla sede del Milan, il reato contestato – per ora unico – è “Ostacolo all’esercizio delle funzioni di autorità pubbliche di vigilanza”, art. 2638 del Codice civile. L’ipotesi inquisitoria è che i vertici della società di Gerry Cardinale abbiano occultato il vero assetto proprietario della società, passata nel 2022 da Elliott a RedBird. Avrebbero solo simulato la vendita, ma Eliott di fatto manterrebbe il controllo. Tutto gira attorno al fatto che RedBird acquistò la squadra per 1,2 miliardi di euro, di cui 600 milioni pagati con soldi propri e altri 560 prestati a RedBird dalla stessa Elliott: un normale strumento finanziario chiamato “vendor loan”. L’iniziativa della procura è roboante, di quelle destinate a accendere i riflettori (cosa c’è di meglio di uno scandalo finanziario nel calcio?). Ma a parte gli opposti estremismi delle tifoserie e dei giornali (Repubblica stavolta più colpevolista), nell’ambiente finanziario e degli avvocati di Milano i dubbi sono sorti subito. Li ha spiegati ad esempio l’avvocato Felice Raimondo, titolare di un blog professionale molto seguito che, milanista dichiarato, ha scritto un lungo articolo sui “punti deboli dell’inchiesta”. Il primo: il reato contestato si applica soltanto “alle autorità pubbliche di vigilanza”, ma la Figc, con sentenza del Consiglio di stato, non è un “organismo di diritto pubblico”. Insomma non ci sarebbe nemmeno l’ambito per contestare il reato. (Ammette però l’avvocato che i pm potrebbero interpretare diversamente e sostenere che, per quanto riguarda i bilanci, attraverso la Covisoc la Figc avrebbe invece natura pubblica. Si vedrà). Per gli osservatori è un’inchiesta che non si può fare, e sarebbe un brutto incidente (Elliott ha tuonato contro una “accusa falsa”, aggettivo forte in un tribunale).
Poi c’è la ciccia della storia: che la società sia ancora di Elliott. Cosa però molto difficile da provare: il “loan” al compratore è pratica normale, ed è normale che chi presta possa ottenere una rappresentanza nel cda. O vengono provati passaggi di denaro o altro che dimostrino una differente catena di comando, ma al momento nessuna irregolarità è dimostrata, o l’accusa non regge. Inoltre, è ovvio che nel caso che RedBird non onori il prestito Elliott ne possa chiedere l’escussione: ma anche questo è normale, è la stessa situazione dell’Inter con Oaktree e di qualunque mortale che faccia un mutuo per comprare casa. Ancora più debole è la “pistola fumante”, secondo cui RedBird e Elliott avrebbero in America lo stesso indirizzo: ma a quell’indirizzo di caselle postali hanno casa anche Coca-Cola, Apple e altre 300 mila società, come dettaglia l’avvocato Raimondo.
Ma se l’inchiesta appare tanto debole, come mai è esplosa in modo tanto rumoroso? Un indizio lo dà Luigi Ferrarella ieri sul Corriere: l’inchiesta muoverebbe, più che dalle vecchie denunce degli ex soci sulla proprietà, da una “nota” del nucleo operativo della Guardia di Finanza che ha svolto indagini autonome “in conseguenza al rincorrersi di notizie che RedBird fosse in procinto di cedere parte del Milan a investitori del mondo arabo”. Il che pure non è reato, ma in fondo questa è l’unica conferma (giornalistica) finora emersa: l’operazione era stata a lungo negata, invece c’è del materiale preparatorio e di presentazione per eventuali interlocutori (il fondo saudita Pif). Questo ha scatenato altri pettegolezzi: qualcuno ha soffiato la news alla GdF? E perché? Per danneggiare la vendita? C’entrerà qualcosa la telenovela della proprietà dello stadio? Accidenti, qui siamo in ambito serie tv criminal-finanziarie tipo “Diavoli” (tanto per stare al soggetto). In verità, le forze di polizia svolgono normalmente attività di indagine e controllo autonome su ogni materia ritenuta sensibile, è loro compito e non serve nessun complotto per indirizzarle. L’unica cosa che fa riflettere è l’impressione suscitata dal blitz a Casa Milan, forse un eccesso di protagonismo della procura milanese, già notato in altre iniziative. Cosa c’è di meglio di una inchiesta che si fa notare, per rinverdire i fasti dei bei tempi in cui il tribunale di Milano era “lo squadrone che fa tutti tremar”? Magari poi finirà tutto nel nulla, ma il riverbero mediatico intanto c’è. (Mannaggia, ma se il rigore di Lautaro… Joke).
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