il foglio sportivo
Quando la Milano-Sanremo cavalcava il progresso
È l'unica Classica che deve superare un’intera catena montuosa per arrivare al traguardo. E nella sua storia ha sempre avuto l'obbligo di affidarsi alla tecnica: a partire da un ponte di barche sul Po
L’uomo del fiume il suo nome e cognome lo aveva perso chissà quanto tempo prima. Forse non lo ricordava nemmeno lui. Lo chiamavano Caronte e quello gli bastava. Si recò davanti al comune per lamentarsi del fatto che sul fiume Po da tre giorni fosse stato realizzato un ponte di barche. L’uomo sosteneva che tutto ciò lo stesse rovinando, che teneva famiglia e che la sua famiglia dipendesse totalmente dal suo lavoro, ossia quello di trasportare da una riva all’altra chi doveva passare da una riva all’altra. Era già successo che realizzassero un ponte di barche, anche fuori stagione, quella della vendemmia. Ed era già successo l’anno precedente, quello precedente ancora e quello ancor prima, ma era durato solo un paio di giorno. E un paio di giorni li poteva pure perdere, ma tre no. In comune gli risposero di tornarsene a casa e di non rompere le scatole, che il ponte di barche sarebbe rimasto fino a quando loro lo ritenevano necessario. L’uomo tornò a casa, il giorno dopo si presentò di nuovo in comune con un manipolo di colleghi ed esibendo nella mano una doppietta minacciò di sparare. La Provincia pavese diede notizia dell’arresto dell’uomo e del rilascio il giorno stesso perché non c’erano proiettili nella doppietta e quindi “non costituiva pericolo alcuno”.
I fatti si svolsero il 4 aprile del 1910. Il giorno prima faceva un freddo cane, pioveva a dirotto. Tutti dettagli che la Provincia pavese non dà, ma che conosciamo benissimo lo stesso, perché quel 3 aprile 1910 era il giorno della quarta edizione della Milano-Sanremo, quella nella quale i ciclisti rischiarono l’assideramento a causa dell’abbondante nevicata sul Passo del Turchino; quella che vide giungere all’arrivo solo sette corridori dei sessantatré partiti e solo quattro nell’ordine d’arrivo: primo il francese Eugène Christophe che impiegò dodici ore e trentaquattro minuti per coprire i 289,3 chilometri della corsa; secondo Giovanni Cocchi a un’ora e un minuto; terzo Giovanni Marchese a un’ora e diciassette minuti; quarto Enrico Sala a due ore e sei minuti.
La prima Milano-Sanremo fu disputata il 14 aprile del 1907. Anzi, il 2 aprile del 1906, ma era una corsa automobilistica di regolarità. Alla Gazzetta dello sport erano convinti che sarebbe stata talmente un grande successo che avevano preso accordi con la città di Sanremo per un quinquennio. Andò malissimo invece, il giornale perse un bel gruzzoletto e per tentare di recuperare qualcosa decise di trasformare la gara automobilistica in una corsa per biciclette. C’è da dire che la prima edizione della corsa ciclistica fu anch’essa un mezzo flop, ma gli accordi non si potevano stracciare e la Gazza fu costretta a continuare. E il tempo fu oltremodo galantuomo.
Nella trasformazione della corsa da automobilistica in ciclistica, il redattore capo e responsabile degli eventi sportivi della Gazzetta dello sport, Tullio Morgagni, tracciò su carta una modifica al percorso originario. Era impossibile infatti replicare pari pari l’itinerario pensato per le auto che prevedeva il passaggio per il ponte stradale di Casale Monferrato. Anche perché solo il Passo del Turchino all’epoca garantiva il passaggio ai corridori in cima anche in caso di maltempo e passare il Po a Casale Monferrato avrebbe portato il chilometraggio totale a oltre 320 chilometri. Non che fossero troppi per l’epoca, ma al superamento dei 310 chilometri il servizio di ordine pubblico costava il 20 per cento in più e la Gazza non se lo poteva permettere. Costò molto meno predisporre l’apertura di un ponte di barche nel pavese, visto che in tutta la provincia di Pavia non c’era ancora un ponte attivo sul Po.
I corridori passarono il grande fiume su di un ponte di barche fino al 1912. Il ponte della Becca alla confluenza tra i fiumi Ticino e Po, tra i comuni di Linarolo e Mezzanino, fu infatti inaugurato solo il 7 luglio del 1912. E fece sfiorire in un attimo gli introiti di quel Caronte che provò, due anni prima, a fermare doppietta in mano il progresso.
Il progresso non si fermò. E nemmeno la Milano-Sanremo, che tra tutte le corse di ciclismo è quella che più ha a che fare con il progresso della tecnica delle infrastrutture perché legata a doppia mandata dall’evolversi di questa. Anche perché l’unica che ha l’obbligo di superare un’intera catena montuosa per arrivare al traguardo.
A partire dal passaggio sul Passo del Turchino, la strada che nel 1872 inaugurò l’epoca dell’espansione delle carrozzabili nelle Alpi Liguri, sino ad allora esclusiva soltanto della strada regia dei Giovi. Turchino che fu preferito al Giovi per via di quella galleria nella quale si entra con l’inverno padano addosso e dalla quale si esce con la primavera ligure di fronte. O almeno così si diceva un tempo prima che il clima desse di matto.