Il Foglio sportivo
Da Battisti ad Annalisa. Come sono diventati pop i cori delle curve
Commuove che nel 2024 cinquantamila anime, nella Roma biancazzurra, conoscano a memoria almeno il ritornello dei "Giardini di marzo", oppure che i tifosi della Sampdoria cantino a squarciagola "Mon Amour" o "Bellissima"
Il recente clamore nato dal campionamento di alcuni cori della curva interista da parte di Kanye West entro un proprio brano riaccende i fari sopra il nesso osmotico nella cultura pop tra le canzoni e le tifoserie organizzate, una relazione che rivela aspetti sorprendenti e in continua evoluzione. Non si tratta qui di giocare facile, osservando i numerosi casi in cui i gruppi ultras saccheggiano melodie note per creare proprie versioni collettive: lunga è la storia da “Sarà perché ti amo” dei Ricchi e Poveri a “Freed from desire” di Gala, passando per i ritmi latini di “Despacito” (capofila la hincha del San Lorenzo de Almagro, la società “del” tesserato Papa Francesco) e “Muchachos”, che dal Mondiale argentino è planata a San Siro sponda Milan. Ma proprio dell’utilizzo diretto delle hit quale dichiarazione d’amore alla propria squadra: immaginare decine di omoni tatuati mentre stonano la dolce “Ricòrdati di me” di Antonello Venditti, oppure schiere di individui abbigliati allo stesso modo che rinverdiscono i fasti di “Amandoti” dei CCCP.
Eppure succede, rispettivamente a Salerno e a Cremona o Ferrara: il muro umano dei granata non se la passa bene, calcisticamente parlando, eppure non fa mancare il proprio incitamento seguendo alla lettera il testo che il cantautore romano aveva pubblicato nel 1988, peraltro non facile da eseguire in massa. “Càpita anche a te, di pensare che al di là del mare / esiste una città, dove gli uomini sanno già volare”: i campani hanno buon gioco a servirsene, vivendo sopra il Tirreno, e volgendo a undici virili pedatori i sentimenti che l’autore del pezzo aveva pensato per una compagna.
Così, tra i grigiorossi che provano a risalire in Serie A e gli spallini precipitati in C, è ormai tradizione celebrare le vittorie a fine match convocando a sé i propri beniamini e facendo partire le parole di Giovanni Lindo Ferretti, da poco tornate protagoniste in scorta alla tournée berlinese: “Amarti m’affatica, mi svuota dentro / qualcosa che assomiglia a ridere nel pianto”, col pensiero alle sconfitte precedenti e alla resistenza del tifo. Spontaneamente, a cappella, senza nemmeno l’ausilio della base lanciata dallo speaker in tribuna.
Oltre alla comune connotazione amorosa, questi esperimenti di ingegneria culturale condividono non di rado anche la decade di riferimento: la seconda epoca d’oro della canzone italiana, cioè gli anni Ottanta delle classifiche e quelli off. Una buona parte dei “nuovi” cori da stadio pescano proprio lì: vale pure per “Maledetta primavera” di Loretta Goggi, cara alla curva della Roma, e “Semplice” di Gianni Togni, rieditata dalla tifoseria opposta negli spalti dell’Olimpico. In fin dei conti, anche considerando la questione derby, è circa quanto avviene a Manchester, dove la “Wonderwall” degli Oasis, bandiera del City, trova lo scudo di “Love will tear us apart” dei Joy Division, che i fan dello United dedicavano a Ryan Giggs.
Nell’anno di un Festival di Sanremo mai così pieno di suoni 80s, genoani e doriani ne approfittano per cantarsele di santa ragione, sfruttando i tormentoni istantanei della savonese Annalisa: “Bellissima” è diventata uno sfottò per inchiodare alla retrocessione e alle traversie societarie la fazione blucerchiata, di contro quest’ultima - più signora - esalta se stessa sulle note di “Mon amour”. Chissà le royalties per l’interprete originaria! Sempre a Marassi, nella creativa gradinata Sud, le partite cominciano con “Lettera da Amsterdam” degli affezionati New Trolls, e terminano risuonando “Ma il cielo è sempre più blu” (in questo caso, cerchiato di blu), che tiene viva la disputa con l’originaria Crotone di Rino Gaetano, la quale pure adotta lo stesso inno.
Commuove che nel 2024 cinquantamila anime, a Roma biancazzurra, conoscano a memoria almeno il ritornello dei “Giardini di marzo” di Lucio Battisti, anno 1972, sparata dagli altoparlanti col sole e con la pioggia, nella vittoria e nella sconfitta: non è questo il caso, ovviamente, trattandosi di un esponente miliare, ma qualche artista potrebbe tornare in auge su Spotify e Youtube proprio grazie agli squarciagola poetici che si fanno strada negli intervalli tra un insulto e un “vinci per noi”.