Obiettivi e rimpianti di Lewis Hamilton
La vita del pilota inglese è un cambio d'abito continuo. Dalla Formula 1 alla moda, passando per il futuro in Ferrari
Lewis Hamilton non è una persona sola. Non può esserlo. Provate a leggere l’ultima lunga intervista che il futuro pilota della Ferrari ha rilasciato a Daniel Riley per GQ e ve ne renderete conto una volta di più. L’uomo copertina del mese, a proposito chissà quanto ha fatto dannare i fotografi, plana sul mondo a 360 gradi. Moda, cinema, musica, affari e ovviamente Formula 1 perché i motori restano ancora il suo focus principale e uno dei suoi incubi ricorrenti, considerando che a fine intervista, riferendosi al finale di stagione 2021 ammette : “Se rivedo il filmato, continua a fare male, ma sono in pace con me stesso”.
La sua vita è un cambio d’abito continuo, come nel servizio fotografico che correda la lunga chiacchierata da cui resta escluso solo l’amore. Di quello non c’è traccia. Ma bisogna avere il tempo anche per quello e se uno deve visitare gli atelier di qualche stilista emergente, andare a trovare Tom Cruise sul set, comporre una musica, seguire la produzione di un film e nel frattempo firmare un nuovo, sorprendente contratto con la Ferrari, capirete che non gliene rimarrà molto. Adesso ha in mente due obiettivi. Due miti da superare: Michael Schumacher e i suoi sette titoli mondiali e Bernard Arnault, il signor LVMH, il signore della moda. Intanto ha anche il tempo per un piccolo rimpianto Hollywoodiano. “Tom Cruise mi aveva offerto una parte nel sequel di Top Gun. Avrei dovuto interpretare un pilota. Ma quando mi arrivò la proposta del regista non ho potuto accettare perché avrei dovuto girare per due settimane proprio nel bel mezzo della stagione in cui stavo lottando con Vettel per il titolo. No, non potevo. Però quando poi ho visto il film ho detto: “Avrei potuto esserci! Oh, Dio, ci sto ancora pensando...”.
Ma se lui non è riuscito ad andare a Hollywood è stata Hollywood a venire da lui con il film di Brad Pitt sulla Formula 1 . Lewis si è seduto fin da subito in video call con il produttore Jerry Bruckheimer e il regista Joseph Kosinski per dire la sua: “Il mio punto di vista era: ragazzi, un film del genere dovrà essere davvero realistico. Ci sono due diversi gruppi di fan: quello dei più vecchi e originari che da quando sono nati sentono la musica rombante del Gran Premio ogni fine settimana e lo guardano insieme alle loro famiglie, e quelli della nuova generazione, appassionati solo da oggi dopo avere scoperto la F1 grazie a Netflix. Ho pensato che il mio lavoro potesse essere quello di cercare di frenare le possibili stronzate. “Così non è verosimile”, “Questo è il modo in cui avviene nella realtà”, “Ecco come potrebbe funzionare”. Ho solo dato loro dei consigli sulla verità delle corse e su cosa, dal punto di vista di un fan, sarebbe potuto piacere o meno”.
Il cinema lo ha catturato. Era cominciato tutto con Will Smith con il quale aveva interpretato una scenetta. È proseguita con Tom Cruise e Brad Pitt. Ora ha la sua casa di produzione, la Dawn Apollo Films. Guarda tutto. Anche i film sulle corse, naturalmente. Compreso quello appena uscito su Ferrari: “Mi è piaciuto molto. Uno, perché la Ferrari è la Ferrari. Inoltre, ci permette di vedere, dall’arrivo in fabbrica, un po’ di storia. Le corse all’epoca sono pazzesche. Le auto erano estremamente pericolose. Posso dire dopo averlo visto che si poteva fare meglio? Certamente. Catturare le corse è molto, molto difficile, e non credo che nessuno sia stato in grado di immortalarle in modo tale da trasmettere l’adrenalina provata dai piloti. Tuttavia, la ritengo una tra le migliori produzioni finora realizzate. Ma vedrete il nostro…”.
Già, la Ferrari. Poche settimane prima di concedere quest’intervista GQ, Lewis aveva firmato per Maranello, per cambiare il suo futuro per sempre: “Forse si tratta di una volontà più inconscia, legata al primo periodo della mia vita. Ma è sempre stato un obiettivo importante per me. Al momento, però, voglio portare la Mercedes al massimo delle sue potenzialità in questa stagione… Per come sono fatto io non la vedo come un’uscita di scena. Il mio impegno con la squadra è esattamente lo stesso degli anni precedenti: voglio battere la concorrenza. Vogliamo vincere. Il mio approccio rimane lo stesso, fino alla fine. Non mi lascio distrarre da ciò che accadrà dopo. Ci penserò l’anno prossimo… Il mio pensiero principale è la risposta a un’unica domanda: Come posso portare a termine l’anno migliore mai avuto con il mio attuale team, dopo tutte le stagioni trionfali passate insieme? Si tratta di come ti relazioni con le persone intorno a te. Alcuni di loro hanno preso la notizia molto bene, altri meno. Come si fa a coinvolgerli in questo percorso per lasciarci in maniera positiva?”.
Il 2024 non è incominciato come sperava quando ha parlato (e posato) per questa intervista. Ma lui aveva detto: “Mi sto allenando più duramente di quanto non abbia mai fatto. Mi sento più preparato fisicamente rispetto a qualsiasi altra stagione. Perciò sono davvero entusiasta del presente, consapevole di non potere fare meglio. Allo stesso tempo sto concependo nuove idee, progetti che desidero realizzare nella prossima fase”. Oggi ammette di aver cambiato orizzonti: “Mi hanno sempre chiesto: “Dove ti vedi tra cinque anni?”. Ma io non ho mai avuto un orizzonte così esteso. Ora, però, sono nelle condizioni di tracciare una mappa per guardare un po’ più lontano. Vedo cose davvero interessanti nei prossimi due anni. Alcuni progetti molto divertenti con la moda che verranno alla luce alla fine dell’anno, ovviamente il film e, si spera, il conseguente documentario”. Ma l'obiettivo più grande, ottavo Mondiale a parte, è ancora più stupefacente: “Onestamente, uno dei miei sogni è quello di creare una mia LVMH diversa. Non so se viviamo in un’epoca in cui un’impresa simile sia effettivamente possibile. Ma è qualcosa su cui sto ragionando”. E qui comincia a parlare di stilisti, di giovani emergenti, e di Pharrell Williams, il nuovo creativo di Arnault. Ne parla come se parlasse di Toto Wolff o Adrian Newey. Ci mette la stessa passione che ha quando parla delle sue lotte per l’eguaglianza: “Abbiamo ancora bisogno di avere più donne nel mondo della Formula 1 - aggiunge - Dobbiamo lottare affinché ce ne siano sempre più da schierare in prima linea, così da permettere alle bambine e alle ragazze di vedere che questo è un posto per le donne”.
Ma non preoccupatevi. Della Formula 1 non si è dimenticato. Basta ricordargli quel finale di stagione contro Max ad Abu Dhabi: “Mi hanno derubato? È stato evidente. Voglio dire, la storia la conoscete. Però c’è una cosa preziosa che da quel momento porto con me: la presenza di mio padre. Avevamo attraversato insieme le montagne russe della vita, con alti e bassi. E il giorno che mi ha fatto più male, lui era lì. Il modo in cui mi ha cresciuto è stato sempre quello di stare in piedi, a testa alta. Naturalmente sono andato a congratularmi con Max, senza rendermi conto delle ripercussioni negative derivanti da quanto accaduto, ma ero anche consapevole dell’esistenza di un mini-me che mi guardava. È stato il momento decisivo della mia vita. E credo che lo sia stato davvero. Lo sentivo. Non sapevo come l’avrei assorbito. Non l’avevo ancora realizzato. Di una cosa, però, ero certo: nei prossimi 50 metri che percorrerò cadrò a terra e morirò, oppure mi rialzerò”. Non è solo un pilota. No, proprio no.