(foto EPA)

Nba

L'addio al basket di Rajon Rondo, genio degli assist di due mondi

Francesco Gottardi

Portò a vincere sia i Boston Celtics, sia i Los Angeles Lakers: non ci è mai riuscito nessun altro. Avrebbe potuto fare ancora di più

L’ha annunciato alla vigilia dei playoff, il suo mare e il suo meglio. A 38 anni, dopo 16 di basket giocato e 7.584 assist – 15esimo di sempre in Nba – Rajon Rondo dice stop. “Fine della corsa. Ora preferisco passare il tempo coi miei figli: ho guadagnato abbastanza per occuparmi di loro”. In realtà la sua ultima partita risale addirittura al 16 aprile 2022, con la maglia dei Cleveland Cavaliers. Nel frattempo il playmaker è rimasto in attesa di una nuova chiamata che non è arrivata. Aveva già dato tutto, in quasi mille gare da professionista, vincendo due anelli da antologia. Quello del decollo e quello della maturità, con le franchigie più titolate della lega: i Boston Celtics (2008) e Los Angeles Lakers (2020). Nessun altro giocatore ci è mai riuscito. E già questo farebbe di Rondo un fuoriclasse.

 

C’è poi tutto il resto. Tecnica, mentalità, l’estro a corrente alternata. E soprattutto una visione di gioco fuori dal comune, che ha issato Rajon fra i migliori assistmen della sua generazione: primo in questa statistica nel 2012, 2013 e 2016. Più le post-season 2012 e 2018. Il vero pane del ragazzo di Louisville, di diritto “Mr. Playoff” per gentile ispirazione del suo storico compagno di squadra Kendrick Perkins. Rondo debutta in Nba nel 2006, frettolosamente scambiato da Phoenix, e intercetta i Celtics nella più funesta annata di sempre: 29,3 per cento di vittorie. Ma è la scintilla, il talento in cabina di regia che convince la dirigenza a tentare l’assalto all’anello.

L’estate dopo Paul Pierce, la stella della squadra ferma per un lungo infortunio, è finalmente ristabilito. Arriva Ray Allen. Kevin Garnett. Il buon Perkins punto debole di un quintetto base altrimenti stratosferico. In un amen, è tornata la grande Boston. E in un amen è anello: Rondo sale in cattedra ai playoff e i biancoverdi battono 4-2 i Lakers nella più classica serie finale. Due anni dopo Los Angeles si prenderà una combattuta rivincita, Rondo sarà nel suo prime time ma quei Celtics non torneranno più. Emerge allora l’altro lato del giocatore: quello più oscuro. Rajon il discontinuo, il girovago, il piantagrane che fa ammattire compagni e allenatori. Nel 2016, a Chicago, finisce perfino fuori squadra per gli attriti col resto dello spogliatoio. Rajon il superstizioso: a un certo punto ha ammesso di concedersi ben 5 docce nel giorno della partita. “Mi rinfresca e mi distende i nervi”. E sia.

 

Alla fine però resta Rajon il genio, capace di smistare ben 12,2 assist di media durante la cavalcata playoff dei New Orleans Pelicans nel 2018. Per Rondo, è la via della redenzione. Perché LeBron James decide di scommettere su di lui, rischiando tutto (o l’anello, o un altro scontro fra primedonne) e avendo ragione. Rajon nel 2020 non ha più l’atletismo di un tempo, ma ancora voglia di concedersi un’ultima grande avventura. Si mette a disposizione dei Lakers, nella pandemica bolla di Orlando, e da valore aggiunto li guida al trionfo. Poi altro vagabondare, a Cleveland il sipario. “Mi domando come non sia ancora diventato allenatore”, dichiara oggi LeBron. Rondo ha ascoltato poche persone nel corso della sua carriera. Eppure l’invito arriva da quella giusta: magari un giorno, Rajon stavolta ci penserà su.

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