Olive #30
La salita di Roberto Piccoli
L'attaccante del Lecce era considerato uno dei più promettenti centravanti italiani, non ha però ancora segnato gol raffica. Lui però ha pedalato e pedala e sa che a volte serve trovare la cadenza giusta per poter colmare il distacco con il primo gruppo
C’è stato un momento nel quale un buon numero di persone si erano convinto che Roberto Piccoli sarebbe potuto diventare se non il centravanti più forte d’Europa, se non il centravanti più forte d’Italia, quanto meno uno dei centravanti più forti d’Europa e d’Italia. Era il 2020, Roberto Piccoli aveva diciannove anni, aveva messo a segno otto gol in sette partite nella Uefa Youth League, in pratica la Champions League giovanile, sette in dodici apparizioni nel campionato Primavera, si allenava in pianta stabile con la prima squadre dell’Atalanta, debuttando pure in Serie A. Soprattutto era forte fisicamente, veloce, la palla la trattava con buona raffinatezza, aveva un tiro potente, non lo si buttava a terra facilmente, segnava a ripetizione e sapeva giocare con e per la squadra.
In quel 2020 Roberto Piccoli aveva vinto pure il titolo di capocannoniere della Youth League a pari merito con il portoghese Gonçalo Ramos, uno che dai più era considerato il futuro centravanti della Nazionale portoghese. Gonçalo Ramos lo è diventato, oltre a essere il centravanti del Paris Saint-Germain, Roberto Piccoli invece la maglia azzurra non l’ha mai indossata, sebbene quella con il numero nove stampato sulla schiena sia sempre alla ricerca di un indossatore di lungo corso.
Non era un abbaglio quel 2020. E non lo era perché se senz’altro Gonçalo Ramos è – e ha già dimostrato di essere – uno degli attaccanti migliori in circolazione, Roberto Piccoli di certo non è una punta di poco conto. I centravanti però sono giudicati soprattutto per i gol realizzati e quelli nel curriculum di Roberto Piccoli sono quattordici (dodici in Serie A e due in Coppa Italia), cinque di questi con la maglia del Lecce da agosto a oggi. Non molti per una punta.
I numeri contano, però a volte non raccontano tutto. Perché se è vero che Roberto Piccoli nel calcio dei grandi ha smesso, almeno per il momento, di segnare a ripetizione, è altrettanto vero che quello che fa è ben più che segnare. Nei 969 minuti giocati in campionato (concessi prima da Roberto D'Aversa e poi da Luca Gotti), che sparpagliati in trenta partite fanno mezzora a gara, ha pressato, pulito palloni, protetto palla, creato spazi, pressato alto, rincorso indietro, preso e dato pedate. Quello che fanno i centravanti che non si limitano ad aspettare il pallone in area. Poi ha tirato e tirato bene, talmente bene che spesso e volentieri i portieri non si sono limitati alla parata ma, come hanno scritto i giornali, è stata necessaria la “paratona”, il “miracolo”, addirittura una “paratissima”.
Potevano essere di più quest’anno. Potevano essere di più gli anni scorsi. Certo aver girato la penisola spesso in squadre in crisi non gli ha giovato. È pur vero però che l’occasione in prima squadra all’Atalanta non l’ha del tutto sfruttata. Può succedere.
Roberto Piccoli però sa che non tutto deve per forza arrivare subito. Che il tempo, se si fa in modo che lo sia, può diventare galantuomo. Soprattutto sa che su di una salita, e la maturazione calcistica è spesso una salita: non sempre si trova subito la cadenza di pedalate giusta, a volte si può faticare molto, troppo, all’inizio salvo poi sentirsi la gamba buona e recuperare lo svantaggio.
Suo padre l’avrebbe voluto ciclista, lui si è sognato ciclista, poi è diventato calciatore. La bicicletta però non l’ha mai lasciata nello scantinato. Chi pedala, sa cosa vuol dire muovere i pedali in salita. Deve ancora trovare il rapporto giusto, la cadenza adatta a quel suo metro e novanta. Il calcio in fondo non è una salita troppo dura, ma è proprio quando le pendenze non sono taglienti che si corre il rischio di vedere il distacco lievitare all’inverosimile.
Anche quest'anno c'è Olive, la rubrica di Giovanni Battistuzzi sui (non per forza) protagonisti della Serie A. Piccoli ritratti, non denocciolati, da leggere all'aperitivo. Ecco i (non per forza) protagonisti di questa stagione: Jens Cajuste (Napoli); Luis Alberto (Lazio); Federico Chiesa (Juventus, raccontato da Ruggiero Montenegro); Andrea Colpani (Monza); Romelu Lukaku (Roma); Yacine Adli (Milan); Albert Gudmundsson (Genoa); Giacomo Bonaventura (Fiorentina); Zito Luvumbu (Cagliari); Matias Soulé (Frosinone); Riccardo Calafiori (Bologna); Etrit Berisha (Empoli); Jeremy Toljan (Sassuolo); Lorenzo Lucca (Udinese); Joshua Zirkzee (Bologna); Lautaro Martinez (Inter); Pasquale Mazzocchi (Salernitana); Matteo Ruggeri (Atalanta); Ivan Ilic (Torino); Sandi Lovric (Udinese); Mike Maignan (Milan); Tijjani Noslin (Hellas Verona); Mario Pasalic (Atalanta); Jonathan Ikoné (Fiorentina); Matteo Pessina (Monza); Hamza Rafia (Lecce); Loum Tchaouna (Salernitana); Michael Folorunsho (Hellas Verona); Matteo Darmian (Inter). Trovate tutti gli articoli qui.