Crocicchi #32
La porta blindata del Torino di Juric (nonostante tutto)
Quella granata è la quarta miglior difesa del campionato. Vanja Milinković-Savić è il portiere che ha ottenuto più clean sheet in Serie A. E chissà cosa sarebbe potuto accadere senza l'infortunio di Perr Schuurs
Probabilmente anche per il calcio vale l’abusato tristico di Alberto Arbasino, quello delle giovani promesse e dei venerati maestri, con il mare magnum dei soliti che stanno sempre in mezzo. Sono bastate due reti decisive in altrettante partite clou, al discusso Gianluca Mancini, per essere considerato il “primus” inter questi soliti, dimenticando cadute e giri a vuoto. Così come Michele Di Gregorio è valutato, a giorni alterni, quale miglior portiere d’Italia quando – spesso – sfodera prestazioni come quella bolognese, e “uno dei tanti” quando anche il Monza ne busca quattro. Per tacere del misterioso Kacper Urbański, eterna giovane promessa di Thiago Motta, che lo schiera in tutti i ruoli del centrocampo e della trequarti finché (per la legge dei grandi numeri) dimostrerà almeno qualcosa di quanto si favoleggia.
Quasi ogni squadra, però, si pregia di vantare in rosa un discreto nucleo di intoccabili: almeno uno per ogni compagine, ai quali il tecnico di turno non rinuncia se non in caso di frattura o pestilenza. Sono le casseforti, i depositi della sapienza, più logori nel crine che nel fisico, motori immobili che spostano la squadra col solo pensiero. Non necessariamente registi, ma quasi sempre di stanza a centrocampo: cosa sarebbero, i rispettivi undici, senza Henrikh Mkhitaryan, Giacomo Bonaventura, Remo Freuler, Walace Souza, Stanislav Lobotka nel taccuino del Barcelona? La risposta l’ha fornita Luca Gotti, quando appena accomodatosi in panchina a Lecce ha rispolverato subito la titolarità di Alexis Blin. E non perché il francese sia più dotato di qualità rispetto ai colleghi di reparto, al quale aveva ceduto il passo per dinamismo: “semplicemente” (ossimoro, essendo tutt’altro che semplice) quando tali elementi sono in campo tutta la squadra rende meglio, trova fiducia, riscopre giocate naturali che fanno stare tranquillo per primo l’allenatore.
E cosa succede quando un atleta del genere non è venerato maestro, bensì ancora giovane promessa? Nella settimana dei tantissimi pareggi, quello del Torino nel derby “casalingo” assume particolare valore: non solo per la personalità e sicurezza dimostrate dagli uomini di Ivan Jurić, ma anche perché il risultato a occhiali ha consegnato il sedicesimo clean sheet della porta difesa da Vanja Milinković-Savić in trentadue partite. Come dire che una volta ogni quindici giorni il Toro non subisce gol: quarta difesa della Serie A, con la prospettiva di migliorarsi ancora nelle rimanenti settimane. Eppure, un rimpianto rimane: e non sta solo nella difficoltà di accesso alle prossime coppe europee. Anzi, vi è in qualche modo connesso.
Prima della fine di ottobre, i granata persero il regista difensivo Perr Schuurs per la rottura del legamento crociato: il grande talento di scuola Ajax non è ancora rientrato, e forse non farà in tempo prima della fine della stagione. Il suo ascendente sopra la difesa e l’intera manovra era dominio pubblico, a 24 anni era già entrato in una precoce maturità sportiva (unanimemente riconosciuta) e pronto al salto di categoria societaria. Probabilmente, con il fuoriclasse olandese a disposizione nelle condizioni fisico-tecnico-tattiche antecedenti il suo infortunio, i clean sheet sarebbero stati di più, con essi i punti in classifica e chissà, il Bologna dei miracoli avrebbe avuto una rivale di più. Sì, si può dire che l’accidente occorso a Schuurs, giovane promessa e piccolo maestro già venerabile, è stato un crocicchio che ha determinato alcuni esiti nei lunghi mesi a venire: i quali, sommati, autorizzano a rinfocolare qualche rimpianto dalle parti dello stadio olimpico Grande Torino.