Il Foglio sportivo - IL RITRATTO DI BONANZA
Simone Inzaghi in due parole
L'allenatore dell'Inter è un uomo che ha scritto due concetti importanti sulla lavagna della propria vita. Risposta ad A.B., mio caro e assiduo lettore
Lo so per certo: c’è una persona che mi legge (e spesso mi corregge) tutte le settimane. Si chiama quasi come me, nel senso che porta le stesse mie iniziali, A.B. Rivolgo a lui più che ad altri alcune risposte alle sue domande (ne ha sempre fatte nella vita), come se questa, almeno per una volta, fosse una specie di rubrica del cuore. Per prima cosa A.B. mi chiede: chi è Scamacca? Rispondo che si tratta di un uomo metà calciatore e metà enigma, forse risolto. Sorride poco, parla con una voce dal tono basso, quasi mortificato dal suono emesso dalle sue stesse parole. Gioca con due catapulte al posto delle gambe, perché ogni tiro è come l’espressione di tutta la forza che possiede il suo corpo nervoso, e le pallottole che spara sono di ferro. È senza dubbio il miglior centravanti italiano e Spalletti intimamente lo sa, anche se per il momento non vuole ammetterlo in pubblico. Scamacca, con quelle armi legnose di antica origine, ha sempre fatto fatica a muoversi. Era uno statico soldato che piroettava su un mattone, incupendosi a ogni offensiva sbagliata. Ora che ha imparato a correre è diventato imprendibile e ottimista. Il merito è di Gasperini che lo ha guidato sul campo come si fa con la PlayStation (Spalletti sorride), ne ha colto le inquietudini invitandolo a bearsi anche di un respiro, e lo ha posto al centro di un attacco che sembra un Luna Park, con tante luci che rimbalzano tra giostre e venditori di zucchero filato.
Se Scamacca è un enigma forse risolto, chi è Simone Inzaghi? È la seconda domanda che mi rivolge A.B. Abbozzo una risposta semplice, dopo aver cancellato quelle più difficili. Inzaghi è un uomo che ha scritto due parole importanti sulla lavagna della propria vita di allenatore. La prima è SILENZIO, in replica a un ambiente che parla troppo e in maniera inclemente. Chiacchiere dall’interno della società e dall’esterno sul suo modo di allenare, soprattutto in occasione dello scudetto perso in maniera quasi impossibile (come se Radu fosse un limite umano, anziché il suo erroneo portiere). Inzaghi non ha mai risposto, facendo solo intendere di non essere sordo. E l’espressione del suo volto in tv dopo la vittoria definitiva nel derby è stata piuttosto indicativa di come tutte le dicerie passate di certi untori gli stessero ancora rimbalzando tra le tempie. La seconda è MOVIMENTO, perché nessuna squadra in Italia si muove come l’Inter. È come una pergamena che si srotola, con i giocatori che precipitano anziché correre. Questa maniera risoluta di andare avanti sul campo, con pochi fronzoli e pochi passaggi ma essenziali, spiega Inzaghi anche fuori dal campo. Una figura estremamente concreta e fattiva, incongruente con questi tempi dove tutti sembriamo dei fenomeni, ma solo a chiacchiere. E a tal proposito, se A.B. non ha altre domande, avrei finito con le parole. Che nuove risposte (qualcuna giusta, parecchie sbagliate) arriveranno in un futuro.