Olive #34
Mile Svilar è un'epifania
Il portiere della Roma è una delle novità più interessanti di questa Serie A. È stato il portiere più giovane a esordire in Champions League, poi sono arrivati anni difficili, la bocciatura al Benfica, le panchine romaniste. Prima dell'ultimo grande colpo di scena
Il 18 ottobre del 2017, al termine di Benfica-Manchester United, terza giornata dei gironi di Champions League, il portiere dei Red Devils David De Gea disse ai microfoni della Bbc che “i tifosi del Benfica dovrebbero essere contenti di avere un portiere così. Oggi ha fatto un errore, capita. Le sue capacità sono però straordinarie e fossi in loro non mi soffermerei su questo errore. Dall’area opposta ho visto giocare un portiere dal talento enorme”. Quel portiere era Mile Svilar. E in quella partita il passivo per i portoghesi poteva essere maggiore. Il portiere belga di origini serbe si prodigò in almeno due parate eccellenti, sbagliò però ciò che non doveva sbagliare: si portò in porta la palla calciata da Marcus Rashford dalla sinistra, trasformando una punizione quasi innocua in un gol. Finì 0-1.
Quella partita era la prima partita tra i professionisti di Mile Svilar. Non la doveva giocare, ma Bruno Varela, il titolare, s’era fatto male e il numero dodici, l’esperto Julio Cesar non era al meglio. Debutto in Champions League a 17 anni e 52 giorni, il più giovane portiere di sempre.
A fine partita Mile Svilar era disperato. Si riteneva colpevole. In parte lo era, almeno però quanto gli attaccanti che non avevano segnato.
Quella stagione Mile Svilar la chiuse con nove partite giocate, diverse grandi parate, qualche errore. Poteva, doveva, essere l’inizio di una carriera da protagonista. Non fu così. Bruno Varela tornò in campo e quando se ne andò l’anno dopo, il Benfica comprò il greco Odysseas Vlachodimos. Mile Svilar finì in panchina e ci rimase. Una delle tante storie di talenti mancati o bruciati per fretta. Questo almeno si pensava in Portogallo.
E così quando la Roma prese a parametro zero il portiere nessuno si preoccupò troppo, anzi. Nessuno capiva il motivo per il quale una squadra come la Roma aveva deciso di puntare su di un giocatore che i più consideravano superfluo, del tutto inutile per una formazione con ambizioni europee.
Thiago Pinto però quel portiere l’aveva visto giocare e s’era convinto che Mile Svilar fosse davvero uno dei migliori portieri della sua generazione, come dicevano tutti quelli che l’avevano visto giocare nelle categorie giovanili e con la maglia delle Nazionali giovanili del Belgio. “Un piccolo Preud'homme”, scrissero più volte i giornalisti, intendendo il Preud'homme portiere, anzi leggenda del calcio belga, non certo il poeta francese, premio Nobel per la letteratura nel 1901.
A Roma che fosse o meno un piccolo Preud'homme fregava niente a nessuno. Mile Svilar era il secondo portiere, era costato poco e prendeva una sciocchezza, ossia tutto ciò che serviva per un secondo portiere. Avrebbe giocato Rui Patricio e questo bastava.
Mile Svilar doveva essere il secondo portiere, è diventato il primo e nessuno sente la mancanza di Rui Patricio, invecchiato in pochi mesi di diversi anni.
E a fare il titolare Mile Svilar si è trovato assai bene, anzi sempre meglio. Sbaglia poco, qualche volta para anche più di quello che dovrebbe e tutti i difensori ora sembrano avere piena fiducia di chi guarda loro le spalle.
A volte Mile Svilar si supera. E riesce a respingere anche palloni impensabili, pure quando scivola e invece di stramazzare al suolo riesce a mettere a lato un tiro di Victor Osimhen che non poteva non entrare in rete. È successo domenica contro il Napoli. Ed è solo l’ultima volta di una serie già parecchio lunga.
Mile Svilar è un’epifania, una manifestazione di qualcosa che non si attendeva e che invece è apparsa. È apparso tra i pali e spesso appare lì dove si credeva non potesse materializzarsi. E sempre a suo modo, forse non elegante, di quelli che fanno venire la pelle d’oca agli esteti, di quelli che ci vorrebbe la segnalazione “don't try this at home”. Poco male. L’importante nel calcio è che la palla non superi la linea di porta e Mile Svilar questo lo sa fare egregiamente. Chiedere all’Olimpico, a Daniele De Rossi e a tutti i suoi compagni.
Anche quest'anno c'è Olive, la rubrica di Giovanni Battistuzzi sui (non per forza) protagonisti della Serie A. Piccoli ritratti, non denocciolati, da leggere all'aperitivo. Ecco i (non per forza) protagonisti di questa stagione: Jens Cajuste (Napoli); Luis Alberto (Lazio); Federico Chiesa (Juventus, raccontato da Ruggiero Montenegro); Andrea Colpani (Monza); Romelu Lukaku (Roma); Yacine Adli (Milan); Albert Gudmundsson (Genoa); Giacomo Bonaventura (Fiorentina); Zito Luvumbu (Cagliari); Matias Soulé (Frosinone); Riccardo Calafiori (Bologna); Etrit Berisha (Empoli); Jeremy Toljan (Sassuolo); Lorenzo Lucca (Udinese); Joshua Zirkzee (Bologna); Lautaro Martinez (Inter); Pasquale Mazzocchi (Salernitana); Matteo Ruggeri (Atalanta); Ivan Ilic (Torino); Sandi Lovric (Udinese); Mike Maignan (Milan); Tijjani Noslin (Hellas Verona); Mario Pasalic (Atalanta); Jonathan Ikoné (Fiorentina); Matteo Pessina (Monza); Hamza Rafia (Lecce); Loum Tchaouna (Salernitana); Michael Folorunsho (Hellas Verona); Matteo Darmian (Inter); Roberto Piccoli (Lecce); Caleb Ekuban (Genoa); Andrea Consigli (Sassuolo); Nadir Zortea (Frosinone). Trovate tutti gli articoli qui.