Patrik Schick con la maglia del Bayer Leverkusen (foto Ap, via LaPresse)

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Lo smarrimento romano di Patrik Schick

Andrea Romano

Nel 2017 l'attaccante ceco era arrivato alla Roma con enormi aspettative (e molti milioni sborsati). Fu uno dei peggiori acquisti della gestione di Monchi. Con la maglia del Bayer Leverkusen ha l'occasione di dimostrare che era solo l'uomo sbagliato nel momento sbagliato

A volte una carriera intera finisce per essere racchiusa in una frazione di secondo. Una parte per il tutto, in una sineddoche ingenerosa si trasforma in una prigione senza via di uscita. Lo sa bene Patrik Schick, l’attaccante che la Roma ha pagato più di Batistuta e che da sette anni è intrappolato nei 42 secondi di un filmato. È il 23 dicembre del 2017 e i giallorossi di Eusebio Di Francesco stanno perdendo 1-0 in casa della Juventus. Al minuto numero 93 un rimpallo sulla trequarti difensiva bianconera lancia il ceco verso la porta avversaria. Patrick alza la testa e comincia a correre tutto solo. Fa un passo. Due passi. Tre passi. Fino ad arrivare a sette. Poco prima di entrare in area si aggiusta il pallone con il sinistro e alza la testa. Con il prato verde dello Stadium che all’improvviso sembra lungo come il campo di Holly e Benji. Con la suspense che sale come in un film di Hitchcock. Dalle casse della radio esce la voce di Carlo Zampa, per qualche decennio indiscusso aedo giallorosso. "Palla sbagliata attenzione a Schick! – urla - Schick! Schick! Schick!". È in quel momento che il destino prende una piega crudele. L’attaccante della Roma apre il piattone e chiude gli occhi. Ne esce fuori un tiro francamente orrendo che centra in pieno Szczesny in uscita. La voce di Zampa va in frantumi: "Li mortanguerieri noooo! Non è possibile! Te sei magnato un gol da solo davanti al portiere!". È un errore talmente grottesco da diventare iconico, la sintesi di un amore mai sbocciato.

Per i tifosi della Roma Patrik Schick è stato tante cose e tutte insieme. Sogno di mercato, speranza per il futuro, erede al trono dei grandi attaccanti giallorossi. E poi punta evanescente, e(s)terno incompreso, promessa non mantenuta, pacco clamoroso. Quella di Schick nella Capitale è la storia di uno smarrimento, dell’uomo sbagliato al momento sbagliato.

Colpa anche delle premesse.

Nell’estate del 2017 Di Francesco chiede un esterno destro per sostituire Salah. E pur di acquistare Schick, professione seconda punta, Monchi abiura a uno dei dogmi del suo “metodo”: "Se esiste un’alta probabilità che il giocatore diventi inutilizzabile, si va avanti con la trattativa solo se i termini finanziari sono molto ridotti". Alla fine, lo spagnolo prende il ceco dalla Samp per 42 milioni di euro. Piccolo dettaglio: appena qualche settimana prima la Juventus lo aveva pagato 30 milioni. Salvo poi scartarlo per un problema cardiaco. A Roma Schick si infortuna subito. E poco prima di tornare rilascia un’intervista al magazine “Reporter”. Dentro ci sono diverse frasi interessanti come: "Probabilmente non correrò mai ad aggredire gli avversari come un pazzo", oppure "Sogno di andare in un club ancora più grande come il Real Madrid, il Barcellona e il Manchester City". Non il modo migliore per ingraziarsi i tifosi. La sua parentesi in giallorosso è un continuo camminare in bilico fra la delusione e il fallimento. Segna 2 gol il primo anno, 3 il secondo.

 

Patrik Schick con la maglia della Roma nell'estate del 2019 (foto LaPresse)  
     

Poi vola al Lipsia dove arriva in doppia cifra. "È il giocatore dei miei sogni", dice Julian Nagelsmann. Poi però il club della Red Bull si guarda bene dal riscattarlo. L’anno dopo viene preso dal Bayer Leverkusen. Qui Schick diventa un giocatore completo. Legge bene le azioni, gioca con la squadra finalizza. Il secondo anno segna 24 gol in Bundesliga. Sembra l’incarnazione del verso di Montale "Ho trovato compagni trovando me stesso". Solo che poi comincia la nuova discesa. Quattro reti lo scorso anno, cinque in questa stagione (ben tre sono arrivati tutti insieme contro il Bochum a dicembre.

Stasera, a 28 anni, Schick ha l’occasione di infrangere il sortilegio in cui era stato imprigionato alla Roma e affermarsi una volta per tutte. 

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