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diario dal Giro

I primi due giorni al Giro d'Italia di Domenico Pozzovivo e Giulio Pellizzari

Marco Pastonesi

Il più giovane e il meno giovane in gruppo ci raccontano scatti e cadute, mal di pancia e urrà del primo fine settimana della corsa rosa

Domenico Pozzovivo ha quasi 42 anni, ed è il più vecchio, Giulio Pellizzari neanche la metà, ed è il più giovane. Pozzovivo è lucano di Policoro, Pellizzari marchigiano di San Severino. Tre cose hanno in comune: tutti e due stanno correndo il Giro d’Italia, tutti e due gareggiano nella stessa squadra (l’italiana VF Group-Bardiani-CSF-Faizanè) e tutti e due scrivono un diario per “Il Foglio”.

 

Emozioni dal Giro d'Italia 2024

Pozzovivo: “Prime due tappe: sopravvissuto alla strada”.

Pellizzari: “Prime due tappe: travolto dalle emozioni”.

Pozzovivo: “Caduto nella prima tappa, caduto anche nella seconda. Davo per scontato che non tutto sarebbe filato liscio, come spesso mi succede, come spesso mi è successo nei miei precedenti 17 Giri, ma non immaginavo che tutto sarebbe stato così concentrato. Caduto, in entrambe le occasioni, proprio quando la corsa stava esplodendo, prima della salita finale. Ritrovarsi a terra, mentre gli altri allungano, rimettersi in piedi, mentre gli altri attaccano, sistemare la bici o invocarne un’altra, mentre gli altri scattano, sbracciarmi per farmi vedere, mentre gli altri si dileguano, e a quel punto finalmente inseguirli”.

Pellizzari: “La prima tappa, la mia prima tappa al Giro d’Italia, è stata proprio una bella tappa. A 10 km dall’arrivo ho attaccato, l’attacco non è durato molto, e quando Pogacar mi ha passato, mi ha fatto quasi vento. La seconda non è stata un granché, ho perso un paio di minuti, avevo mal di pancia, poi un po’ di dissenteria”.

Pozzovivo: “In quei momenti, io fermo, gli altri a tutta, cercavo di essere ancora più lucido. Facevo due conti per calcolare se valesse la pena soffrire per cercare di rientrare. Ma quando ho visto che si erano fermati dei compagni per aiutarmi a inseguire, mi sono sentito ancora più motivato e responsabilizzato”.

Pellizzari: “Il primo ricordo del Giro in tv, Nibali vincitore in maglia rosa alle Tre Cime di Lavaredo, sotto la neve, era il 2013. Il primo ricordo del Giro sulla strada, non so bene quando, a una ventina di km da casa, c’era il rifornimento, ci andai in bici e feci una scorta delle borracce lanciate dai corridori”.

Pozzovivo: “Dalla mia prima volta a questa che sarà l’ultima, il ciclismo è cambiato tanto, tantissimo, e così anche le mie emozioni, sempre diverse. Visto da dentro, il ciclismo è cambiato in peggio, più freddo; visto da fuori, in meglio, più spettacolare. Ma non voglio sembrare un vecchio afflitto dalla nostalgia”.

Pellizzari: “Non so come fosse prima, come fosse una volta, ma adesso il Giro è uno spettacolo, come me l’avevano descritto, acido lattico da pedalare, pelle d’oca da sentire, tutta quella gente, che ti stringe, che ti accompagna, che ti incoraggia, che addirittura mi riconosce, ‘è Giulio!’, ‘è Pellizzari!’”.

Pozzovivo: “Riconoscermi è facile. Per come sono, per come pedalo. ‘Domenico!’, Pozzo!’. L’affetto della gente è pazzesco, entusiasmante”.

Pellizzari: “Sono in camera con Enrico Zanoncello, veronese di Isola della Scala, il paese di Elia Viviani. Io lo chiamo Zano, lui mi chiama Bimbo. Insieme ci troviamo benissimo. Pensare che è stato il mio primo compagno di camera, in ritiro a Benidorm nel 2022”.

Pozzovivo: “Sono in camera con Luca Covili, modenese di Pavullo nel Frignano, il paese di Meo Venturelli. Non so se sono un buon compagno di stanza, vado a dormire tardi, un po’ perché ho meno bisogno di ore di sonno, un po’ perché dopo la cena è finalmente il momento di collegarmi con il mondo, non posso neanche pensare di vivere tre settimane in una bolla, staccato dalle notizie dell’attualità e della politica”.

Pellizzari: “Da casa non ho portato nulla, se non il telefonino. Neanche il computer. Non ho il computer”.

Pozzovivo: “Da casa mi sono portato il computer. E con quello mi collego al mondo. E con quello lavoro alla tesi per la mia seconda laurea, la prima è stata in Economia aziendale, questa in Scienze motorie, argomento la maggiore efficacia degli allenamenti brevi e intensi rispetto all’allenamento costante”.