Tonici e cordiali: un altro Giro di storie
Il Giro d'Italia tra Jasper Skybby, Giacomo Puccini e la fuga del Principe Calaf
La sesta tappa del Giro, in omaggio al Centenario della morte del Maestro, parte da Torre del Lago
Verso la fine degli anni Ottanta, se non ricordo male a partire dalla primavera del 1988, le corse di ciclismo che venivano trasmesse dalla Rai erano introdotte da una sigla di poco più di un minuto. Tutto iniziava con delle riprese aeree di una strada di montagna, una sinuosa traccia tra boschi e alpeggi, vette e cieli forse dolomitici, insomma un paesaggio idilliaco “sporcato” da scritte dalla dubbia videografica che dicevano: "Rai Radio Televisione Italiana Testata Giornalistica Sportiva in collaborazione con Federazione Ciclistica Italiana – Lega Ciclismo Professionistico".
Il peggio però doveva ancora arrivare. I frames in bianco e nero virato seppia inquadravano Coppi e Bartali che si scambiavano una bottiglia d’acqua mentre pedalavano in salita, ma le immagini s’intuivano appena dietro le patacche dei loghi degli sponsor – un marca di caffè, di una cucina componibile, di una bibita energetica, di ceramiche da bagno… - e così si continuava inquadrando ora una maglia azzurra, ora una pedivella, poi il gruppo compatto che alzava le mani in segno di saluto… Infine ecco una fila indiana di corridori lungo una discesa che, di botto, veniva sorpassata a velocità doppia dalla freccia-silhouette di un ciclista che partiva per andare in fuga.
Tutto questo sarebbe dimenticabile ed esteticamente men che banale se il regista Rai – o il produttore, non lo so – a corredo sonoro di quella sigla non avesse deciso di metterci una musica di quelle che diventano un colpo di magia: le battute finali della famosissima romanza “per tenore” Nessun dorma, tratta dall’opera lirica Turandot che Giacomo Puccini morì lasciando incompiuta.
Il montaggio del pezzo è dozzinale, il testo non c’entra neanche molto col soggetto – non c’è nessun principe tartaro Calaf che attende il sorgere del giorno e le sorti del suo destino nelle mani della crudele principessa pechinese Turandot – e oltretutto è ridotto al solo ultimo verso dell’aria, introdotto da una versione solo strumentale molto fai-da-te.
Però quando al terzo "Vincerò" la voce di Luciano Pavarotti esplode e si vede partire sparato il corridore che prova la fuga, non importa più nulla e anche il più freddo, disincantato suiveur di ciclismo viene travolto da un irrefrenabile orgasmo. Importa ancor meno che quelle immagini siano tratte molto probabilmente da una assai poco memorabile tappa della Tirreno-Adriatico di quella stagione e che il corridore in fuga, l’onesto finisseur danese Jesper Skibby – un nome più da succo di frutta o da detersivo brillantante che da campione –, quella fuga, nonostante la triplice bellicosa dichiarazione di Luciano “Calaf” Pavarotti, non l’abbia portata a termine da vincitore.
Però, più o meno da quella primavera del 1988, ho sempre pensato che se il ciclismo, o quanto meno una sua paradigmatica, emblematica immagine – il miracoloso momento in cui un corridore va a una velocità doppia rispetto agli altri avversari tanto da lasciarseli alle spalle in un travolgente assolo vittorioso o anche soltanto in un allungo di qualche centinaia di inutili metri – dovesse avere una sigla, un inno, chessò… una Laus velocipedorum quella non potesse altro che essere il Nessun dorma di Giacomo Puccini, fuoriclasse lucchese come Mario Cipollini.
Fuor di similitudine, mettere insieme SuperMario e Puccini, quantomeno esteticamente, è come gustare un plateau di ostriche bevendo Pepsi-Cola. Ma, a quanto pare, il sublime autore di Manon Lescaut e di Tosca, di Madama Butterfly e, appunto, di Turandot a tavola era molto morigerato. I suoi biografi riferiscono che mangiasse molto poco e che bevesse raramente qualche bicchiere di vino, concedendosi talvolta un goccio di cognac nel caffè. Quindi se nel libretto de La Bohème si trovano versi come questi:
«Camerier! Un bicchier! Presto, olà! Ratafià!»
VOCI INTERNE (dal cabaret) (accompagnano il canto battendo i bicchieri)
«Chi nel ber trovò il piacer nel suo bicchier, ah! d'una bocca nell'ardor, trovò l'amor! MUSETTA (dal cabaret) «Ah! Se nel bicchiere sta il piacer, in giovin bocca sta l'amor!»
VOCI INTERNE (dal cabaret)
«Trallerallè... Eva e Noè!» (danno in una risata clamorosa)
saranno piuttosto da attribuire alle inclinazioni “spiritose” di uno dei due librettisti che lavorarono al testo dell’opera, chissà se Giuseppe Giacosa o Luigi Illica.
Puccini, ahilui, era invece divorato dalla passione per il fumo: arrivava a fumare settanta, ottanta sigarette al giorno e, diventato celebre, ottenne il privilegio dal monopolio di Stato, di farsi produrre sigarette sulla cui cartina era stampigliato in oro il proprio nome. Una passione che gli fu probabilmente fatale: morì per un tumore alla gola il 29 novembre 1924, a sessantasei anni non ancora compiuti.
Ma il grande compositore lucchese, poco più che trentenne e all’indomani del grande successo che lo rivelò alla ribalta, la Manon Lescaut (1893), s’innamorò anche delle biciclette, che all’epoca erano la grande novità tecnologica del momento, paragonabile oggi ai più evoluti device elettronici alla moda.
Lo testimonia la corrispondenza del Maestro con gli amici. In una lettera dell’estate del 1893 – la Manon era andata in scena a febbraio, al Regio di Torino – scriveva così a un amico che si occupava della sua amministrazione: "Caro Castelli è arrivato il velocipide. Faccio Faville! Vieni e rimarrai di gomma. Ti rincuoro. Tuo aff. G. Puccini. Campione d'Europa".
È una passione contagiosa in famiglia. Puccini convince il cognato Raffaello Franceschini a seguirlo in questa divorante pratica delle due ruote. Nell'aprile 1895 così scrive:
Addirittura, Puccini, nel 1895, partecipa a una corsa organizzata dall’Unione Ciclistica Valdinievole, comportandosi dignitosamente e lasciandosi alle spalle non pochi concorrenti.
Tutte queste notizie su Puccini e la bicicletta le si possono ricavare dalla mostra Sono biciclista! Velocipedi e biciclette ai tempi di Puccini che è organizzata dalla Fondazione Puccini , in collaborazione con il Museo Velocipedi e Biciclette Antiche-Collezione Privata Azzini, e allestita in questi giorni nell’Auditorium della Villa Museo Puccini, a Torre del Lago.
E proprio da Torre del Lago oggi prende il via la sesta tappa del Giro, in omaggio al Centenario della morte del Maestro. All’arrivo a Rapolano Terme, nelle Crete Senesi, chissà chi sarà il Calaf che vincerà!