La rivalsa di Gianluca Scamacca
L'attaccante dell'Atalanta in questi anni è stato più giudicato che capito. In nerazzurro ha rischiato di continuare la sua spirale negativa. Poi è arrivato quel 6 marzo all’Estádio José Alvalade di Lisbona
Quella parola aveva iniziato a circolare a fine febbraio, subito dopo il pareggio a San Siro fra Milan e Atalanta. Allora Gianluca Scamaccca aveva giocato appena 27’, ma la sua prova era stata così sconclusionata da apparire quasi grottesca. Il ragazzo di Fidene aveva toccato pochissimi palloni. E li aveva persi tutti. La cosa peggiore, però, era stata l’atteggiamento. Molle, indolente, svogliato, l’attaccante si era conquistato l’etichetta di "flop" di mercato. Lo avevano scritto i giornali. Lo avevano detto i commentatori sportivi. E lo aveva fatto intendere anche il suo allenatore. "Scamacca si comporta benissimo, è un ragazzo positivo, lavora tanto. L’unico problema è considerarlo un grande campione", aveva sentenziato Gasperini.
D’altra parte i numeri raccontavano una storia non troppo lieta. In 26 partite (che poi sono circa sei mesi), Scamacca aveva saltato sei match per infortunio e aveva segnato appena sei reti in campionato (doppiette contro Monza ed Empoli, gol contro Inter e Udinese). Non esattamente un bottino da cannoniere spietato. L’annata precedente era stata ancora peggiore. Tre gol in Premier League con la maglia del West Ham e una seconda metà di stagione passata in tribuna per un problema al ginocchio. L’attaccante dal talento abbagliante ammirato a Sassuolo sembrava essersi spento. Una volta per tutte.
Il ribaltamento della trama arriva quasi per caso il 6 marzo. All’Estádio José Alvalade lo Sporting è avanti 1-0 sull’Atalanta negli ottavi di finale di andata di Europa League. Al minuto numero 23 Scamacca stoppa con il sinistro sulla trequarti e incrocia il tiro con il destro. Il pallone parte come soffiato dal vento, supera il portiere, si infrange contro il legno. Poi un quarto d’ora più tardi l’attaccante riceve palla sulla lunetta dell’area di rigore, controlla con il destro, salta un uomo, conclude verso il palo lontano con il sinistro. E stavolta il pallone rotola in fondo alla rete. Quel gol diventa la pietra angolare della stagione. A livello collettivo, ma anche a livello personale. Perché Scamacca non si fermerà più. In campionato segna al Napoli, al Cagliari, al Verona e alla Salernitana. In Europa buca ancora lo Sporting, poi il Liverpool in semifinale (2 volte nella gara di andata) e il Marsiglia. Mentre in Coppa Italia si toglie la soddisfazione di segnare alla Fiorentina. Il dato fondamentale, tuttavia, non è il numero di reti messe a segno dall’attaccante romano, quanto la loro natura. Perché Scamacca è una punta completa, un attaccante capace di attaccare la profondità, ma anche di andare a segno in una miriade di modi diversi: di tacco, alzandosi da solo il pallone con un piede per poi concludere con l’altro, dalla distanza, da dentro l’area piccola, su rimpallo. Estro e opportunismo convivono in lui in parti non uguali. E quello che a marzo sembrava un brutto anatroccolo ora si è trasformato in cigno.
Bad boy per esigenze narrative in un paese che ancora guarda con sospetto chi si tatuta, Scamacca è stato più giudicato che capito. "Ho sempre dovuto lottare contro i pregiudizi", ha detto in un’intervista. È stato così quando ha deciso di lasciare la Roma per il Psv. Ed è stato così nel maggio del 2021, quando il padre, felpa del Sassuolo e calzettoni giallorossi, era entrato a Trigoria e aveva preso a sprangate le auto di alcuni dirigenti (fra cui quella di un Tiago Pinto appena arrivato in giallorosso). Il suo ricongiungimento con la Roma era sfumato. Poi questa estate sembrava pronto il ritorno di fiamma. "Sapete quali sono i due colori del mio cuore. Roma è casa mia. Sogno di essere allenato da Mourinho", aveva detto quando era sul punto di lasciare il West Ham. Solo che poi da Trigoria non si era più fatto vivo nessuno. Ora Scamacca ha due partite per trascinare la Dea in Champions e convincere Spalletti. Stasera contro il Marsiglia. Poi domenica contro la sua Roma. Uno scherzo del destino. O forse no.