Francesco Fortunato (foto LaPresse)

La marcia di Francesco Fortunato verso Parigi 2024

Gianluca Losito

"Rispetto a Tokyo è sicuramente cambiata e migliorata la consapevolezza nei miei mezzi, che poi è quello che ti consente di avere l'ambizione per competere coi migliori". Intervista la marciatore azzurro

Se c'è una disciplina che unisce storia e presente dell'atletica leggera italiana, quella è la marcia. Su 65 medaglie ottenute nell'atletica leggera nella storia dei Giochi Olimpici, 17 sono arrivate dalle specialità su strada (marcia e maratona): un dato che rispecchia il peso specifico e la tradizione di cui sopra, rafforzata dagli ori di Massimo Stano e Antonella Palmisano a Tokyo. Forti di questa eredità, gli Azzurri della marcia approcciano i Giochi di Parigi con mire prestigiose. Tra gli uomini, Francesco Fortunato si presenta come il dark horse del caso: a Tokyo si è classificato 15° nella 20 km, mentre ai mondiali di Budapest è stato 11° sulla stessa distanza. Il risultato che lo lancia verso Parigi è arrivato ad aprile ad Antalya, dove ha vinto con Valentina Trapletti l'oro nella staffetta mista, novità dei giochi transalpini, qualificando una squadra italiana ai Giochi parigini.

Con Fortunato abbiamo dibattuto di questi e altri temi.

Come sta dal punto di vista sia fisico che emotivo dopo la vittoria di Antalya?

Sono molto contento di questa vittoria, forse la più inaspettata della mia carriera. È un po' strano, perché comunque è anche una novità quella di aver fatto una gara in coppia e rappresenta un'emozione diversa rispetto a un’individuale. Sento che mi ha dato quella carica in più per poter affrontare il prossimo periodo, incentrato sulla preparazione dei miei obiettivi personali e individuali.


Quali sono le principali novità della staffetta mista?

In primo luogo effettuare una gara spaccata, con due frazioni e una pausa nel mezzo, cosa che credo non sia mai successa prima nell'atletica. L'idea di effettuare una prestazione, fermarsi e ripartire dopo 45 minuti è la prima difficoltà con il quale abbiamo avuto a che fare. Devi capire come gestire l'energia all'interno delle due frazioni e come comportarti per recuperare il più velocemente possibile, come disattivarsi e riattivarti mentalmente per la seconda parte. Credo ci vorrà più tempo e tentativi per capire come affrontarla al meglio. Ciò che può essere un vantaggio si sta rivelando paradossalmente e sorprendentemente uno svantaggio: pochissimi riescono, sommando le due frazioni, a fare meglio di come avrebbero fatto se non si fossero fermati. In questa prima esperienza probabilmente siamo stati più bravi a interpretare al meglio questa gara, ma sono convinto che ai Giochi sarà ancora diverso perché arriveremo tutti un po’ più preparati.

 

L'Italia, a causa del ritiro di Stano, porterà a Parigi purtroppo una sola squadra...

Questo è un grande rammarico e ha condizionato anche la gioia della vittoria: ero andato con l’obiettivo di qualificare la seconda squadra, torno a casa con una vittoria... ma non ho centrato l'obiettivo! Quindi è una vittoria dolceamara perché c'è la consapevolezza che, nonostante abbia vinto la gara, non ho la certezza di competere nella staffetta in cui ho vinto. Tutto è da scrivere ancora, però due di noi, quattro atleti che meritiamo di avere la nostra chance sulla staffetta, essendo tutti molto forti, non avranno questa possibilità. Non ci possiamo far nulla, il rammarico resta.

 

Quando sarà fatta la scelta sui due della staffetta mista?

Quasi sicuramente a Parigi, dopo l'individuale. Non c’è nulla di ufficiale, ma credo che sarà deciso in base a come andranno le gare individuali.

 

Primo obiettivo per lei rimane quello della 20 km individuale. Forse è il momento migliore della sua carriera. Si sente all’apice? Cosa si porta dalla gara di Tokyo?

Sicuramente sono al top della mia carriera. Credo e spero di migliorare ancora nei prossimi anni: il mio trend è in ascesa. Rispetto a Tokyo è sicuramente cambiata e migliorata la consapevolezza nei miei mezzi, che poi è quello che ti consente di avere l'ambizione per competere coi migliori. A Tokyo ero andato per fare la mia prima esperienza: qui andrò con un'ambizione maggiore. Non partirò più per "fare esperienza", ma con l'obiettivo di raccogliere la miglior posizione possibile.

 

Tempo fa ha detto "la Puglia sta alla marcia come il Kenya alla maratona", sottolineando l'exploit suo, di Stano e Palmisano. Pensa che questo possa proseguire anche nelle generazioni future?

Credo che il contesto sia sempre determinante. La nostra esperienza favorisce sicuramente la possibilità che nascano altri campioni: dove si vede un’opportunità è più facile che cresca qualcosa. Non è un caso che ad Antalya ha gareggiato un altro pugliese molto forte, di cui sono convinto si sentirà parlare in futuro: Giuseppe Disabato, arrivato 5° nella gara Juniores. La Puglia è una regione in crescita anche strutturalmente, anche se c’è ancora da migliorare. Nel caso della marcia, la nostra fortuna è che non abbiamo bisogno di grandissime strutture, quanto alla fine di una strada più o meno in sicurezza (benché questo non sempre accada), però rispetto a tutte le altre discipline dell'atletica la marcia sotto questo aspetto è un po' più accessibile.

 

Di più su questi argomenti: