Il Foglio sportivo - Storie di storie

Diversi sarete voi

Mauro Berruto

In Italia il tema dell'omossessualità nel calcio, Jankto a parte, resta un tabù

Il 17 maggio alcuni calciatori del massimo campionato tedesco, in occasione della giornata mondiale contro l’omofobia, hanno deciso di rendere nota la propria omosessualità. Un passo storico per la Bundesliga e per lo sport, annunciata dall’ex centrocampista dell’Hertha Berlino, Marcus Urban, oggi attivista sul tema dei diritti civili e consulente della commissione Sport del Parlamento tedesco. In Italia il tema resta un tabù: quando Jakub Jankto, nazionale ceco in forza al Cagliari, esplicitò la propria omosessualità incontrò commenti, soprattutto da parte delle istituzioni sportive, tiepidi e timidi, superati fortunatamente da un comportamento rispettoso e maturo da parte delle tifoserie. Ecco allora due proposte di lettura per informarsi rispetto a due temi di cui troppo poco si parla e, spesso, con pregiudizi: Francesca Muzzi, Giochiamo anche noi. L’Italia del calcio gay (UltraSport edizioni, 2024). Un viaggio per la penisola che passa dagli Outsiders Milano ai Bugs di Bologna, dai Revolution Soccer Team di Firenze, al Töret Torino, dagli Arzenal Genova ai Phoenix di Roma fino ai Pochos di Napoli: tante sono le squadre maschili in cui l’orientamento omosessuale non è proprio un problema, anzi. Un universo variegato di tornei e associazioni che ha anche un Fantacalcio, ragazzi che vogliono solo giocare a pallone e raccontano storie talvolta di volgare discriminazione, ma anche gioiose, divertenti e piene di passione sportiva e di amicizia. Testimonianze che smantellano il più resistente luogo comune di questo sport, sbandierato da tanti addetti ai lavori, secondo i quali, nel calcio, i gay semplicemente non esistono.

Il secondo libro è a cura di una bioeticista che da 15 anni si occupa di etica e di sport: Silvia Camporesi, Partire (s)vantaggiati (Fandango libri, 2023). Quando Caster Semenya cominciò a gareggiare, non c’erano regole che vietassero la partecipazione alle competizioni sportive alle donne con alti livelli di testosterone. Oggi il mondo dello sport è alla costante ricerca di parametri oggettivi per equilibrare potenziali vantaggi o svantaggi per atlete transgender, così come nel mondo paralimpico le categorie di disabilità o la discussione su protesi più o meno vantaggiose sono temi di grande confronto e talvolta conflitto. Molto è cambiato dopo la sentenza della Corte suprema per lo Sport che permise a Oscar Pistorius di competere ai Giochi Olimpici del 2012. Nel 2015, per esempio, ai campionati paralimpici di Doha, l’atleta tedesco di salto in lungo Markus Rehm, atterrò a 8,40 metri, misura che gli sarebbe valsa la medaglia d’oro proprio ai Giochi Olimpici di Londra. Chi decide quando una disabilità diventa una super abilità? Le biotecnologie e la terapia genica sono in grado di potenziare le capacità performanti? Quando valicare un limite che sembrava invalicabile diventa una questione di doping? Questo saggio vuole esaminare in modo critico le politiche internazionali che regolamentano la partecipazione di atleti e atlete alle competizioni sportive, grazie a una riflessione filosofica sulle tecnologie assistive e genetiche che migliorano le prestazioni fisiche. Silvia Camporesi ha una tesi di fondo: la specie umana non è binaria dal punto di vista sessuale e quindi politiche di regolamentazione sportiva che cerchino di catturare quel binarismo attraverso un test cromosomico, genetico e molecolare sono inevitabilmente destinate a fallire.