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Questioni di diritto umanitario per schierarsi dalla parte di Allegri

Maurizio Crippa

La cacciata dell'allenatore più che licenziamento è un caso di deumanizzazione

E venne il giorno che il muso era così corto che il calcio dell’asino non poteva non arrivare dritto sul grugno, o anzi dove non batte il sole. La cacciata di Max Allegri dalla panchina della real casa era già scritta, più che un’operazione a Rafah; ma esibirla come uno scalpo (agli occhi di chi?) a due giornate dalla fine sembra maramaldo anche a chi il personaggio Allegri, che in vent’anni sugli scudi è riuscito solo a peggiorare il suo coté vernacolare, non lo ha mai amato. Ma c’è l’esigenza di rispettare il diritto umanitario che è nella nostra Costituzione, come direbbe Mattarella. E qui invece s’intravvede una damnatio di quelle da far ricorso alla Cedu, altro che al Var.

“L’esonero fa seguito a taluni comportamenti tenuti durante e dopo la finale di Coppa Italia che la società ha ritenuto non compatibili con i valori della Juventus e con il comportamento che deve tenere chi la rappresenta”, recita lo stringato comunicato. Ma che sarà mai? Puoi esonerare un allenatore per un sfogo contro l’arbitro, punito dall’espulsione? Capita una volta alla settimana, agli allenatori, anzi ormai è parte della gestione del tempo-partita. E Allegri in questo eccelle. Aver sciupato la giacca? E’ un suo marchio di fabbrica. I danni al fotografo? Ma se è una delle cose che  gonfiano gli highlights. Dai, non puoi deumanizzare Max Allegri per queste fregnacce, manco in una asseblea di acampados. Verrebbe da pensare che il comportamento grave dell’ex coach bianconero sia stata, infine, l’aggressione fisico-verbale al direttore di Tuttosport Guido Vaciago (“Vengo e ti strappo tutte e due le orecchie. Vengo e ti picchio sul muso”). Ma su questo, anche una corte dell’Onu darebbe ragione ad Allegri: Tuttosport non è il giornale della squadra, ma è tutto il campionato che abbaia ai confini delle chiappe di Allegri, come direbbe quello là. E ogni volta Giuntoli stappa un crodino. E invece, il vero giornale di proprietà juventina, Rep., ieri ha sfoderato in prima pagina un pezzo con titolo da pitbull del caporedattore dello sport: “L’abisso di Allegri e il tramonto degli allenatori panchistar”. E dire che fino all’altro ieri tra i pregi di Max c’era proprio il suo greve battutissimo alla livornese.

Davvero è un simile comportamento a essere lesivo, a due giornate dalla fine? Sussurrano gli informati che quella frasetta, “non compatibili con i valori della Juventus e con il comportamento che deve tenere chi la rappresenta” stia a prefigurare un licenziamento per giusta causa, e allora la vera questione diventerebbe, più cinicamente, “follow the money”. E forse questo sarebbe, davvero, un finale contro il diritto umanitario.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"